Stefano Guglielmin

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Sulle “poesie londinesi” di Stefano Guglielmin

Le condizioni materiali (luogo e mezzo) della composizione di questa sequenza poetica ce le rivela lo stesso Stefano Guglielmin:

L’estate del 2009 sono salito a Londra per un soggiorno di studi. In quell’occasione ho scritto queste poesie, seduto in differenti panchine, nei pochi giorni di sole. Di solito io scrivo poesia davanti al computer, a casa. Lontano da lì non riesco che a balbettare. La parola poetica esce infatti a fatica: “non c’è canto, lo so” scrivo qui sotto, consapevole che questa voce è poca cosa.

Mi sembra che queste note a margine pongano degli interrogativi preliminari all’analisi dei testi. La domanda che mi sorge è questa: possono, quelle che una visione astorica e assoluta della poesia degraderebbe a semplici “circostanze”, modificare la percezione della realtà e il modo di organizzarla a livello testuale? Io propendo per il si. Senza scomodare un’auctoritas come la critica americana Marjorie Perloff (la quale ha mostrato che l’avvento dei media e dei computer ha influenzato la produzione poetica delle avanguardie), mi sento di dire che l’enfasi di Guglielmin sul luogo (Londra piuttosto che casa propria) e sul mezzo (la scrittura a mano piuttosto che il computer) non va sottovalutata.

Anzitutto, scrivere al computer porta più facilmente a manipolare l’architettura del testo, di saggiare le sue possibilità spaziali e combinatorie. Questo a rischio non dell’autenticità (che non può essere un fattore di medium) ma piuttosto della linearità e dell’economia espressiva, tratti pervasivi di questa suite. Forse l’assenza dello strumento computer ha contribuito a rendere più immediata la voce di Guglielmin, che porta con sé una rara leggerezza, di tono certo, ma anche di stile: la sintassi è infatti paratattica, gli espedienti retorici ridotti quasi all’invisibilità, mentre il dettato oscilla tra il descrittivo e l’epigrammatico; tuttavia, sull’intenzione critica (che pure non manca in questi versi) sembra prevalere un senso di vicinanza umana.

Il luogo, poi, fornisce alla sequenza il titolo (“poesie londinesi”) e anche, nel primo frammento, referenti reali e culturali spiccatamente inglesi: le volpi, il barbarico, e la woolfiana Mrs Dalloway, tutti a interagire nella scena. Scena che è immessa in un quadretto (e in una quartina) in apparenza minimalista, in realtà sapientemente deformata: Mrs Dalloway pronuncia una frase (“non sembra incredibile la vita?”) spiazzante nel contesto, ostentatamente falsa ma eloquente nel mescolare rassegnazione e tragedia; nelle volpi che gridano e nel barbarico che sfibra la tovaglia è difficile non ravvisare un’allusione alla caccia: non solo alla caccia alla volpe (pratica che per altro, in Inghilterra, è stata bandita solo pochi anni fa) ma, come per estensione, a qualsiasi barbarie umana.

Lacerazioni, dunque; ma anche la continuità della voce, vero leitmotif della sequenza. Si va dalla voce terrorizzata delle volpi a quella “civilizzata” di Mrs Dalloway, per poi passare alla declinazione poetica della voce: il canto, ma che qui è canto impedito, di montaliana memoria. Una descrizione critica della realtà come quella del primo frammento è infatti estranea al canto, perché rielaborata nel corpo che “parla da solo” (a proposito, trovo questa espressione di rara efficacia), rendendo la realtà presente anziché trascenderla nella luce, nella catarsi. Parlare è tessere relazioni, tentare di ricomporre quella tovaglia sfibrata dalla barbarie; qui cantare sarebbe fuoriluogo.

Ne deriva l’importanza concreta delle parole, come nel quarto frammento, il mio preferito. Qui ridere e morire sono mescolati in una regressione (si veda la giostra del frammento precedente) di leopardiana memoria, complice quel “darsi pace naufragando”. Guglielmin ovviamente non può credere a un’utopia regressiva che riduce due esperienze complesse e basilari come il ridere e il morire a puro linguaggio; e infatti, credo che il termine “imparare” vada inteso in tutta la sua portata esperienziale. Nonostante ciò, perfino il presentare l’utopia come una realtà remota alla quale non è più possibile credere, mostra nondimeno la necessità di un orizzonte utopico, malgrado tutto.

