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Annamaria Ferramosca – Eliza Macadan

18 febbraio 2023

Quando la poesia sfiora la scienza, la mente si accende e la luce dei versi illumina e conforta chi ne viene incantato. Così avviene nella poetica pervasiva e luminosa di Annamaria Ferramosca in questa  bellissima plaquette di poesie tradotte da Eliza Macadan.
L’oceano è una vastità in cui ogni verso è un’onda che appare, ma non scompare veramente mai, perché appartiene a quella stessa immensità.

Un felice incontro di poetesse, da non perdere.

Annamaria Ferramosca è nata in Salento e vive a Roma, dove ha lavorato come biologa docente e ricercatrice, ricoprendo al contempo l’incarico di cultrice di Letteratura Italiana per alcuni anni presso l’Università RomaTre. Ha all’attivo collaborazioni e contributi creativi e critici con varie riviste nazionali e internazionali e in rete con vari siti italiani di poesia.
Ha pubblicato in poesia: Andare per salti, Arcipelago Itaca (Premio Arcipelago Itaca, selezione Premio Elio Pagliarani, Premio “Una vita in poesia” al Lorenzo Montano2020, finalista al Premio Guido Gozzano e al Premio Europa in Versi); Other Signs, Other Circles – Selected Poems 1990-2008, volume antologico di percorso edito da Chelsea Editions di New York per la collana Poeti Italiani Contemporanei Tradotti, a cura di Anamaría Crowe Serrano e Riccardo Duranti ( Premio Città di Cattolica); Curve di livello, Marsilio (Premio Astrolabio, finalista ai Premi: Camaiore, LericiPea, Giovanni Pascoli, Lorenzo Montano); Trittici – Il segno e la parola,DotcomPress; Ciclica, La Vita Felice; Paso Doble, coautrice la poetessa irlandese Anamaria Crowe Serrano, Empiria; La Poesia Anima Mundi, monografia a cura di Gianmario Lucini, con i Canti della prossimità, puntoacapo; Porte/Doors, Edizioni del Leone (Premio Internazionale Forum-Den Haag); Il versante vero, Fermenti (Premio Opera Prima Aldo Contini Bonacossi).
Ha curato la versione poetica italiana del libro antologico del poeta rumeno Gheorghe Vidican 3D- Poesie 2003-2013, CFR (Premio Accademia di Romania per la traduzione).
Sue poesie appaiono in numerose antologie e volumi collettanei e sono state tradotte, oltre che in inglese,in rumeno, greco, francese, tedesco, spagnolo, albanese, turco, arabo.

Eliza Macadan vive a Bucarest e scrive in romeno, francese e soprattutto in italiano. Esordisce sulla stampa letteraria nel 1988 e con un suo volume, “Spazio austero” (Romania, Edizioni Plumb), nel 1994. Le sue raccolte di poesia hanno ricevuto vari riconoscimenti in Romania, Francia e Italia (Premio Leon Gabriel Gros 2014 per “Au Nord de la Parole” e “Anestesia delle nevi”, finalista dei premi Camaiore e Fabriano 2015).

Le raccolte italiane sono: “Frammenti di spazio austero” (2001, 2018), “Paradiso riassunto” (2012), “Il cane borghese” (2013), “Anestesia delle nevi” (2015), “Passi passati” (2016), “Pioggia lontano” (Archinto, 2017), “Zamalek, solo andata” (Terra d’Ulivi, 2018) e “Pianti piano” (Passigli Editori, 2019).

Abele Longo

10 febbraio 2023

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ABELE LONGO, Scrittura con vista, Terra d’ulivi edizioni 2023

Nota empatica di Annamaria Ferramosca

Umanissimi mondi al di là del vetro

Osservare dalla finestra è azione colma di aspettative e visioni inattese che a volte possono rasentare il prodigioso. L’evento può accadere abitualmente ad un poeta come Dylan Thomas dal suo capanno di Laugharne o anche ad una bambina che guarda fuori dalla sua finestra quel capanno o forse il mondo di là dal vetro interrogandosi sulla vita il suo scorrere. Leggendo queste poesie di Scrittura con vista di Abele Longo mi sono anch’io riconosciuta in questo avido sguardo interrogante e ho compreso come ognuno che guardi oltre il vetro riceva risposte sempre illuminanti, che emergono dal subconscio e dal vissuto, fondendosi con la realtà. Ed è questo mix insieme visionario e reale che dilata la percezione e conduce chi scrive verso percorsi inattesi che pure trovano agganci – come lasciti memorabili – nelle parole di autori amati e sentiti affini, come si legge dalle significative epigrafi che Abele Longo pone all’inizio di questa sua nuovissima raccolta. Una “scrittura con vista” dunque nel vero senso della parola, che dopo dieci anni dal libro d’esordio (Reversibilità, AdTO 2012), segna il traguardo di massima maturazione tematica e stilistica dell’autore.

Il poeta, come è noto, scrive mentre guarda il divenire fuori e dentro di sé e lo fa, anche inconsciamente, per obbedire alla “compresenza-compassione verso gli altri”, “per salvare ciò che andrebbe perduto e per scavare nella propria interiorità”, e pure “per un raffronto tra il prima e il dopo”, e per soddisfare l’esigenza di “dare ordine alle cose”, come acutamente annota – suoi tutti i virgolettati – Doris Emilia Bragagnini nella sua lucidissima prefazione. Ed è pur vero che la sequenza di testi in cui si evidenzia la tensione dell’autore alla compassione verso gli altri, compresi i trapassati, è dichiarazione di totale adesione a quella prossimità profondamente civile caratteristica della vita e dell’opera di Danilo Dolci, di cui Abele Longo è profondo estimatore e cultore. Una prossimità che nei primi testi brevi e densi come singhiozzi, attraversa le scene realistiche del degrado e della povertà come la morte di un bambino, la maternità che sopravvive a ogni strazio, il povero che fruga negli scarti, l’operaio ucciso dalla pressa. E pure emerge il contrasto ricorrente tra spinta vitale e idea intransigente della morte, come nell’intensa poesia Treno

[…]
Passerà anche questa con l’insolvenza
delle cicale sotto la calura
l’immagine sgualcita di un bambino
esile che prende il treno per il mare
e una chiusa sulla morte che vaga
casellante da una stazione all’altra

Ritorna quel sensibilissimo sguardo del poeta, che ricordiamo nelle pagine di Reversibilità, capace di cogliere per memorabili fotogrammi, che trapassano fino all’osso, una vita che sembra non aver riparo.Tutta la fragilità contemporanea è catturata e messa allo scoperto con un lessico essenziale, scabro, assolutamente non lirico, che predilige toni amari e sommessi, spezzati a tratti da fulminanti squarci dislocanti, come nei versi

santa spossatezza di vivere
… una fila di pianoforti/ a picco sul mare andaluso
…e l’erba sotto i piedi scalzi/ per sentire come prima/ del tempo del bisogno

Il senso di perdita dell’umano, la caduta verticale del senso di solidarietà e pietas attraversano ogni luogo visitato dai versi, sia il Laugharne del Galles, che le città di Otranto e Castro del Salento, la Chacabuco del Cile o il Cortile Cascino di Palermo, luoghi che divengono simboli di tutti i luoghi tormentati del mondo, come bolle di deriva umana, universali.

