Sosta
E potrei perdermi, se vuoi,
nel verdeoro di un autunno affamato.
Già la sanguigna disegna i bordi
saturi di attesa.
Strizza, l’occhio sorpreso.
Sfonda la calza
l’alluce impaziente.
Nel tascapane ho il filo del rammendo.
Mi rammento di te,
voce vecchia e suadente,
e non ti seguo.
Scende la brina dell’inadeguatezza.
Incurante, se la ride la guazza.
Lapsus
Ho sognato stanotte
di un filo non più teso
a scongiurare il vuoto
eterno agguato al gioco.
Già mi prefiguravo
lo slancio spensierato
che affrontava di petto
l’esito capovolto.
Continuavano il gioco
sulle terrazze al sole,
neanche lo sguardo alzava
al grido chi era assorto.
Che cosa vuoi acchiappare
nel campo di segale?
Massacro in Sol Maggiore 2011
e senza prole è il discettar
di Kant e Schiller
Giorni fradici, questi,
ma di sguardi sfuggenti
e riluttanze in lotta
con ragione e senso.
C’è ancora chi mi chiede:
“Ma non l’hai fatto anche tu
nel tempo di tua gioia
naif non fuggitiva?”
Mi guardo avanti e indietro
su quel ponte crollato
e dei silenzi cerco
il fondamento: invano.
Evita il controcanto
la nuova tonalità.
È forse solo un cambio
da maggiore a minore.
Dopo la scarnatura
È concia di sorrisi
a grinze plissettate.
Senza sale né cromo,
senza allume di rocca.
Soluzione segreta
dopo la scarnatura.
Sono i giorni feriali
i veri funamboli.
Su una improvvisazione di Jaco Pastorius
Sovverte, nonchalante,
la cascata di note.
Sorprende a grappoli
e sprigiona il ricordo.
Pare facile, dici,
dispensare bellezza
da una corda di basso
Ma il drappeggio è salato.
Alle stelle si urla il prezzo:
di armonie irridenti
è mercato nero.
Se dovessi intitolare questa mia lettura, e dare un titolo è come cercare un primo bandolo, sarebbe senz’altro “Il filo di Anna Maria Curci”: il filo da rammendo nel tascapane in Sosta, quello “non più teso” in Lapsus, il filo-ponte o il filo-corda o anche rigo di pentagramma per la musica o la dissonanza in Massacro in Sol Maggiore 2011 e Su una improvvisazione di Jaco Pastorius, il filo sotteso ai “giorni feriali / veri funamboli”, come recita il bellissimo distico finale di Dopo la scarnatura.
Il “filo”, dunque, che Anna Maria Curci fa e intesse con il lettore, è quello relativo a un mondo da dipanare (vedi i diversi riferimenti alla natura concreta, anche materica, nelle poesie del post), soprattutto fra sé e sé (ma non con futile e sterile autocompiacimento), prima ancora che con l’altro. Quasi tutte le poesie, infatti, presentano il punto di vista dell’io dialogante lungo il proprio avvolgimento esistenziale che, fermato nei piccoli nodi, il più delle volte metricamente asciutti dei versi, nei momenti di domanda o esortazione, si rivolge a se stesso in “seconda” persona.
“Che cosa vuoi acchiappare / nel campo di segale?” (si) chiede, per esempio, all’interno di Lapsus; “Mi rammento di te, /voce vecchia e suadente, / e non ti seguo” risolve in Sosta, oppure (si) esorta: “Evita il controcanto / la nuova tonalità”.
L’esito di questo colloquio non è certo né definito, né potrebbe esserlo in itinere, soprattutto in un andare poetico; “Pare facile, dici, / dispensare bellezza / da una corda di basso” scrive Anna Maria, collocandosi all’interno di un dire “dal basso”, non certo per mancanza di mezzi letterari, ma come modalità del dire onesta e, credo, più propriamente cucita sulla propria pelle poetica.
Un dire piano, ma profondo: “ dei silenzi cerco / il fondamento” (e questo avviene anche se “invano”), mentre tutto attorno crolla o presenta “ riluttanze in lotta / con ragione e senso”; un dire che, proprio per questa assunzione di attenzione e aderenza responsabili all’intorno, è meglio che rifugga dal controcanto e dalla “nuova tonalità”, soprattutto quando questa distolga dalla sostanza o addirittura significhi solamente un essere alla moda nella forma.
