Sonia Lambertini

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Nasco a dicembre il giorno di Natale. E’ uno strano giorno per venire alla luce e complice la quadratura di Saturno mi muovo tra le ombre e senza santi. Non ho poesie scritte a sei anni ma occhi che vedono una parte del mondo, quello della lotta tra la carne scaduta ed il pensiero ancora vivo che cerca l’eternità. Le idee vanno veloci e fanno rumore, cercano di rubare la scena al teatro asciutto della vita reale. Credo la poesia sia un distillato di parole ed emozioni. Una ricerca continua di nuove forme di linguaggio tra le cose e dentro noi stessi. Quello che mi affascina della poesia è il potere di ogni singola parola, la capacità di penetrare nella carne e lasciare i segni del suo passaggio.
La mia citazione preferita? “Non sono niente. Non sarò mai niente. Non posso voler essere niente. A parte ciò, ho in me tutti i sogni del mondo”. (Fernando Pessoa)

 Sonia Lambertini

 

   DI LUCI E D’OMBRE

Sì, in effetti, nascere il giorno di Natale è una faccenda alquanto strana.

Come se poi, per tutta la vita, ci si dovesse portare dentro il marchio della festa. Il fardello delle celebrazioni. Che sia la festa del consumismo tutto ghirlande e aghi di pino o quella per l’arrivo della buona novella, la sostanza più di tanto non cambia. Si rischia davvero di sentirsi come dei moderni  redentori, atterrati tra i comuni mortali, con la missione, un tantino impegnativa, di rimediare a quel gran guaio originale…  Un bel peso per qualunque paio di spalle.

Ebbene, non è escluso che Sonia Lambertini si sia fatta carne in una notte buia rischiarata da una cometa, più o meno casualmente, di passaggio.  Ed è stata subito festa.

Come la poetessa, anche i suoi versi – il verbo, per l’appunto – vengono alla luce da un’oscurità notturna e si fanno corpo, materia pulsante di muscoli, ossa e legamenti. Versi partoriti dall’ombra, dati in pasto ai bagliori della carta o dello schermo lattei. Nel groviglio ombelicale tra luce e aloni di tenebra, Sonia cerca addirittura l’oro. Pepite d’oro nella bocca piena di acque in tumulto.

In quel falso equilibrio, descritto come una staffa che scivola, vi è forse sintetizzata tutta la sua poetica. Anzi, direi piuttosto, la sua estetica. Un’estetica del chiaroscuro. Molto michelangiolesca (penso tanto al Buonarroti quanto al Merisi). Dal blocco grezzo del pensiero le parole escono fuori con forza e prendono forme nette, per nulla sfumate, in bianco e nero, senza gradazioni di grigi. Rinviano ad immagini anatomiche, che si tratti di membra o stati d’animo. Colpiscono i sensi, tutti e cinque. Ma lo fanno coi guanti. Non da chirurgo, ma da gran dama.

Per questo nelle poesie di Sonia ci sono sempre note delicate, tutt’altro che insipide, femminili, ma non femministe, amare, ma mai tragiche. Sarà per quel suo sentirsi forse un po’ sospesa, in bilico tra spirito e carne, tra dentro e fuori, tra luce e ombra. Ma per la poetessa sono dimensioni gemelle, gemelle siamesi, attaccate per la testa e coi piedi per terra. Reali, concrete. Non richiedono una scelta, se non quella di accettarne, consapevolmente la convivenza. Il che non significa rassegnarsi e smettere d’interrogarsi sulle ragioni profonde di questo iato. Non c’è rassegnazione davanti alla stanchezza, alle non-scelte, al ventre scarno, all’acqua rotta e alla radice digiuna. La poetessa continua ad aver fame, a nutrire i suoi pensieri giovani, a dare loro il seme buono con cui crescere e conquistare il senso. Quello che neanche la carne, con o senza nome, può forse racchiudere in sé. Del resto, letterariamente parlando, questa tensione interiore, lo streben nach dei romantici tedeschi, è sempre stata cosa buona e giusta per chi scrive e soprattutto per chi scrive poesia. Nei versi di Sonia è un continuo andare e venire tra slancio e tendenza all’immobilismo e questo ce la rende tanto umana e sorella. A volte l’acqua zampilla, altre volte stagna. Come in casa di tutti. Si aspetta che riprenda il suo corso, e lo fa puntualmente, da che mondo è mondo.

Quanto alle parole… si sente eccome che alla Lambertini piacciono proprio tanto le parole.

Mi viene, banalmente, in mente il detto da tuttologi “poche ma buone” . Beh, qui ci sta a pennello. Ma la poetessa non mira tanto all’essenzialità, quanto alla forza d’urto di ogni singola parola, alla sua capacità di lasciare il segno, di marcare il territorio. Sembra non voglia dare scampo al lettore.

Se ci si fa caso, non c’è una parola fuori posto, ogni componimento è un’acconciatura perfetta. Studiata, ma non a scapito delle emozioni. Anzi, le parole sono il pettine e la spazzola delle emozioni, asservite per un’impeccabile messa in piega. Ma non in riga.

Prendete e leggetene tutti.

 Gabriella MontanariI

 

 

 

                           

 
Falso equilibrio

Non trovo l’oro

nella bocca
del mio mattino

solo acque, agitate
e sono nelle mani
del piede destro
quando tocca terra.
E per ora si, c’è equilibrio
ma la staffa scivola
e il martello batte,
tre volte batte

il mea culpa

e prego Dio

lasciarmi andare.

E ora tocca a me
e a me soltanto
dirmi no, nessuno
si farà del male
ho solo un po’ di fame.                       