E pure i versi lasciano filtrare la speranza-luce di un senso di umanità residua che esiste e resiste, come quella degli angeli maldestri, che sembrano di poco conto, ma sono invece da tenere in gran conto, e sono i nostri forse pochi ma solidi amici, con cui cercare un’inversione di rotta, una possibile ricostruzione, un altro abitare.

[…]
La notte dopo il tuo funerale
venisti a trovarmi sotto casa
ti guardavo attraverso la finestra
accendere la sigaretta
curvato nel gesto antico

così come è sempre stato da quando
ci insegnarono a dividere la lavagna
in buoni e cattivi
gli angeli con me hanno vita strana

sono io che li consolo
maldestri mi somigliano nello spirito
sono angeli che in terra contavano poco

Vediamo il poeta sentire poi forte il bisogno di nominare, in segno di affetto e gratitudine, tutti questi veri amici e tutte le figure etiche che hanno lasciato in lui tracce memorabili, con la dedica che appare in ogni testo, sotto il titolo.

E ancora, indelebile nell’immaginario dell’autore di origine salentina, ritorna il Sud bodiniano e contadino nella sua incancellata dimensione di amara penitenza (caremma) e pure nel suo stravolgimento attuale, con le scene di un territorio turistizzato che diviene sempre meno identitario. E si percepisce quella sottile salentudine, che è un inesprimibile sentire, come un duende di postura calda, familiare e accogliente, target umanissimo che Abele Longo, anche inconsciamente, inevitabilmente trascina nella sua scrittura.

[…]
la soggettiva di una foca monaca
la caraffa d’acqua col centrino
accanto la bolla dei santi medici

uno dei due macera d’amore
l’altro sbatte la testa contro il vetro

Qui dove la voce del papa
imita la raucedine di dio
attecchisce l’ansia della caremma

Nella parte finale della raccolta, con squarci pittorici e finissima lettura psicologica, l’autore assegna le ultime pagine ad un gruppo di poesie che ritraggono da varie angolazioni la tormentata vita di Dylan Thomas, con i suoi strambi slanci, errori e sublimi deliri, come un sincero lascito di ammirazioine e gratitudine al grande poeta inglese. E poi, lo stile di Longo. Lungo tutta l’opera colpisce questo suo stile personalissimo consolidato, con una forma che diviene icastica per scelte asintattiche e neologismi (diveltano, sovrarcare,etc.), scelte lessicali e ritmo modulati, capaci di trasmettere amarezza e ironia, cruda realtà e visione etica, risolvendosi ancora una volta nel mistero realizzato della poesia.

gennaio 2023, Annamaria Ferramosca

*

*

AbeleLongo

Abele Longo nato a Depressa (Lecce), è docente dal 1999 presso la Middlesex University di Londra. Si occupa di ecocritica (cinema e poesia), ecopedagogia, traduzione audiovisiva e letteraria. Tra le sue pubblicazioni Danilo Dolci – Environmental Education and Empowerment (Springer, 2020); ‘Roma, viandanza dell’esilio. Rafael Alberti tradotto da Vittorio Bodini’ (in N. di Nunzio e F. Ragni, Morlacchi Editore, 2014); ‘The Cinema of Ciprì and Maresco: Kynicism as a Form of Resistance’ (in W. Hope, Cambridge Scholars Publishing, 2010); ‘Subtitling the Italian South’ (in J. Díaz-Cintas, Multilingual Matters, 2009). Ha inoltre pubblicato, per le Edizioni Accademia di Terra d’Otranto – Neobar, la raccolta Reversibilità (2012), come co-autore Pugliamondo (2010) e con il collettivo Poeti per don Tonino Bello La Versione di Giuseppe (2011) e Un sandalo per Rut (2014). Fa parte dell’antologia, a cura di Giorgio Linguaglossa, Il rumore delle parole Poeti del Sud (Edilet Edizioni Letterarie, 2015).

Annamaria Ferramosca

4 aprile 2022

Annamaria Ferramosca – Per segni accesi – G. Ladolfi Editore 2021

Recensione a cura di M. Carmen Lama

I poeti sono in genere persone pacifiche, che sentono prima e più profondamente delle persone comuni le atmosfere che vengono a crearsi nelle relazioni sociali e, più ampiamente, nelle relazioni fra popoli e fra l’uomo e la natura.
Colgono, come si suol dire, i segni dei tempi. A volte anticipano quel che potrebbe accadere, a partire da qualche dettaglio che intravedono e che agli altri sfugge e, sulla base di questa particolare consapevolezza, scrivono poesie che vogliono mettere in guardia, o che vogliono semplicemente segnalare quel che a loro si è palesato attraverso la loro fine sensibilità, attraverso i loro sensi “scoperti”, attraverso quell’esercizio di osservazione meticolosa, di scandaglio, quasi, che avviene in maniera del tutto naturale, quasi che le cose si offrissero al loro sguardo per essere comprese e per far sì che i poeti dessero loro una voce.
C’è, nel porsi dei poeti di fronte alle cose che li interpellano, una sorta di stupore, un atteggiamento quasi di incredulità che in qualche modo chiede loro di verificare, di perdersi nel richiamo delle cose, di dar loro l’ascolto di cui hanno bisogno.

Leggendo più volte la bella e singolare silloge di Annamaria Ferramosca, Per segni accesi, Giuliano Ladolfi editore – febbraio 2021, ho avuto la sensazione netta di trovarmi di fronte a una poetessa il cui sentire è finissimo, la cui attenzione è costantemente vigile, a lei non sfuggono particolari molto significativi che attraversano il tempo che stiamo vivendo e che interessano non il suo solo spazio di vita, ma uno spazio che va oltre i ristretti confini di un paese, o regione, o nazione, per espandersi a livello planetario.

Scritta in tempi non sospetti, (non gli attuali, febbraio/marzo 2022, in cui gli elementi presenti nelle poesie stanno esplodendo in modo esasperato), la silloge coglieva già elementi di tensione, di disfunzione nei rapporti tra popoli (ma anche tra persone della stessa comunità linguistica e sociale), di indisponibilità a farsi carico dei problemi dei meno fortunati, di non accoglienza dell’altro, come se si volesse lasciare a ciascuno la responsabilità di trovarsi a vivere in paesi dove solo la sofferenza è loro pane quotidiano, mentre in realtà non si sceglie il posto in cui ci si trova a vivere, in cui si è nati.