L’esplorazione del parlare continua nel quinto frammento (“dice tante cose in inglese”) per tramutarsi poi nel sesto in canto, sia pur obliquamente (“qualcosa che suona / come il soffio di un cuore malato”). Ma qual è il soggetto degli ultimi tre frammenti? Certo, da una parte può essere la poesia (che appare nel terzo frammento, e il cui significato si dà, ancora una volta, nell’immanenza: “poesia significa, qui, stare fermo”); dall’altra però possiamo immaginarci qualcuno in carne e ossa, qualcuno che ci si è fatto vicino e con cui magari cresciamo come “seguaci / in quest’impresa”.

Questa sequenza di Guglielmin, originatasi da un doppio spaesamento che si aggiunge a quello dello scrivere versi (e il tema dello spaesamento è ben noto all’autore, come dimostra il titolo della sua raccolta di saggi Scritti nomadi. Spaesamento ed erranza nella letteratura del Novecento, Anterem, 2001) ritrova il suo equilibrio sulla giostra di una pacata essenzialità, offerta a noi come qualcosa che ci ascolta e che siamo chiamati ad ascoltare.

Davide Castiglione

www.castiglionedav.altervista.org

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L’estate del 2009 sono salito a Londra per un soggiorno di studi. In quell’occasione ho scritto queste poesie, seduto in differenti panchine, nei pochi giorni di sole. Di solito io scrivo poesia davanti al computer, a casa. Lontano da lì non riesco che a balbettare. La parola poetica esce infatti a fatica: “non c’è canto, lo so” scrivo qui sotto, consapevole che questa voce è poca cosa; tuttavia, vista l’occasione che mi offre Cristina Bove, ci tengo a farle conoscere e che escano nel suo blog, consapevole che forse non entreranno in alcun libro a venire.

 

poesie londinesi

Triste è il suo viso come il viso di un poeta,

un poeta senza canto

                                       Virginia Woolf


°

Le volpi gridano in giardino

mentre il barbarico sfibra la tovaglia;

raccoglie Mrs Dalloway la voce e dice:

“Non sembra incredibile la vita?”

 

°°

Non c’è canto, lo so. Però il corpo

talvolta, parla da solo, ama il fango

più della luce e cancellare tracce

darsi malato…

 

°°°

Poesia significa, qui, stare fermo

sulla giostra, darsi pace naufragando.

 

°°°°

Chiede se mi piace ridere

se morire giovani sia peggio.

Ripete due volte le frasi

così che ridere e morire

non siano che verbi da imparare

 

°°°°°

Dice tante cose in inglese

mostrando la lingua, la districa:

il suo sesso non farebbe di meglio.

 

°°°°°°

Impone qualcosa che suona

come il soffio di un cuore malato;

sembra felice di avere seguaci

in questa impresa.

.

Stefano Guglielmin è nato nel 1961 a Schio (VI). Laureato in filosofia, insegna lettere presso il locale liceo artistico. Ha pubblicato le sillogi Fascinose estroversioni (Quaderni del gruppo “Fara”, 1985), Logoshima (Firenze Libri, 1988), come a beato confine (Book editore, 2003), La distanza immedicata / the immedicate rift (Le Voci della Luna, 2006), il foglio d’arte Il frutto, forse (L’Arca Felice, 2008), Erosioni, in Dall’Adige all’Isonzo. Poeti a Nord-Est (Fara, 2008), C’è bufera dentro la madre (L’arcolaio, 2010) ed i saggi Scritti nomadi. Spaesamento ed erranza nella letteratura del Novecento (Anterem, 2001), Senza riparo. Poesia e finitezza (La Vita Felice, 2009) e Blanc de ta nuque. Uno sguardo (dalla rete) sulla poesia italiana contemporanea (Le Voci della Luna, 2011) È presente in alcune antologie, fra le quali Il presente della poesia italiana, curata da C. Dentali e S. Salvi (LietoColle, 2006) e Caminos del agua. Antologia de poetas italianos del segundo Novecientos, a cura di E. Reginato (Monte Avila, 2008). Suoi saggi e poesie sono usciti su numerose riviste italiane ed estere e su siti web. Gestisce il Blog Blanc de ta nuque. Dirige le collane di poesia “Laboratorio” per le edizioni “L’Arcolaio”, “Segni” per conto de “Le Voci della Luna” e, assieme a M. Ferrari e M. Morasso, “Format” della “Puntoacapo Editrice”.

20 Risposte to “Stefano Guglielmin”

  1. gugl Says:

    ringrazio, seppur in ritardo, Nabanassar, Angela e Setteanelli

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  2. setteanelli Says:

    auguro a queste poesie londinesi di Stefano Guglielmin di entrare in un libro –
    passate dal giardino , belle come sono, sarebbe un peccato!