Così, se rispetto alla riluttanza e agli “sguardi sfuggenti”, c’è “ancora chi mi chiede” (chiede all’autrice), “Ma non l’hai fatto anche tu / nel tempo di tua gioia / naif non fuggitiva?” (laddove in quella gioia “naif“, “non fuggitiva”, non sfugge appunto, il cenno – “dal basso” – a “Silvia” di Leopardi), la risposta, forse, è riflettere su quel “solo un cambio / da maggiore a minore”; infine, pure se la guazza “se la ride”, è comunque importante quel “filo del rammendo” nel tascapane, non fosse altro che per la bella paronomasia con “rammento” che è, in definitiva, del filo, la chiave.
Margherita Ealla
http://margheritaealla.altervista.org/blog/
Anna Maria Curci è nata a Roma, dove vive e insegna.
Scrive sul blog “Cronache di Mutter Courage“, su “Unterwegs/In cammino” ed è tra i redattori di “Poetarum Silva”.
Suoi testi sono apparsi su riviste (Frontiere; Journal of Italian Translation; Traduttologia; Periferie; Il 996 – Rivista del Centro Studi Giuseppe Gioachino Belli) e antologie (La notte, Roma 2008), sui blog La dimora del tempo sospeso, La poesia e lo spirito, Neobar, Carte sensibili, VDBD- Viadellebelledonne, e sul sito “Poeti del parco”. La silloge Inciampi e marcapiano è del 2011.
Ha tradotto poesie di Rose Ausländer, Ingeborg Bachmann, Thomas Bernhard, Marica Bodrožić, Dietrich Bonhoeffer, Bertolt Brecht, Christine Busta, Paul Celan, Hilde Domin, Marie Luise Kaschnitz, Christine Lavant, Else Lasker-Schüler, Rainer Malkowski, Christian Morgenstern, Novalis, Alev Tekinay, Georg Trakl.
18 settembre 2012 alle 06:00 |
Grazie. Marina, per le tue parole: ogni “ascolto assaporato”, ogni “scandaglio”, ogni ciottolo o capo di un filo raccolto giungono come sorprese e pungoli, doni da far fruttare e pegni da riscattare.
"Mi piace""Mi piace"
9 settembre 2012 alle 11:46 |
un filo musicale guida all’ascolto assaporato di queste poesie, una rilettura molteplice ne scandaglia l’aura e poi tutti i misteriosi sottintesi che ogni lettore riesce a cogliere, consapevole che lo scandaglio potrebbe non toccare forse mai il fondo
marina
"Mi piace""Mi piace"
14 aprile 2012 alle 09:24 |
Ferni, è vero; “cerca caparbio il bandolo/che tu celi in eterno” questo giocare e tessere, rammendare e rovesciare, incastrare tessere e riannodare fili è il motore. Giocosa testardaggine, che non avrebbe senso, tuttavia, senza la conversazione con quel “tu” che hai saputo scovare, snidare, scandagliare, senza la speranza (vero, Cristina) testarda in un ‘noi’. Grazie!
"Mi piace""Mi piace"
11 aprile 2012 alle 13:58 |
ciò che vedo è quanto scorre o resta zitto dentro il giorno, eppure a inquadrarlo così, a cucirlo così, col filo del rammendo dell’ascolto, sembra che tutto si trasformi in tessuto e quello sei tu, c’è la tua voce dentro, non quella che scambi con il passante,ma con un tu profondo a cui l’io si ricollega senza strappo o forzatura. Dipanare i fili diventa semplicemente trovare il capo della propria matassa in cui tutto è relazione che si piega e si organizza in organze di respiri o tela paesana di incastri, più spesso in lane da indossare e toccare percependo a fior di palmo qualcosa che è il mondo, all’erta dentro il suolo,suono di te stesso.ferni
"Mi piace""Mi piace"
19 marzo 2012 alle 07:30 |
La poesia di Anna Maria Curci è conoscenza dell’anima umana, espressa senza retorica o sentimentalismi, con la finezza di una cultura a tutto tondo. La sua sottile ironia brilla in una versatilità immediata, spesso estemporanea risposta ad altri versi.