La Ferramosca sembra toccare con mano le situazioni di cui parla, sembra viverle sulla propria pelle, tanta è la solidarietà che si sente vibrare nei suoi versi e l’empatia.
I versi sembrano scorrere su un filo rosso invisibile, che inizia col mettere in scena l’origine della vita, (si fermano i vortici della notte si compie il tempo / l’humus prende forma imita materia d’alba […] dire di un movimento che prima non c’era / e pure si predisponeva / con l’impercettibile forza del germoglio / un tendere misterioso del seme) per proseguire con le varie vicissitudini che in una vita accadono e, con calibrato equilibrio, vengono mostrate, attraverso metafore, miti, dubbi e pressanti domande (domandepietre, a volte), e realtà concrete, le emozioni vissute dai protagonisti, le loro prese di posizione fatte proprie dalla poetessa per dar loro una voce, e che sia la più accorata e la più incisiva voce possibile.

Attraverso le poesie di questa silloge, Annamaria Ferramosca si fa portatrice di valori assoluti, che da tempo sembrano aver perso la loro preminenza nella vita degli uomini e dei popoli e nel loro rapporto con la natura (chiamo mi chiamano / respiro il comune respiro / insieme camminiamo insieme andiamo) – (il villaggio i fuochi le ombre lunghe / i miei vecchi con me porto indicibili / i loro occhi del commiato) – (ora o mai più / è ora di prossimità / insieme aprire la via nel bosco / luminosa assoluta / seguirne i segni chiari sui tronchi / fino al limite dei rami / riconoscere la distanza di rispetto / tra pianta e pianta tra nido e nido) – (cerco armi nella voce un canto / per la bambina che improvvisa una danza / le sue parolecorpo sollevano / onde felici di musica e memoria)… e così via…
I versi si dipanano lungo un asse portante che riguarda la natura, la cui salvaguardia dovrebbe essere intesa non solo per se stessa ma anche a vantaggio della stessa sopravvivenza degli esseri viventi in generale e umani, in particolare, e invece la natura subisce sfruttamenti e violazioni irragionevoli.

Con lo scorrere dei versi su quel sottile filo rosso dell’esistenza, scorre anche un richiamo forte, via via più insistente, più deciso e convincente, alla presa di coscienza della deriva verso cui stiamo portando il nostro mondo e con esso noi stessi (altrimenti // saremo sirene disperate […] solo schiuma d’onde / rumore di risacca) – (tutto il caos che piove dalla fronte / il tremore sgomento dei neuroni) – (mentre torri schiantano e ponti / deserti avanzano s’inabissano rive)…
Insieme a ciò, si fa viva una speranza, che davvero si possa tornare ad una condizione di vita sostenibile, in cui ciascun individuo, ciascun popolo possa trovare il proprio status di “umanità felice” (ci esaltiamo lungo i meridiani / per ogni lingua viva come bella s’accende / quando si contamina / e si esulta / nel riconoscere la madre in ogni terra / e fratelli su ogni terra uguali)…

Questo avanzamento delle poesie verso una speranza che non deluda è colto attraverso l’accrescimento dell’enfasi, quel che in poesia è definito climax ascendente, appunto, e che qui prosegue con intensità sempre maggiore di poesia in poesia, dall’una all’altra delle tre sezioni del libro. Con questa modalità espressiva la poetessa vuole mettere in evidenza una sorta di “grido” della sua anima, affinché le sue parole vengano ascoltate e stimolino riflessioni. E affinché ne conseguano azioni coerenti.

Non sempre si trovano tanta determinazione e tanta partecipazione emotiva in libri di poesie che abbiano un fine di così alto livello, nonostante la conoscenza dei problemi attuali del nostro mondo sia ormai alla portata di tutti.
Inversamente, si potrebbe dire che la Ferramosca abbia colto il bisogno profondo degli esseri umani più consapevoli che tuttavia non possiedono gli strumenti per mettere ordine nella loro confusa percezione e abbia voluto dar loro voce.

Annamaria Ferramosca adegua perfino il suo linguaggio poetico allo scopo che persegue e che vorrebbe conseguire. In questa raccolta poetica prevale infatti la chiarezza espressiva, proprio per riuscire a raggiungere la mente e il cuore di quanti più lettori sia possibile, perché la consapevolezza delle nostre azioni si allarghi come in cerchi concentrici, come accade all’acqua quando vi si lanci dentro un sasso.
Ecco, le poesie sono i sassi, ma sono anche precisi segni, accesi in tutta la loro luminosità, perché quel che si è mostrato alla poetessa come indice di attenzione possa essere visto e sentito anche da chi voglia capire e interpretare la realtà in cui vive, anche se in modo indiretto, leggendo le rappresentazioni che la poetessa porge con l’insieme dei suoi versi poetici.

E, nel caso specifico di questa raccolta, si tratta di poesie pensate, sofferte, vissute. E come tali raggiungono chi le legge.

(4 marzo 2022)

fare tabula rasa dei pensieri
affidarsi al buio
con la sicurezza dei ciechi

sostare ad ogni angolo della notte
afferrare i lumi al baluginare dell’alba
sulla bocca delle sorgenti
nel luccichio delle nascite

verrà l’oceano
verranno le sue vele
saremo nuovi per nuovi continenti


vedere chiare feroci le nostre solitudini
molecole disaggregata ancora
qualcuno strappa i legami covalenti ancora
la vista si oscura

reagire agli urti come fossero incontri
seguire empatiche direzioni automatiche
– voli in stormo come istinti del nido –
accogliere in gioia i suoni multilingue
quando si traducono solo sfiorandosi
e rifondano città
altrimenti

saremo sirene disperate
aggrappate ai fianchi delle navi
a soffiare note strozzate
sui naviganti legati al palo
storditi dal nostro sperdimento
d’essere solo schiuma d’onde
rumore di risacca


quel flauto di Pan suonava
come retrocedendo nel tempo
chi ascoltava ne era trapassato
sentiva di scivolare
in una terra diafana
di boschi di nidi
dove minimi fuochi
accendono desideri

ritornare là nello spazio bianco
dove il primo flauto era nato
e cantava
già prima di nascere


terra domani

mi dici ho visto in sogno il futuro
come da un’astronave guardavo
la terra venire incontro al suo domani

a tratti s’illuminava tra i rami
di lanterne voci onde vivide
da una mappa poetica sonora
(dal brusio emerge ogni voce
E nitida dice con lance di senso)

e i visi i visi di noi futuri
occhi e capelli lucenti
pelle ibrido-bruna

e le note le note
non più distinte ma
divenute paesaggio
bosco che scivola nella città
savana fusa nel villaggio

vedere caprioli in corsa
su autostrade deserte
e lupe venute a partorire
negli hangar silenziosi

sentire feroce il sole ridere
di noi umani confusi reclusi
a schivare corpuscoli armati
ad attendere lentissima
la chiarezza

 

 

