IN CERCA
raccolta di Marina Guarino
Turisa 2020
La poesia in genere non ha un gran numero di lettori, di contro ha un numero esorbitante di praticanti, ma quella a fondo religioso come queste di Guarino credo ne meriterebbe di certo più di quanti ne abbia perché, pur toccando il discorso della fede cristiana, è capace di allargare l’ orizzonte anche sugli aspetti etici e morali che riguardano non soltanto il credente.
Cercherò di precisare meglio il pensiero utilizzando via via alcuni spezzoni delle poesie di questa raccolta per inserirli in un discorso complessivo che prende l’avvio da un tema di fede, ma progressivamente allarga lo sguardo sul modo in cui la visione del mondo del credente è coinvolgente e riguarda tutti gli aspetti dell’intera esistenza, rifiutando – per le ragioni della stessa fede che la sottendono – i compromessi, gli atteggiamenti rinunciatari, l’accettazione passiva della vita senza cercare di opporre alle storture che essa presenta il freno di un giudizio morale.
Il lavoro della Guarino ha inizio con questi versi (pag. 5) che mettono in evidenza l’atteggiamento di umiltà che dovremmo avere per cercare di interpretare uno sguardo superiore ad una visione prettamente terrena
Dio ti parlo/ con l’ambizione della mia ignoranza/ sperando che il tuo sguardo/ non conti le disfatte //
Viene qui sottolineato subito l’atteggiamento individualistico di ognuno di noi di fronte a “un mistero che punge sotto la pelle“ ma la progressiva attenzione a questo mistero è utile per smussare le difficoltà di interpretazione:
e quando porgo l’orecchio attento/ si fa miele dentro la bocca//
e malgrado Dio si sia fatto uomo incarnato , ognuno tende a scoprirLo nascosto dentro le pieghe del vivere
sei sceso in piazza/ a manifestarti/ma ognuno ti costruisce nella penombra//
e ancora (pag.7) scopriamo la nostra incompletezza che resta sbigottita di fronte alla Sua potenza
siamo analfabeti che si fermano/nello spazio incolto/ della loro infima grandezza/
L’uomo non sa alzare lo sguardo oltre il contingente e troviamo (pag. 30) questa acuta osservazione:
le cose vanno così/la gente passa e non guarda/è come avere una rosa a sinistra nel costato/sento la pena di chi mi passa accanto/e mi faccio silenzio/
A volte la fede di fronte al male si sente sconfitta, è tentata dalla rinuncia a capire e si giunge ad affermare (pag. 46)
Ci sono giorni in cui dimentico di spezzarmi/di pregare/nulla mi sorprende/ e distanziata da ogni forma/abolisco ogni residuo di pazienza //
e in queste occasioni l’autrice estende il discorso e lo amplifica introducendo un dialogo di confronto con i defunti (pag. 17)
a volte restano fino all’alba/ a ricordarci che la vita/ è una sosta di eterno inafferrabile/ l’ammanco è nel cuore/ e le fitte di rimorso sono strumenti umani/
Perché il vivere dentro la difficoltà del mondo costringe a (pag. 8)
fissare una città /che vive all’incontrario/
dentro la quale è spesso difficile sopportare il peso della quotidianità, e lo si legge con chiarezza (a pag. 22)
reggo a fatica certi copioni/ il conto dei sorrisi delle parole/ costringere il mio carattere/ in un busto troppo stretto/ lo sguardo basso per non essere fraintesa// pochi i battiti in sintonia col mio/
e sembra quasi inevitabile che sia
un cammino smarrito da lungo tempo/ in assenza di stelle/ un frastuono che allontana/ da ogni profondità //
e poi (a pag. 9) leggiamo ancora
in città rumorose e stanche/ c’è sempre un anello debole/ un gelo del cuore s’acquatta / dentro le cose, celato all’ombra-//
e più avanti
Manca il fremito di un sentimento/ dentro l’occhio di vetro/ e attese inespresse scoppiano/ nel calcio ad un gattino //
ma
… la vita resiste/ sporge tra i roseti, fragile/ ma l’azzurro si fa avaro/
La nostra inconscia ostilità di fronte alla vastità del tema “credere“ ci rende chiusi ed incapaci di una lettura che sia fiduciosa e piena di abbandono e (pag 33)
abbiamo scordato il bimbo che eravamo/gattoniamo in spazi ristretti con la testa china/ma tenere i piedi inchiodati sulla terra/ci fa rimanere fermi /
L’autrice non può nascondere a sé stessa il fatto che talvolta l’incontro scontro con il mondo ha la capacità di affaticare il suo spirito di ricerca
Sembro ignorare/ che le vostre domande/ vorrebbero ridurmi a granello/e mettere in silenzio/quella verità che impedisce/di mettere le toppe alle fessure//
ma la volontà di capire ha alla fine la prevalenza (pag. 47)