Ha la capacità di far emergere tematiche in tonalità nuove, colorate del suo spirito sagace.
Mi piace anche il respiro di speranza che aleggia nel tratteggiare pulsioni umane, aspirazioni spirituali,
la giocosità che cela abilmente significati profondi.
Grazie all’Autrice e a Margherita.
cb
"Mi piace""Mi piace"
19 marzo 2012 alle 07:19 |
Porto con me, commossa e riconoscente, le trame tessute con sapienza e pazienza da Margherita e le immagini che tutti i vostri commenti mi hanno regalato. A Margherita esprimo gratitudine per una lettura che non si lascia sfuggire nulla. A Cristina rinnovo anche qui il mio grazie per questo suo progetto, nobile e generoso come sempre, coltivato con abile sollecitudine e capacità di intrecciare dipanare i tanti fili.
Un grazie sonoro da “Talia, la sarta”, sor/ ir-ridente “dribblatrice” (Lucy) nello “stridio” (Mimma) dei giorni feriali, alla cocciuta ricerca della “luce” (Meth),
"Mi piace""Mi piace"
18 marzo 2012 alle 22:08 |
Ringrazio anch’io, di nuovo, Anna Maria e Cristina e tutti gli intervenuti. Un grazie speciale per le parole generose e in sintonia di Mimma e Lucy.
Un abbraccio!
"Mi piace""Mi piace"
16 marzo 2012 alle 08:03 |
un caro saluto a margherita ealla che legge la poesia sempre in modo sorprendente, originalissimo, fornendo delle prospettive attraverso cui passa il suo stesso modo, e mondo, poetico. apprezzo particolarmente la messa in evidenza della medietas di anna maria curci come valore aggiunto, non certo come minimalismo modaiolo o carenza di mezzi. quel parlare “onesto” che ha nel nostro passato letterario una buonissima scorta di maestri, anche se non sono quelli più ascoltati.
sempre grata per le tre donne che intorno al cor mi son venute…
"Mi piace""Mi piace"
16 marzo 2012 alle 00:49 |
anna maria curci, o de la poesia che brilla e dribbla il senso, verso un senso ulteriore. la poesia di chi, come un bambino effervescente e acuto non sopporta di stare dentro le parole. parlare di metafora (pane e companatico della poesia, non è più del tutto pertinente quando si tratta di a.m.c.: preferisco di gran lunga l’immagine di un calciatore, il “fantasista”.
"Mi piace""Mi piace"
12 marzo 2012 alle 15:49 |
prima paesia la cordialità del sorriso con cui accogli il visitatore. Il resto è buono, ma rispetto al sorriso fa da contorno. Anche “Massacro in Sol Maggiore 2011”, che ho particolarmente apprezzato.
Imiitando e tradendo Cristina Bove ringrazio la vita di avermi lasciato la possibilità di osservare ancora simili sorrisi.
"Mi piace""Mi piace"
12 marzo 2012 alle 15:40 |
In tutta questa lampante bellezza poetica, che corrisponde in osmosi alla propria ricchezza umana di donna, vorrei partire da altri due versi: “Sono i giorni feriali i veri funamboli”, che sembrano pacati e invece sono uno stridio. Le feste, forse, ci stordiscono un po’, col quotidiano non si scherza. È sempre uguale e non distoglie da quello che avviene dentro di noi:” Nel tascapane ho il filo del rammendo; che cosa vuoi acchiappare nel campo di segale? La nuova tonalità è forse solo un cambio da maggiore a minore. Ma il drappeggio è salato”.
Già, è così che una donna, la poetessa, compendia la consumazione di tutte le donne, fino alla “scarnatura”, ed un’altra donna, la commentatrice Margherita Ealla, entra in tanta luce del dire senza sovrapporsi.
"Mi piace""Mi piace"
12 marzo 2012 alle 14:49 |
Piegare anche lo spazio metrico al proprio urlo “nonchalante” (fra distici che mettono carne a scintille alchemiche di pensiero e sostanze dubbiose in un sonetto macchiato dal vivere quotidiano), è la bravura di composizione di una lingua piena di luce. Noi leggiamo, poi restiamo sedotte.
“Pare facile, dici,
dispensare bellezza
da una corda di basso”
"Mi piace""Mi piace"