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  3. Angela Says:

    Sono contenta di essere passata di qui e di aver letto.
    Una bella voce questa, non la conoscevo.
    Angelaanais

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  4. Tre settimane di poesia nei lit-blog italiani (III) « nabanassar Says:

    […] Stefano Guglielmin: testi occidentali del fluire immoto, meditativi, di sapore karmico (15 Feb 2012, il giardino dei poeti, https://giardinodeipoeti.wordpress.com/2012/02/15/stefano-guglielmin/) […]

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  5. methsambiase Says:

    è un “luogo” inglese, ed una “linea” in quell’essere poesia, qui, che sorprende ed incanta.

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  6. gugl Says:

    @ Margherita (per rispondere alla domanda: “possono…”: credo che la poesia contemporanea sia tutta impregnata di “circostanze”, di frammenti para ed extratestuali. E di sicuro il mezzo cambia la percezione della cosa e, dunque, il modo di rappresentarla. Ancora: la cosa non è altro che la materia della percezione; è quest’ultima a dare la cifra, misteriosa, della parola poetica. Misteriosa perché sfugge tanto alla definizione quanto alla consapevolezza di chi percepisce.

    @ Nunzia: ogni poeta è straordinario. Purtroppo in rete si leggono troppi poeti ordinari, ossia che stanno nell’ordine dei più, che si muovono nell’ordine già stabilito altrove, che non fanno poesia, bensì riciclaggio d’immagini ed emozioni, già noti, già consumati dall’uso.

    Grazie ad entrambe per questa testimonianza

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  7. nunzia binetti Says:

    Non conoscevo questo poeta . I suoi frammenti mi hanno letteralmente sedotta ,ridotti come sono ad una essenzialità epigrammatica, eppure , ricchissima di contenuti .In essi possono scorgere sfaccettature molteplici ,bene addensate linguisticamente ,che riconducono tutte ad una concezione , niente attatto solare della vita. In questi versi Stefano Guglielmin evoca, infatti, due volte l’impraticabilità del canto, due volte uno stato di egritudine, che attribuisce certamente alla vita ma in modo inevitabile anche alla stessa poesia ed ai suoi seguaci ( i poeti, mai affrancati dall’intimo dolore che scaturisce da una ipersensibilità e da una capacità percettiva che, in fin dei conti, li perseguita). Notevole, poi, la nota critica di Castiglione che si fa interessantissima nella parte introduttiva ,dove effettua con obbiettiva serenità il distingo tra il comporre al compiuter ed il comporre di penna, evidenziando quanto guadagni in immediatezza ( forse sempre, e non solo nel caso di Guglielmin) il secondo sistema. . Spero di poter godere,molte altre volte ancora, della lettura di nuovi testi di Stefano Giglelmin…lo strovo straordinario.

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  8. margherita ealla Says:

    Bello trovare Stefano, in questa versione asciutta e limpida
    (il bello è relativo al trovare, perché in quanto a questa mise è molto bella ) .
    Ottimo anche il commento di Davide (che non a caso li indica come frammenti, perfetti: la forma parla per la loro genesi di “balbettio” su “panchine differenti”…; proprio per questo trovo grandemente interessante la riflessione che Davide introduce con la domanda “La domanda che mi sorge è questa: possono, quelle che una visione astorica e assoluta della poesia degraderebbe a semplici “circostanze”, modificare la percezione della realtà e il modo di organizzarla a livello testuale?”).
    Ora, dico che i miei preferiti sono il frammento 4 (giusto per fare la copiona, ma tu Davide l’hai letto benissimo, dunque, almeno in questo, non mi sovrappongo :)) e il frammento 1.

    Grazie a tutti, a Cristina
    e ciao!

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  9. gugl Says:

    Troppo buoni, tutti. Grazie a Cristina, come mi conosce nel profondo, ormai, e a Domenica, felice scoperta, della quale condivido ogni parola.
    E grazie a Giovanni, che mi “ama” in senso metonimico: egli ama queste poesie anche perché scritte durante il soggiorno a casa di una sua cara amica, Jane. Proprio da lei, le volpi venivano nel giardino a cercare cibo.

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  10. Cristina Annino Says:

    Mi sembra di entrare, con queste poesie completamente risolte e che hanno anche la freschezza dell’appunto, nella testa poetica di Stefano che ormai sa donare a qualunque suo stato emotivo una grazia e una forza speciali. Qualsiasi grazia è forte in lui e viceversa. Guglielmin è il mio poeta preferito con altri pochissimi, l’ho detto in diverse occasioni, e può volare o incrudelirsi come in “Bufera” (grande libro!), ma la sua passione ci trascina, dovunque sia a scrivere -panchine, Londra, casa sua-, a vedere quel che guarda, come fosse, perché lo diventa, un’ esperienza anche nostra. Questo è il bello!
    Cristina Annino.