                         

                         

Aghi

Che sai tu del filo che unisce l’ordito
dell’orlo che manca che sfibra i pensieri
Che sai tu degli aghi che lasci negli orli
per farmi sentire che sono, che esisto.
E senza fiatare io sfilo le vesti
di nuovo ed ancora e soltanto per te
che spalle nel muro ferisci, il tuo ago
che sfibra non canta
ed il filo non c’è

                

                      

L’inganno
Sul nutrimento del frutto

Se cerchi il punto di non-ritorno
del seme buono nel ventre scarno
feconda il tronco, chiama il suo nome
che l’apparenza diventa inganno.

E l’eco arriva dritto come pugno al petto
quando ti stringe e ti promette il volo
-mente-
guarda l’ombra ormai terra e la radice
digiuna nell’attesa, divora i suoi figli.
                   
                    

                            

Senza nome

Carne senza nome
i miei figli guardano dall’alto
e chiedono perché
non li ho fatti scendere
La risposta non la so
Nella carne di un uomo
che stringe la mia
– forse finge – ti cerco
solo con te dentro
contro esiste un senso
e gravide speranze
di niente del nulla
del  pianto
che soffoca il canto.
E scivola via l’acqua
amara, s’è rotta
non era tempo
e stanca, scarna
mi chiedi cosa stringo
La risposta non la so

                           

                                 

Alcune poesie dii Sonia Lambertini sono state pubblicate nel periodico culturale l’Estroverso e nella rassegna di Letteratura Lunarionuovo.

Finalista nella sezione Inediti al Premio Internazionale di Poesia Mario Luzi 2013.

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17 Risposte to “Sonia Lambertini”

  1. mauro pierno Says:

    L’ha ribloggato su RIDONDANZE.

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  2. SoniaLambertini Says:

    Grazie Doris della lettura.

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  3. Doris Emilia Bragagnini Says:

    C’è una naturale disinvoltura nella percorrenza dei versi, disinvoltura come resa, innata facoltà di distendere i significati praticando (anche paradossalmente) un avvolgimento istintivo e vividamente visionario delle stratificazioni immaginative. Complimenti.

    Doris

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  4. ninamaroccolo Says:

    Sonia mi lascia sempre irrisolta dai suoi versi, dal suo rigore appuntito e scarno, scultoreo – dice bene Gabriella Montanari – che ti apre a visioni di una concretezza eburnea.
    C’è pathos, benché tenuto stretto, predomina l’istante che scava, scolpisce, martella. Sono parole di grande forza espressiva, non lasciano scampo alle “nostre” esistenze: Sonia ci porge una forma di cordoglio con l’ineluttabilità degli eventi interiori – una terra che sa di strazio. La sua, la nostra.

    “e gravide speranze
    di niente del nulla / ”

    Davvero non c’è spazio per una rinascenza individuale? Le speranze sono sempre gravide, altrimenti non diremmo che sono speranze: ecco la Luce dall’Ombra che cercavo. E davvero, anche se gli altri versi – che “cantano” il dramma – restituiscono un nihil decisivo, riesco a sentire uno scatto, una curva…
    Diceva Ermete: “Figlio, estrai il raggio dall’Ombra”.
    L’inconscio lavora e spesso predomina sull’Io, Ma non mancano gli archetipi, attraverso i quali possiamo dare qualche risposta alle nostre insufficienze, ai nostri dolori, alla perdita dell’Anima.
    Poiché l’Anima può morire.

    La poesia di Sonia può risalire nel canto, malgrado l’intenebriata Psiche femminile/maschile. La poesia di Sonia muove l’indifferenza, tiene a sé il Sé con una forza che si fa risorsa.
    Il volo…

    Un abbraccio,
    Nina*

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  5. SoniaLambertini Says:

    Emozionante leggervi, grazie.

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  6. francesco tontoli Says:

    anch’io sono nelle mani del tuo piede destro, Sonia….:-)

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  7. lallaerre Says:

    “la risposta non la so”: è la condizione che mantiene viva quella tensione interiore, a volte faticosa e sofferta, che anima la parola poetica. Complimenti Sonia. E’ stato bello incontrarti anche qui.

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  8. mauro Says:

    evocativa , per finta, ed efficacemente
    ironica. Strabiliante ed istrionica. Poesia Contemporanea che
    vorrei.

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  9. gabriella montanari Says:

    ne sentiremo parlare della Lambertini, ancora e bene…

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  10. r.m. Says:

    “… La risposta non la so”, fortuna vuole che, chi ha risposte non sempre può ideare versi che sanno prendere l’immaginario, bravissima la Lambertini…

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  11. Sonia Lambertini | TaglioDiLama Says:

    […] Sonia Lambertini. […]

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  12. SoniaLambertini Says:

    Ringrazio di cuore il giardino dei poeti per avermi ospitato, Cristina Bove, Gabriella Montanari per avermi accompagnato con “Di luci ed ombre”, i lettori e chi ha lasciato preziosi commenti.

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  13. cristinabizzarri Says:

    Mi ha colpita la profondità e quel velo d’ombra – io del 6 gennaio – che plana su tutto. Ma anche la forza di dire, l’onestà. E la bellezza dei versi brevi.

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  14. Blumy Says:

    Saturnina come me e quindi incline alla malinconia, questa poetessa che non conoscevo usa parole essenziali e appuntite come chiodi con cui scrive il dolore. Precisa. Essenziale. Colpisce là dove deve colpire.

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  15. vdbd2 Narda Fattori Says:

    Hai una buona padronanza del linguaggio poetico, non ti lasci irretire dai suoni . Vengono fuori versi chiari, attenti e talvolta visionari.
    Narda

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  16. rosa Says:

    semplice e belle

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