Annamaria Ferramosca è nata in Salento e vive a Roma, dove ha lavorato come biologa docente e ricercatrice, ricoprendo al contempo l’incarico di cultrice di Letteratura Italiana per alcuni anni presso l’Università RomaTre. Ha all’attivo collaborazioni e contributi creativi e critici con varie riviste nazionali e internazionali e in rete con vari siti italiani di poesia.
Ha pubblicato in poesia: Andare per salti, Arcipelago Itaca (Premio Arcipelago Itaca, selezione Premio Elio Pagliarani, Premio “Una vita in poesia” al Lorenzo Montano2020, finalista al Premio Guido Gozzano e al Premio Europa in Versi); Other Signs, Other Circles – Selected Poems 1990-2008, volume antologico di percorso edito da Chelsea Editions di New York per la collana Poeti Italiani Contemporanei Tradotti, a cura di Anamaría Crowe Serrano e Riccardo Duranti ( Premio Città di Cattolica); Curve di livello, Marsilio (Premio Astrolabio, finalista ai Premi: Camaiore, LericiPea, Giovanni Pascoli, Lorenzo Montano); Trittici – Il segno e la parola,DotcomPress; Ciclica, La Vita Felice; Paso Doble, coautrice la poetessa irlandese Anamaria Crowe Serrano, Empiria; La Poesia Anima Mundi, monografia a cura di Gianmario Lucini, con i Canti della prossimità, puntoacapo; Porte/Doors, Edizioni del Leone (Premio Internazionale Forum-Den Haag); Il versante vero, Fermenti (Premio Opera Prima Aldo Contini Bonacossi).
Ha curato la versione poetica italiana del libro antologico del poeta rumeno Gheorghe Vidican 3D- Poesie 2003-2013, CFR (Premio Accademia di Romania per la traduzione).
Sue poesie appaiono in numerose antologie e volumi collettanei e sono state tradotte, oltre che in inglese,in rumeno, greco, francese, tedesco, spagnolo, albanese, turco, arabo.

Un’ampia rassegna bibliografica con recensioni critiche è nel sito personale www.annamariaferramosca.it

Franca Alaimo

13 novembre 2021

 

 

 

 

 

 

 

 

                                                                                                                                       

                                                                                      

Il tuo “sacro cuore” è un canto totale dedicato all’amore, quello che hai felicemente vissuto e che per traslato ci appare come amore universale, quello senza ombre, quello che accade tra gli umani come naturale, semplice, pura vita. E tu rappresenti e fai pulsare il fuoco dell’eros in versi affabulanti di straordinaria bellezza, dagli echi saffici. È davvero raro trovare testi in cui l’eros è così traboccante di gioia fisica, ma che pure diviene totale pienezza di corpo-mente.

Deve essere stata una felice esperienza raccontare in poesia l’intero tuo rito di passaggio, da bimba cui sfugge l’amore materno, quasi scostante e dissacrante del mondo, che attraversa il tempo del tenero amore bambino, poi da adolescente scoprire il menarca, quel divenire donna, di cui ti sei sentita subito fiera, nonostante i cupi pensieri materni. E intanto il cuore. Quel cuore che dilata e palpita, “fa chiasso” presentendo l’universo della vita che di fuori aspetta, soprattutto, sì, quell’incontro che già ti colma di tremore. Incontro che accade, come è naturale che accada, e si ripete tante e tante volte, per desiderio e fame di completezza e per tua fortuna, con un lui che ogni volta ti colma di tenerezza.

Così la sapienza insita nell’amore corrisposto ti fa rompere i falsi argini dell’educazione religiosa, ti fa assaporare la verità definitiva dell’amore vero che giustifica se stesso, è sempre senza colpa.

E straordinarie nella descrizione si susseguono le scene luminose degli incontri, del desiderio che incendia, sempre insaziato. Pure si resta ammirati, sapendo della tua profonda cultura classica, di fronte a quel tuo inaspettato pensiero che vede il dio (cattolico) giudicante farsi a un tratto dio del mito, quell’impenitente Zeus che immagini prendere le sembianze del ragazzo che ti ama, per gioire del tuo corpo. È mitopoiesi, balzo nella dimensione del mito, che rende universale l’evento amoroso, è la voce del sacro che sentiamo inondare ogni moto del corpo e del cuore. Cuore che -appunto- in questo luminoso senso, è un sacro cuore.

Annamaria Ferramosca

 

 

*

Qualunque fosse il luogo

avevo sempre paura.

Pensavo che prima o poi

sarebbe passato Dio

in persona, e raccoglievo

i vestiti per coprirmi

in fretta il pube e il seno.

Che cosa gli avrei detto?

Non c’era nemmeno

un albero di mele

con il serpente cattivo nei dintorni.

Ma lui non venne mai

e cominciai a immaginare

che si nascondesse

nei corpi dei ragazzi

per amarmi

come avevano fatto

tutti gli dei pagani.

 

*

Il mio ragazzo

che abbraccio senza luna

e senza lampada

ha un corpo infinito.

Il bacio cade nel vuoto

ma io respiro

il volo dei capelli,

l’acqua profumata delle ascelle.

Molti i fiori e ampio il mare

che lui mi rotola nel grembo.

 

 

 

Franca Alaimo esordisce come poeta nel 1991 con Impossibile Luna (Antigruppo Ed.) a cui sono seguite altre sedici sillogi, le più recenti delle quali: sacro cuore (Ladolfi Ed.) e Oltre il bordo (Macabor Ed.). Nel gennaio del ’22 pubblicherà con InternoLibri 7 poemetti, con la prefazione di Giovanna Rosadini. Nel 2020 l’editrice Macabor le ha dedicato un’antologia di testi seguiti da schede critiche redatte da poeti quali: Calandrone, Rosadini, Fo, Puccini e molti altri. Ha pubblicato cinque saggi critici (Cara, Luisi, T. Romano, Rescigno, V. Fabra), e tradotto dall’inglese due sillogi di Peter Russell. E’ presente in molte antologie (Newton Compton, LietoColle, Aragno, L’Arca Felice, etc…), riviste (Poesia, Atelier, Il Portolano, etc), blog, e storie della letteratura contemporanea. Nel 2018 ha curato l’antologia di poesia internazionale L’Eros e il corpo (Ladolfi Ed.) e una scelta  di alcuni fra i testi inediti di Gianni Rescigno per Bastogi Editore. E’ autrice di tre romanzi. Alcuni suoi testi sono stati tradotti in altre lingue.

 

Annamaria Ferramosca

2 luglio 2021

Per segni accesi  di Annamaria Ferramosca, Giuliano Ladolfi Editore, 2021

                                         

                                             

Leggere la poesia di Annamaria Ferramosca è come avanzare attraverso prodigi luminosi, rapimenti d’amore e segnali di fuoco apocalittici, ché di profezia e accensione immaginativa e consapevolezza della desertificazione dei sentimenti ustionati dal male e dalla miopia dei tempi essa si nutre.