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  11. domenica luise Says:

    Se un poeta è vero gli sembra di non possedere il canto altrui e tanto meno il proprio. Sicché entra in una perenne tensione verso il più ed il meglio: più profondità nell’esplorare l’abisso dell’iceberg sommerso, poiché la zona emersa gli appare così poca da essere nulla. Più volo per salire oltre l’azzurro visibile, anche più conoscenze, più lingue, più parole, più cultura, più invenzioni.
    Talora quest’ansia, inscindibile dalla propria autenticità creativa, predomina sui contenuti, talora si eccede nel senso opposto scivolando in un semplicismo telegrafico, allora qual è il quid misterioso che ci permetterà di toccare la poesia senza lasciarcene affogare?
    In questi frammenti di Stefano Guglielmin trovo parecchie vere scintille poetiche:
    Intanto una semplicità addensata, ben diversa dalla semplicità pura e semplice. La vita è semplice nella sua stranezza e questa poesia è viva: pensata e scritta senza intermediari pomposi. Anche pensata e lasciata sospesa per dare spazio alla mente del lettore, che immagina il verbo della frase principale sottinteso e ci mette quello che vuole lui oppure quello che forse voleva il poeta, ma partecipa al ballo dei pensieri.
    Ho pensato lungamente a cosa possa mai accomunare la poesia, quella grande e vera, non soltanto quella degli autori celebri, divenuti ormai termini di paragone (Leopardo o Montale) , ma quella di tutti noi che ce ne nutriamo diventando cibo per gli altri, alla fine ho capito che una poesia è autentica quando è vitale. Deve comunicare vita dalla vita.
    In tutto il flusso storico umano, cambiano le mode, le idee, le religioni, le sensibilità, non cambia la persona di carne e anima.
    Questi frammenti di Stefano sono pieni di vita e la comunicano. E un bravo a Davide Castiglione per l’eccellente presentazione, che non sovrasta moltiplicando inutilmente le parole, ma fa centro in quello che dice: si percepisce la sincerità e la passione poetica.

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  12. Giovanni T Z Says:

    Non posso che apprezzare questo Guglielmin “emotivo” e concettuale, in equilibrio aperto. Il contesto, lo sfondo straniante, si sente. E chi più di me può amarlo? 😉 Ciao, GTZ

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  13. Davide Castiglione Says:

    Colgo l’occasione per ringraziare Stefano per aver apprezzato la mia nota, e Cristina per avermi dato l’opportunità di leggere in profondità queste belle poesie che altrimenti non avrei conosciuto.

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  14. gugl Says:

    Vi ringrazio per i commenti. m’incoraggiano a proseguire questa strada “asciutta”, con al centro l’esistenza senza riparo.

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  15. Anna Maria Says:

    Sa imporsi voce nello spaesamento, anche un sussurro irregolare – ma dove è regola, poi, chi lo decide? – e di seguire quel soffio plurale si è felicemente sorpresi. Ho apprezzato, molto, i versi per me nuovi di un poeta che ho avuto modo di leggere in ‘altre imprese’ con attenzione, così come ho apprezzato la nota introduttiva.

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  16. loredanasemantica Says:

    e invece sonon belle! scrivi sempre senza computer tra una panchina e l’altra trafitto da un raggio di sole londinese.

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  17. lucetta frisa Says:

    A mio avviso, sono tra i suoi più belli.
    Grazie per la lettura a Cristina e a Stefano
    lucetta

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  18. elis19mr Says:

    Anche a me è piaciuto. Approfondirò la lettura procurandomi testi.

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  19. Q. Says:

    Trovo anch’io che siano versi capaci (nel senso della riuscita, ma anche del contenere); non sapevo praticamente nulla di Stefano, ma sono ben felice di averne avuto occasione. Vorrei però soprattutto dire quanto mi aiuti ad apprezzare, spesso, l’umiltà di certe persone. Che gran qualità! Non mi sembra gli manchi nulla per sentirsi “arrivato”, eppure si avverte solo la ricerca e una riflessione senza presunzione.

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  20. cristina bove Says:

    Ringrazio Stefano con tutto il cuore per avermi affidato i suoi testi.
    E con me tutta la redazione.
    Il Giardino se ne è arricchito e io ne sono felice.
    Sulla sua poetica hanno espresso pareri autorevoli critici e lettori appassionati di poesia.
    Basta farsi un giro in rete per avere un’idea della sua grandezza.
    Io “sento” che in ogni verso, anche in quello brevissimo e fulmineo, si condensa un pensiero d’immenso.

    cb

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