ora non mi resta che ricucire/la pelle affinché sia pronta/per essere smembrata da voi/ancora una volta//
Passo dopo passo l’autrice completa il quadro, la visione che si è formata in lei osservando quotidianamente la vita con occhio a volte disincantato ma sempre aperto alla speranza che vi sia una redenzione (pag. 18)
manca un antidoto per questa indifferenza/ che è paura/ forse timidezza imprigionata nel petto/
anche se l’abitudine al bombardamento di notizie ci ha condotti all’indifferenza (pag. 19)
l’abitudine alle notizie ci ha resi orbi/ a ogni voce sottile come un soffio/ ci ha inchiodati i piedi nel calore della sabbia/ facendoci analfabeti a svelare gli inganni del cuore/
Il male che ci circonda è così avvolgente che ci conduce a quasi a non prestare fede all’evidenza della storia, ai fatti avvenuti nel tempo attorno ai quali molte persone cominciano ad essere dubbiose (pag. 24)
Dell’infinito dolore ancora si dice/ancora si deve dire/anche se pareva/ che Dio giocasse a dadi quel giorno// Non Dio,/ l’uomo //
Siamo indifferenti, spesso anche insensibili se non ostili di fronte ai problemi dei profughi e dei poveri del nostro tempo (pag. 25)
i sofismi della ragione non sanno della terra/ il mare miscelato a benzina/le ustioni delle donne, la notte/dimora dei bambini/E’ cosa di un istante/passare dalla preghiera quasi bestemmia/ alla provocante tentazione di sbilanciare/l’occhio più in fondo/ oppure dormire/ ignorando/che siamo una perenne domanda /
e non solo agli immigrati come questi ai quali (pag. 27) guarda l’autrice
qualcuno ce la fa a tenersi stretta la vita/le poche cose da salvare/nonostante il muro di bugie che trattiene le schiene/la sfrenatezza della folla/ incapace ormai di arrossire/nello spazio di un perenne inganno//
ma pure ai senza casa, a coloro che dormono sopra i cartoni sui marciapiedi della grande città (pag. 29)
resterai sui cartoni, la notte/a cercare un colloquio di verità con i cani/sono loro a farti esistere/ i cani non conoscono l’indifferenza //
La poetessa si rivolge e pensa anche alle donne oggetto spesso della violenza maschile
tu sorridi/mentre dici/che sei inciampata per le scale/ sbattuta contro il muro nella notte/e non vuoi credere che il gesto di quell’uomo/è come il verde di certe piante:/spunta appena sopra la terra/ma tirare/scopi radici profonde//
Lo sconforto e la depressione per tutto il male che vediamo nella società in cui viviamo ormai avvolgono tutti, non solo i credenti anche coloro che si sentono laici, persone dotate di una profonda fiducia nell’uomo, categoria alla quale la nostra autrice rivendica il diritto di far parte
(pag. 13)
bellezza è quel grappolo di gioventù/ dentro la camicetta/gettare lo sguardo oltre a contemplare la verità del fiore/ dell’albero, di uno sguardo//ma se potessi chiudere le nostalgie/in una bolla d’aria/carezzarla con grazia/credere/di vivere un’altra vita/dove la bruttura è uno scherzo/ e la vita non è un orlo lontano//
E allora che fare? Verrebbe da chiedersi avviandoci alla conclusione di questa lettura, se è vero il finale della poesia a pag. 30 che dice:
non passeremo più da questa vita/ dobbiamo logorarci voci e nocche/come fece la vedova col giudice ingiusto/ a ricordare cheil cuore si contamina con gli atti d’omissione
Forse bisognerà davvero fare come l’autrice che scrive a pag. 72:
… sono i (non) gesti di omissione/ a costruire croci e chiodi/ incapaci di vedere il Cielo/ in un chicco di grano/ sperando occasioni
oppure accettare e subire quanto scritto in questa poesia di pag 65
non so da dove viene il male/ è una macchia sulla pelle nuda/ una spina che tengo come vita/ in sospensione, misteriosa/ una trama che silenzia ogni superficie.
Non è facile scoprire di possedere una sensibilità religiosa e cercare di trasferirla dentro uno strumento così riservato come la poesia, perché si corre il rischio di essere male interpretati dai lettori.
Un libro di poesie non è un romanzo:con i versi gli autori ci consegnano la loro anima, ce la mostrano, ci fanno partecipi delle loro sofferenze, dei dubbi, delle domande che li opprimono o li accompagnano ogni giorno, ed è per questo che dovremmo accostarci ai loro versi senza giudicarli, semplicemente leggendoli e domandandoci ad ogni passo quanto ci sentiamo di condividere con chi l’ha scritta. Io ho cercato di seguire il filo conduttore che mi è parso di ritrovare tra i versi, e spero che chi mi legge lo condivida.