L’autrice, come una Sibilla contemporanea, trascina la lingua verso uno slancio totalizzante, allo stesso tempo mistico e sensuale, abbracciando l’alto e il basso, la purezza celeste e l’imperfetto dell’amore umano, tracciando un itinerario di gradazione ora ascendente ora discendente, intanto che viene disseminando segni ed immagini simboliche di forte e multipla pregnanza semantica.

Da una parte “le cadute e le polveri”, dall’altra “i lumi le ricostruzioni”; nel mare “la morte che galleggia”,  nella terra “il luccichio delle nascite”; e il sogno delle terre del Nord e del mare di mezzo ora che sono sparite “le rose leggendarie” e il mondo fa ombra.

La reiterata presenza di bambini e bambine, che giocano, che chiedono ripetutamente il perché del male (perché i fuochi incendiano  i ponti crollano / le parole non parlano  perché), che compiono minimi ed emblematici gesti d’amore come disporre briciole in terra / lungo la fila delle formiche, racconta il desiderio e la necessità di un mondo iniziale, rinnovato dalla capacità redentrice della sorgiva parola umana.

Allo stesso modo nei film di Fellini si stagliano al di sopra e al di là del male e della corruzione, il piccolo pifferaio in “8½” o i bimbi che affermano di avere visto la Vergine Maria in “La dolce vita”.

Si avverte anche la presenza archetipale della luce, specie albale, come elemento necessario e alla costruzione di nuovi continenti e di una nuova umanità e alla dimensione visionaria e metafisica, secondo un tòpos ampiamente collaudato nella letteratura, a cominciare da Dante.

Tutto questo sembrerebbe coincidere con un atteggiamento d’astrazione, quando invece è da una profonda consapevolezza che sgorga il sogno di purificazione; così che, nonostante la materia non appaia prettamente storica, l’argomentazione si basa su parole-chiave di significato sociale, come “insieme”, “accanto”, “noi”, “fratelli”, che prefigurano un’umanità cementata dalla compassione, concepita, quest’ultima, tanto in senso attivo di cum-pati, quanto in senso ricettivo, in una rilkiana accettazione del Tutto, dalla “nascitamistero”  fino all’enigma dell’ultimo buio.

Lo sguardo e il canto arretrano fino all’archetipo e accolgono il mito come «modalità più segreta dell’essere», secondo la lezione di Mircea Eliade. L’infanzia stessa si fa  mito in cui rintracciare memorie e sentimenti remoti, grazia e innocenza; figura del risorgere ciclico e gioioso,/ ché siamo tutti – fogliepietreanimali- / fatti della stessa sostanza luminosa / promessa inesauribile di un’alba; ed ecco che all’alba l’albero-dea Mirra partorisce il piccolo Adone dalle guance rosa, il quale non piange, ma sorride perché mai piange un mito d’amore.

La centralità del linguaggio, quasi sia esso stesso una sorta di correlativo oggettivo, si avverte in modo palese nella sovrabbondanza di parole composte, che non solo sembrano inseguire gli scatti visionari dell’autrice, ma trasformano i significanti in icone volte a ribadire l’agognata unità fra le molte lingue degli esistenti e fra quest’ultimi: e quell’ insieme camminiamo  insieme andiamo generano “l’oltreorizzonte” “sempreverdi” “sabbialuce”, se è vero che il dire è sostanza di vita.

In questo modo Annamaria Ferramosca recita l’atto di fede nella Poesia: libero volo  compassione  occhio / testimone del vento  del tempo // sintonizzarci sulla sua frequenza // provare a tradurre qualche lembo / della sua densa leggerezza / in segni vivi  pure imperfetti / poter salvare il suo silenzio / l’invisibile sua lingua inarresa”.

         E, dunque, nonostante i guasti e il dolore e i “disincontri”, la Ferramosca ci lascia un’affermazione di fiducia nell’umano dell’Uomo e nella funzione salvifica della poesia che di slancio supera il tempo lineare per approdare a un mondo ricomposto, non però ad un’utopia, a un non-luogo, ma a un’immaginazione feconda, ricca di  segni accesi, capaci di allontanare le tenebre.

Franca Alaimo

26 Giugno 2021

 

Dalla sezione  “ le origini l’andare “
                       

cantano i bambini ninnenanne

all’incontrario piccole storie senza finale

lanterne e trottole serene ad ogni giro

giochi ai quattro cantoni del mondo

mentre l’umano s’allontana   muto

alle domande infantili che squillano

perché i fuochi incendiano   i ponti crollano

le parole non parlano   perché?

 

sulle ginocchia rimarginano

veloci le ferite dei giochi

e si fa festa abbracciando gli alberi

mettendo corone di foglie sulla fronte

e non smette di raccontare storie Sheerazade

per ore e ore

finché tutto non sia compreso

caduto il velo   poi

ci si può addormentare
                            

***

perché sempre ubbidire

perché non nascondere il capo

nel sacchetto del pane

all’accostarsi solenne dell’angelo

a quel suo eterno gesto di creta azzurrina

basterebbe arginare le folate del manto

deviare in un crepaccio il soffio ardente

basterebbe cercare una falda vicina alla casa

– acqua di prossimità –

per cementare ogni crepa sul muro

chiedere un prodigio diverso se

non i pani ma i muri si moltiplicano

muri a secco

di compassione

non hanno mai riparato

né un rovo né un geco dagli incendi

è un fiume amaro a sprofondare

carsico in petto   lasciando allo scoperto

sedimenti incoerenti

domandepietre
                 
                           

***

Dalla sezione  “ i lumi i cerchi ”

 

fare tabula rasa dei pensieri

affidarsi al buio

con la sicurezza dei ciechi

sostare ad ogni angolo della notte

afferrare i lumi al baluginare dell’alba

sulla bocca delle sorgenti

nel luccichio delle nascite

verrà l’oceano

verranno le sue vele

saremo nuovi per nuovi continenti
                         

***

respiro mare

in questo spazio al sud

d’acqua e silenzio

dove la riva affabula

di vita in senso senza

bisogno di parole

alto mi assale il sole

dorme bassa la luna

nel suo letto di scogli

qui dove nessuno può insabbiare

l’impronta chiara degli onesti

la follia saggia dei sognatori

dove bambini scalzi

ancora pescano l’azzurro con

ami di pane

                             

***

Dalla sezione “per segni accesi ”

l’albero-dea Mirra ha partorito all’alba

cade il piccolo Adone dalle guance rosa

sul tappeto di foglie

sorride   non piange

mai piange un mito d’amore

semmai balbetta innamorato

ai morsi di mela

già mi ha conquistato

a lui s’inchina il bosco

divenuto sacro

gonfia in fermento l’humus brillante

schizzano via le cupole alle ghiande

lui audace corre

nel rito di passaggio

splende audace in sudore

corre nel mondo e non ha porto

sempre lo inseguo lo raggiungo lo blocco

sempre lo trovo senza passaporto

                                   

                                

