ABELE LONGO, Scrittura con vista, Terra d’ulivi edizioni 2023
Nota empatica di Annamaria Ferramosca
Umanissimi mondi al di là del vetro
Osservare dalla finestra è azione colma di aspettative e visioni inattese che a volte possono rasentare il prodigioso. L’evento può accadere abitualmente ad un poeta come Dylan Thomas dal suo capanno di Laugharne o anche ad una bambina che guarda fuori dalla sua finestra quel capanno o forse il mondo di là dal vetro interrogandosi sulla vita il suo scorrere. Leggendo queste poesie di Scrittura con vista di Abele Longo mi sono anch’io riconosciuta in questo avido sguardo interrogante e ho compreso come ognuno che guardi oltre il vetro riceva risposte sempre illuminanti, che emergono dal subconscio e dal vissuto, fondendosi con la realtà. Ed è questo mix insieme visionario e reale che dilata la percezione e conduce chi scrive verso percorsi inattesi che pure trovano agganci – come lasciti memorabili – nelle parole di autori amati e sentiti affini, come si legge dalle significative epigrafi che Abele Longo pone all’inizio di questa sua nuovissima raccolta. Una “scrittura con vista” dunque nel vero senso della parola, che dopo dieci anni dal libro d’esordio (Reversibilità, AdTO 2012), segna il traguardo di massima maturazione tematica e stilistica dell’autore.
Il poeta, come è noto, scrive mentre guarda il divenire fuori e dentro di sé e lo fa, anche inconsciamente, per obbedire alla “compresenza-compassione verso gli altri”, “per salvare ciò che andrebbe perduto e per scavare nella propria interiorità”, e pure “per un raffronto tra il prima e il dopo”, e per soddisfare l’esigenza di “dare ordine alle cose”, come acutamente annota – suoi tutti i virgolettati – Doris Emilia Bragagnini nella sua lucidissima prefazione. Ed è pur vero che la sequenza di testi in cui si evidenzia la tensione dell’autore alla compassione verso gli altri, compresi i trapassati, è dichiarazione di totale adesione a quella prossimità profondamente civile caratteristica della vita e dell’opera di Danilo Dolci, di cui Abele Longo è profondo estimatore e cultore. Una prossimità che nei primi testi brevi e densi come singhiozzi, attraversa le scene realistiche del degrado e della povertà come la morte di un bambino, la maternità che sopravvive a ogni strazio, il povero che fruga negli scarti, l’operaio ucciso dalla pressa. E pure emerge il contrasto ricorrente tra spinta vitale e idea intransigente della morte, come nell’intensa poesia Treno
[…]
Passerà anche questa con l’insolvenza
delle cicale sotto la calura
l’immagine sgualcita di un bambino
esile che prende il treno per il mare
e una chiusa sulla morte che vaga
casellante da una stazione all’altra
Ritorna quel sensibilissimo sguardo del poeta, che ricordiamo nelle pagine di Reversibilità, capace di cogliere per memorabili fotogrammi, che trapassano fino all’osso, una vita che sembra non aver riparo.Tutta la fragilità contemporanea è catturata e messa allo scoperto con un lessico essenziale, scabro, assolutamente non lirico, che predilige toni amari e sommessi, spezzati a tratti da fulminanti squarci dislocanti, come nei versi
… santa spossatezza di vivere
… una fila di pianoforti/ a picco sul mare andaluso
…e l’erba sotto i piedi scalzi/ per sentire come prima/ del tempo del bisogno
Il senso di perdita dell’umano, la caduta verticale del senso di solidarietà e pietas attraversano ogni luogo visitato dai versi, sia il Laugharne del Galles, che le città di Otranto e Castro del Salento, la Chacabuco del Cile o il Cortile Cascino di Palermo, luoghi che divengono simboli di tutti i luoghi tormentati del mondo, come bolle di deriva umana, universali.
E pure i versi lasciano filtrare la speranza-luce di un senso di umanità residua che esiste e resiste, come quella degli angeli maldestri, che sembrano di poco conto, ma sono invece da tenere in gran conto, e sono i nostri forse pochi ma solidi amici, con cui cercare un’inversione di rotta, una possibile ricostruzione, un altro abitare.
[…]
La notte dopo il tuo funerale
venisti a trovarmi sotto casa
ti guardavo attraverso la finestra
accendere la sigaretta
curvato nel gesto antico
così come è sempre stato da quando
ci insegnarono a dividere la lavagna
in buoni e cattivi
gli angeli con me hanno vita strana
sono io che li consolo
maldestri mi somigliano nello spirito
sono angeli che in terra contavano poco
Vediamo il poeta sentire poi forte il bisogno di nominare, in segno di affetto e gratitudine, tutti questi veri amici e tutte le figure etiche che hanno lasciato in lui tracce memorabili, con la dedica che appare in ogni testo, sotto il titolo.
E ancora, indelebile nell’immaginario dell’autore di origine salentina, ritorna il Sud bodiniano e contadino nella sua incancellata dimensione di amara penitenza (caremma) e pure nel suo stravolgimento attuale, con le scene di un territorio turistizzato che diviene sempre meno identitario. E si percepisce quella sottile salentudine, che è un inesprimibile sentire, come un duende di postura calda, familiare e accogliente, target umanissimo che Abele Longo, anche inconsciamente, inevitabilmente trascina nella sua scrittura.
[…]
la soggettiva di una foca monaca
la caraffa d’acqua col centrino
accanto la bolla dei santi medici
uno dei due macera d’amore
l’altro sbatte la testa contro il vetro
Qui dove la voce del papa
imita la raucedine di dio
attecchisce l’ansia della caremma
Nella parte finale della raccolta, con squarci pittorici e finissima lettura psicologica, l’autore assegna le ultime pagine ad un gruppo di poesie che ritraggono da varie angolazioni la tormentata vita di Dylan Thomas, con i suoi strambi slanci, errori e sublimi deliri, come un sincero lascito di ammirazioine e gratitudine al grande poeta inglese. E poi, lo stile di Longo. Lungo tutta l’opera colpisce questo suo stile personalissimo consolidato, con una forma che diviene icastica per scelte asintattiche e neologismi (diveltano, sovrarcare,etc.), scelte lessicali e ritmo modulati, capaci di trasmettere amarezza e ironia, cruda realtà e visione etica, risolvendosi ancora una volta nel mistero realizzato della poesia.
gennaio 2023, Annamaria Ferramosca
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Abele Longo nato a Depressa (Lecce), è docente dal 1999 presso la Middlesex University di Londra. Si occupa di ecocritica (cinema e poesia), ecopedagogia, traduzione audiovisiva e letteraria. Tra le sue pubblicazioni Danilo Dolci – Environmental Education and Empowerment (Springer, 2020); ‘Roma, viandanza dell’esilio. Rafael Alberti tradotto da Vittorio Bodini’ (in N. di Nunzio e F. Ragni, Morlacchi Editore, 2014); ‘The Cinema of Ciprì and Maresco: Kynicism as a Form of Resistance’ (in W. Hope, Cambridge Scholars Publishing, 2010); ‘Subtitling the Italian South’ (in J. Díaz-Cintas, Multilingual Matters, 2009). Ha inoltre pubblicato, per le Edizioni Accademia di Terra d’Otranto – Neobar, la raccolta Reversibilità (2012), come co-autore Pugliamondo (2010) e con il collettivo Poeti per don Tonino Bello La Versione di Giuseppe (2011) e Un sandalo per Rut (2014). Fa parte dell’antologia, a cura di Giorgio Linguaglossa, Il rumore delle parole Poeti del Sud (Edilet Edizioni Letterarie, 2015).
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