Luigi Paraboschi
23.12.2020
Ti parlo, Dio |
Saprò mai desiderarti |
come il deserto l’acqua |
concepirti in me |
con delicata geometria |
come tu facesti un giorno |
ancora prima che luce fosse? |
Sei sceso in piazza |
a manifestarti |
ma ognuno ti costruisce nella penombra |
a volte scambia il sale con il fiele |
però sempre mi stupisce |
la misteriosa devozione dei cani |
l’odore del legno |
la notte e le sue stelle. |
Dio, ti parlo |
con l’ambizione della mia ignoranza |
sperando che il tuo sguardo |
non conti le disfatte |
poiché a frammenti mi sale nel cuore |
un mistero che punge sotto la pelle |
e quando porgo l’orecchio attento |
si fa miele dentro la bocca. |
Blu cobalto |
Ho appoggiato un sogno |
sul davanzale nella sera |
fiocco leggero di cotone |
dentro la piega del mio braccio |
stanco |
e chiuso. |
Il mio sorriso di marina blu cobalto |
è dentro il buio di questa stanza, |
ma la mano non discosta |
le ragnatele che invischiano |
l’icona del tuo viso |
anche nella nostra Sistina |
gli indici si sfiorano |
senza raggiungersi |
nascondono le mani |
le nudità dei corpi, |
soli, dopo l’eden. |
Scioglierai tu |
l’antica brina |
con fiamma d’un lumino |
esposta alle correnti? |
Un’isola |
In me c’è un’isola difficile da trovare |
mi chiama |
a contemplare le onde |
mai uguali, |
lunghe e lisce nei giorni privi di tempesta |
frangendosi potentemente per l’intera notte |
quando mi chiudo ad ogni prospettiva |
mi faccio assolo nella penombra |
ad aggiustare le pause il tono della voce |
per decifrare i bisbigli dell’anima |
in questa stagione ingannevole |
con le labbra contratte |
il respiro corto. |
Intorno vedo sguardi ripiegati |
analfabeti che si fermano |
nello spazio incolto |
della loro infima grandezza. |
Napoli 2020 |
Andare dritta all’essenziale |
senza giri di parole e fissare una città |
che vive all’incontrario |
sul giorno che s’incupa e s’invioletta, |
si sveglia sempre più distante |
sotto un cielo distratto |
statue malate d’ignoranza |
a cercare un appiglio primordiale. |
Nel giorno appena sbozzato |
la città si stiracchia |
un uomo col suo cane in grembo |
mi passa la sua allegrezza solitaria |
altri con il colpo in canna |
dicono e tritano lingue truccate |
con la scorza e le spine |
un precipitare di ogni fiducia |
è un cammino smarrito da lungo tempo |
in assenza di stelle |
un frastuono che allontana |
da ogni profondità. |
Mancanze |
Nell’incertezza della sera |
ardori repressi affannano la gola |
incerto il limite fra reale e pensato |
in città rumorose e stanche |
c’è sempre un anello debole |
un gelo del cuore s’acquatta |
dietro le cose, celato dall’ombra. |
Manca il fremito di un sentimento |
dentro l’occhio di vetro |
e attese inespresse scoppiano |
nel calcio ad un gattino |
non sarà possibile adeguarsi |
a questo tempo di bruciori e tagli |
la vita resiste |
sporge fra i roseti, fragile |
ma l’azzurro si fa avaro |
e il vento crolla. |
I taciti dissenzi degli incerti |
Lungo le vene della città |
le teste chine sui cellulari |
arretrano le forze nell’istante che passa, |
ignare del granito a cui s’appoggiano |
manca un antidoto per questa indifferenza |
che è paura, |
forse timidezza imprigionata nel petto. |
Tagliato il filo che ci avvita |
la spiaggia depone i corpi |
in rotoli di schiuma |
il giro della memoria ha le sue deleghe: |
i taciti dissenzi degli incerti. |
In un palmo di mano |
Avresti potuto essere racchiusa |
dentro il palmo di una mano |
invece ora |
vediamo solo la tua |
che sporge dalla manica di un piumino |
decomposto dall’acqua |
a maledire l’indifferenza |
e la nostra inconsistenza. |
L’abitudine alle notizie ci ha reso orbi |
a ogni voce sottile come un soffio |
ci ha inchiodati i piedi nel calore della sabbia |
facendoci analfabeti |
a svelare gli inganni del cuore. |
Tag: Marina Guarino
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