Annamaria Ferramosca è nata in Salento e vive a Roma, dove ha lavorato come biologa docente e ricercatrice, ricoprendo al contempo l’incarico di cultrice di Letteratura Italiana per alcuni anni presso l’Università RomaTre. Ha all’attivo collaborazioni e contributi creativi e critici con varie riviste nazionali e internazionali e in rete con vari siti italiani di poesia.
Ha pubblicato in poesia: Andare per salti, Arcipelago Itaca (Premio Arcipelago Itaca, selezione Premio Elio Pagliarani, Premio “Una vita in poesia” al Lorenzo Montano2020, finalista al Premio Guido Gozzano e al Premio Europa in Versi); Other Signs, Other Circles – Selected Poems 1990-2008, volume antologico di percorso edito da Chelsea Editions di New York per la collana Poeti Italiani Contemporanei Tradotti, a cura di Anamaría Crowe Serrano e Riccardo Duranti ( Premio Città di Cattolica); Curve di livello, Marsilio (Premio Astrolabio, finalista ai Premi: Camaiore, LericiPea, Giovanni Pascoli, Lorenzo Montano); Trittici – Il segno e la parola,DotcomPress; Ciclica, La Vita Felice; Paso Doble, coautrice la poetessa irlandese Anamaria Crowe Serrano, Empiria; La Poesia Anima Mundi, monografia a cura di Gianmario Lucini, con i Canti della prossimità, puntoacapo; Porte/Doors, Edizioni del Leone (Premio Internazionale Forum-Den Haag); Il versante vero, Fermenti (Premio Opera Prima Aldo Contini Bonacossi).
Ha curato la versione poetica italiana del libro antologico del poeta rumeno Gheorghe Vidican 3D- Poesie 2003-2013, CFR (Premio Accademia di Romania per la traduzione).
Sue poesie appaiono in numerose antologie e volumi collettanei e sono state tradotte, oltre che in inglese,in rumeno, greco, francese, tedesco, spagnolo, albanese, turco, arabo.

Un’ampia rassegna bibliografica con recensioni critiche è nel sito personale www.annamariaferramosca.it

                                             
                                    

                             

 

 

Trittici – Annamaria Ferramosca

18 febbraio 2019

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Quando Annamaria mi comunicò che aveva tratto da alcune mie immagini ispirazione per i suoi versi, ne fui felicemente sorpresa; lo fui ancora di più nel leggere in anteprima la poesia scaturita da “Il Volo”: la sua capacità di trarre dal segno il compendio di una vita, il suo sguardo che tramutava forme in parole, in un coinvolgimento artistico e sororale, mi commosse profondamente.

Il suo progetto mi piacque moltissimo, felice che le mie opere fossero accostate a quelle di Frida Kahlo, Modigliani, Laglia,  felice che dai colori prendessero vita le sue parole, e che da un’arte visiva ne scaturisse un’altra di così densa espressività.
[…]
continua

 

 

Annamaria Ferramosca

12 febbraio 2018

riproposte

 

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https://giardinodeipoeti.wordpress.com/2016/09/01/annamaria-ferramosca-trittici/

Annamaria Ferramosca

1 Maggio 2017

Titolo: Andare per salti
Autore: Annamaria Ferramosca
Editore: Arcipelago itaca
Collana: Collana Mari Interni

Pagine: 80
Anno: 2017

recensioni  http://www.carteggiletterari.it/2017/03/27/i-luoghi-e-le-scritture-rubrica-di-antonio-devicienti-su-andar-per-salti-di-annamaria-ferramosca/


 

Andare per salti, titolo che mi fa pensare a una sfida ipotetica di lettori all’assalto di una libreria: lettori appassionati che pur di leggere poesia fanno la coda per accaparrarsi le offerte migliori.

E la raccolta di Annamaria Ferramosca merita questa attesa, è una poesia viva, ispirata dalla vita nei suoi molteplici risvolti, esperenziali e metafisici. Una poesia che si svolge nelle ore e nei giorni, che cerca il senso nelle piccole e grandi cose. Le riflessioni di una mente alla ricerca del senso più alto della propria e altrui esistenza.

[…]

nessuno è reale piove sempre
nella pioggia sbavano i segni
ma le pagine accidenti quelle sono
insperate di bellezza
disperante bellezza irraggiungibile

[…]

così mi lascio vivere
un vivere piccolo semplice che almeno
un po’faccia coesione 
un rimpicciolirmi come
di seme tra i semi

 

Questa poesia è testimonianza dello spirito, navigazione a vista tra luoghi di memoria e luoghi di incontro, un’immersione nella profondità dell’attenzione emozionale ma anche analisi di un’intelligenza proteiforme, libera di mostrarsi e di mostrare oscurità e luce, con voce propria, originale,  paragonabile alle grandi voci della letteratura e della filosofia.

 

[…]

tanto sprovveduto è stato l’attraversare
il rombo delle strade senza avvertire
i passi accanto gli urti gentili

 

La mente che nell’attraversamento delle difficoltà quotidiane non si lascia travolgere, anzi, sa coglierne “l’urto gentile”, e chi, se non un poeta, può trarre dal dolore lo stupore, cogliere in uno scontro la leggerezza di un accostamento delicato.

Entrare nella poetica dell’Autrice è andare incontro a un sorprendente mondo variegato, è spaziare tra sogno e realtà, immergersi nella profondità di un pensiero policromo, in un guizzante alternarsi tra la concreta osservazione della vicenda umana e la consapevolezza, talvolta inquietante, dell’essere mistero. Da qui il linguaggio che si fa chiarore, che illumina  la mente con la sua poesia.
                                                                                                                                                                  c.b.

 

ai vivi resta in mano
incorrotto un ramo
aspirazioni e sogni da sfogliare

Annamaria Ferramosca “TRITTICI”

1 settembre 2016

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Quando Annamaria mi comunicò che aveva tratto da alcune mie immagini ispirazione per i suoi versi, ne fui felicemente sorpresa; lo fui ancora di più nel leggere in anteprima la poesia scaturita da “Il Volo”: la sua capacità di trarre dal segno il compendio di una vita, il suo sguardo che tramutava forme in parole, in un coinvolgimento artistico e sororale, mi commosse profondamente.

Il suo progetto mi piacque moltissimo, felice che le mie opere fossero accostate a quelle  di Frida Kahlo, Modigliani, Laglia,  felice che dai colori prendessero vita le sue parole, e che da un’arte visiva ne scaturisse un’altra di così densa espressività.

Questa plaquette ne è la realizzazione  che racchiude, letteralmente, la policromia delle forme e l’arcobaleno del verso, un volumetto prezioso nella sua veste grafica e materica, come ne dice con passione e competenza Antonio Devicienti  nella sua splendida recensione su Carteggi letterari, recensione che invito a leggere perché esaustiva oltre che appassionata.

Nello sfogliare le pagine ho avuto la sensazione che queste si dilatassero in spazi espositivi di un piccolo, ma straordinario, magico museo, misteriosamente variopinto e animato.

Un luogo in cui si può scoprire d’essere, contemporaneamente, bambini attratti dalle luci e adulti  in ammirazione estatica.

Le mie impressioni di lettura sono dettate non solo dalla stima che ho per lei come poeta, ma anche dall’amicizia che ci lega, perché Annamaria è una persona speciale, attenta e generosa, uno spirito libero che spazia alla ricerca del bello, che le fa scoprire nelle altrui espressioni artistiche coloriture esistenziali, che le permette di trasformare la visione in parola, come in un processo alchemico: la sua mente un atanor in cui si fondono elementi diversi e variegati per essere trasmutati nell’oro della poesia.

cristina bove

                                
                                

 

 

“Esporre il proprio io al contagio di un altro io perché scaturisca un noi senza precedenti, una pluralità umana solo transitoriamente oggettivata nella figura creata dagli artisti”
(dalla prefazione di Maria Teresa Ciammaruconi)

                                        

                                                      

_______________________

in magnetico ascolto del mio colore
stai traducendo questa rassegnazione
ti parlo in silenzio azzurro senza pupille
[…] Pag 11
(Amedeo Modigliani –Elvira che riposa a un tavolo)

 

 

[…] il viso per metà iluminato
di una luna stranita
semisapiente luna
che per metà mi stordisce d’estro
per metà solleva le acque
[…] pag 23
(Frida Kahlo –l’amoroso abbraccio del’universo, ecc…)

 

                               

[…] e voci calde dei raggi dietro le nuvole
inconsapevoli di irradiare amore
lei sospesa nell’ascolto battente
– la pioggia scandisce sillabe sul tetto –
[…] pag 27
(Cristina Bove – Il volo- computer Art)

                                   

[…] il sogno è un muro bianco
che mi separa da me stessa
aspetto che dilegui
resto seduta disarticolata
in pianto trattenuto
[…] pag 39
(Antonio Laglia – Claudia, pastello su carta 1981)

__________________________

                                        
                                      

L’autrice dei testi

Annamaria Ferramosca
Nata a Tricase, da molti anni vive a Roma, dove, in contemporanea con la dedizione alla scrittura poetica,ha lavorato come biologa nutrizionista nella ricerca. Ha ricoperto l’incarico di cultrice di Letteratura italianaall’Università Roma3. Fa parte della redazione del portale poesia2punto0.com, dove cura la rubrica non autoreferenziale Poesia Condivisa, di cui è ideatrice.
Finalista ai premi Camaiore, LericiPea, Pascoli, Lorenzo Montano, è vincitrice dei premi Astrolabio, Guido Gozzano, Renato Giorgi. La sua voce registrata è inclusa nell’Archivio delle voci dei Poeti di Firenze.
Ha pubblicato nove raccolte di poesia, tra cui la più recente è la plaquette d’arte Trittici—Il segno e la parola, DotcomPress Edizioni. E’ del 2014 Ciclica, La Vita Felice, collana Le voci Italiane, introduzione di Manuel Cohen.
Nel 2009 le è stato pubblicato, da Chelsea Editions di New York, il volume antologico bilingue Other Signs, Other Circles –Selected Poems 1990-2009, collana Poeti Italiani Contemporanei Tradotti, introduzione e traduzione di Anamaría Crowe Serrano.
Altre sue raccolte edite: Curve di livello, Marsilio, collana Elleffe, a cura di Cesare Ruffato, 2006, riedito in ebook (www.larecherche.it) nel 2014; Paso Doble, poesie a quattro mani in italiano e inglese, coautrice Anamaría Crowe Serrano, Empiria, 2006, traduzione di Riccardo Duranti; Porte / Doors, Edizioni del Leone, prefazione di Paolo Ruffilli e traduzione di A. C. Serrano e Riccardo Duranti, 2002; Porte di terra dormo, plaquette, Dialogo Libri, 2001; Il versante vero, Fermenti, introduzione di Plinio Perilli, 1999, riedito in ebook (www.larecherche.it)nel 2015.
Nel 2011 Gianmario Lucini cura per le edizioni puntoacapo il quaderno monografico La Poesia Anima Mundi, con la silloge Canti della prossimità e con cd di letture dell’autrice.
E’ autrice antologizzata e suoi testi sono apparsi in numerosi siti web di settore, come poesia2punto0.com; la dimora del tempo sospeso; blancdetanuque; poetry-wave-senecio; carte allineate; la poesia e lo spirito; arcipelagoitaca; l’estroverso; fili d’aquilone; sulle riviste italiane Poesia, La Clessidra, La Mosca di Milano, Le voci della Luna, e in traduzione, su riviste straniere: Gradiva; Italian Poetry Revue (USA), Fire; Poetry Wales (U.K.) Salzburg Revue (Austria), Poezia (Romania), Poiein (Grecia).
Ha curato di recente la versione poetica italiana di poesie scelte del poeta romeno Gheorghe Vidican nel volume 3D – Gheorghe Vidican—poesie 2003-2013, CFR, 2015. Per quest’opera è stata insignita del Diploma di Eccellenza dal Ministero della Cultura di Romania.
Ulteriori notizie, testi e recensioni su www.annamariaferramosca.it
Per contatti: ferrannam@gmail.com
___________________
                               
                                       

I quattro artisti

Amedeo Modigliani, (Livorno,1884– Parigi,1920), è stato pittore e scultore. Formatosi in Italia a Livorno poi a Firenze e Venezia, a 22 anni si trasferì a Parigi, dove si affermò soprattutto per i suoi ritratti femminili dai volti stilizzati e dal collo allungato.

Frida Kahlo, (Coyoacan, 1907 – 1954) è stata una pittrice messicana. E’ divenuta celebre per i suoi autoritratti ispirati alle tradizioni popolari precolombiane, con i quali, ricorrendo a figure tratte dalle civiltà native, intendeva affermare la propria identità messicana.

Cristina Bove, Nata nel 1942, vive a Roma dal ’63. Artista poliedrica, si occupa di pittura, scultura, arte digitale, fotografia, e scrittura. Ha pubblicato libri di poesia e narrativa e cura alcuni blog di poesia in rete.

Antonio Laglia, nato nel 1953, vive e lavora a Roma. Pittore della scuola romana, è stato allievo di Alberto Ziveri. Ha tenuto negli anni numerose mostre personali e conseguito importanti premi e riconoscimenti.

Annamaria Ferramosca

27 aprile 2015

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Ciclica – La Vita Felice, 2014

La poesia è un atto comunicativo orientato sul fronte personale (proviene da un io profondo, prorompente o a fatica sondabile che il pensiero adatta allo scopo) e si tende al lettore per la condivisione di un intimo colloquio. Nella poesia dunque la comunicazione è un atto non decorativo, è all’origine del suo stesso esistere, coglie le ombre laddove tutto sembrava chiaro e viceversa. Il titolo di questa opera di Annamaria Ferramosca, “Ciclica” dà ragione del percorso che essa compie, percorso impedito dalla realtà e dalle circostanze a sollevarsi, a farsi elicoidale, al quale non resta che chiudersi nella ciclicità.

continua a leggere…

Annamaria Ferramosca

25 novembre 2014

 

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La poesia è un atto comunicativo orientato sul fronte personale (proviene da un io profondo, prorompente o a fatica sondabile che il pensiero adatta allo scopo) e si tende al lettore per la condivisione di un intimo colloquio. Nella poesia dunque la comunicazione è un atto non decorativo, è all’origine del suo stesso esistere, coglie le ombre laddove tutto sembrava chiaro e viceversa. Il titolo di questa opera di Annamaria Ferramosca, “Ciclica” dà ragione del percorso che essa compie, percorso impedito dalla realtà e dalle circostanze a sollevarsi, a farsi elicoidale, al quale non resta che chiudersi nella ciclicità.
La poetessa si pone, soprattutto nella prima sezione, le domande che si sono posti tutti i poeti, a partire dai lirici greci; domande che, da quando l’uomo ha coscienza di sé, continua a porsi, sotto diverse e divergenti deviazioni e traiettorie: chi, cosa e perché e, naturalmente, ha scavato e scava a fondo dentro quel sentimento che potremmo definire originario: l’amore. E’ il mondo (più modestamente l’esistere che si declina in essere) che non può e non vuole farsi da parte e insiste a porci gli stessi quesiti. Nella nostra evoluzione abbiamo anche provato a fornire risposte esaustive, attraverso la religione soprattutto; filosofia, fisica e metafisica si sono rivelate dubbiose, contraddittorie e balbettanti.
Il poeta è un ascoltatore attento e un visionario; le parole sono strumento e sostanza, i suoni, le voci,  sono la realtà a cui partecipiamo, ma sempre più usurate, tanto che risulta necessario rifondarle, ricrearle, ornarle con metafore vive e vibranti, molto più vibranti dei correlati oggettivi. Non ho fatto riferimento al tempo, che anche in “Ciclica” scorre sottotraccia, compie lunghissimi balzi e/o avanza a passettini. Il tempo è la dimensione nella quale accadono gli eventi, personali e intimi, storici e non meno vicini perché sempre portatori di verità. Questo nostro tempo, avido e mercantile, ci costringe a restare in territori nebbiosi, a procedere a tentoni, fino a chiederci: “ per chi ancora resistere, durare ancora / di dura fine / fine hard disk.”
Dunque al tempo abbiamo permesso di manipolarci fino a trasformarci in ferraglia che diligentemente e stupidamente raccoglie le creature mondane, le miscela, svende in lucenti apparenze e poco gli importa delle identità, quasi fossero d’intralcio alla sua voracità “ di più ti amo / quando sul monitor mi lanci / inutile dire chi scrive vede di più / ha solo più dubbi.”
Annamaria parte da lontano, da una ricerca trascendente per giungere a dare una definizione della poesia calibratissima; da sempre sappiamo che la poesia non è un farmaco, ma abbiamo sperato un po’ tutti che allargasse la visione e non ci consentisse di confondere ulteriormente le acque, ci permettesse di moltiplicare i fili e di estenuare i percorsi. Infatti la conclusione di questa prima sezione rivela la capacità dell’autrice a cogliere le contraddizioni dell’esistenza e la sua impotenza a sanarle col suo sguardo fermo e pensiero saldo; il suo disorientamento è simile al nostro quando ci coglie l’ombra mentre ammiriamo il bello.
La seconda sezione porta per titolo “ANGELEZZE”, un neologismo adeguato, che ci trasporta in un mondo utopico di gentilezze, un vagheggiamento di comportamenti accoglienti, il solo modo per leggere le mappe della salvezza. Già la prima poesia si chiude con un proposito che si estende a chi vorrà farlo suo: “ devo/ far correre quest’idea sulla tua fronte / devo / e tu su altra fronte ancora / e ancora prima / che precipiti il sole”
La Ferramosca pronuncia in questa silloge un j’accuse chiaro sul sangue che gronda per avidità sulla terra e non riesce a concimarla: sarebbe così trascurabile il prezzo della pace. Ma il chiodo che si insinua è sempre lo stesso: dove sarà il verso dove?
Il verso dove forse è nelle due poesie che seguono, dedicate ai bambini, al parto, quando la madre si estingue e si fa immensa per donare la vita. E pure le poesie che seguono grondano di bellezza, della pienezza del poco, sono cornucopie di piccoli ardori, di gentilezze, sono quelle che fanno degna la vita.
Le poesie che seguono si occupano della lingua o, meglio, della parola che i tempi hanno corroso, contagiato con le malattie dell’avidità; un poeta non può non occuparsi del suo strumento di lavoro specie quando sente che stride, che non ha più forze e che rimbalza sui marciapiedi, negli ipermercati e si smarrisce; Annamaria vorrebbe curare la parola, estrarla dai miasmi, riportarla alla luce vergine e innocente, farla ritornare semplice e umile come un cesto di vimini. Nelle poesie di questa sezione si avverte che la lingua ha sollevato l’umanità e la poetessa ama la gente, ama la conquista delle vibratili sillabe, la comunità che sanno creare.
Tuttavia oggi ci ritroviamo alle origini, ai balbettii e alle primigenie domande, così il libro si conclude con una domanda che non si nasconde: “ ci sarà un punto segreto su cui far leva / dove affondano le radici / si assestano le fondamenta / termine di terra cielo confine limpido / dove culmina la vertigine ammicca il demone / da cui spiccare il volo / nella chiarità o nell’abisso?”
Lungo questo percorso speculativo Annamaria ha toccato eventi personali e figure cosmogoniche, quindi ha piegato la lingua e le parole a nuovi significati.
Il libro, di godibilissima lettura, ricco di chiare visioni, di nuovi semantemi, di riflessioni compiute sulla sua esperita verità con lo sguardo che coglie e rivela dietro le miserie lo splendore residuale, resta fra le opere più stimolanti nella produzione di questo nuovo millennio.

Narda Fattori

 

 

Ciclica           La Vita Felice, 2014, collana Le Voci Italiane
                          

dalla sezione Techne

 

scelgo mi piace e condivido
soltanto se
la posa non è teatrale se intravedo
il capo rasato sotto la pioggia
la stanza fiammeggiare
allontanarsi il punto cieco

l’urto mi chiedi l’urto ma
sei virtuale un’ipotesi una
finestra sul vuoto poi non so
quanto davvero vuoi
farti plurale
dimmi se chiami per conoscermi o solo
per riconoscerti
chiami chiami dai tetti
da eccentriche lune chiami da
nuvole pure dal basso chiami
voce di fango che mi macchia il petto
segna la fronte pure
si fa lacrima cristallo che
taglia il respiro

stiamo come in un rogo a far segni attraverso le fiamme
malferme sagome stordite da mille nomi
la lingua disartícola e l’audio
sarebbe comprensibile soltanto se
intorno il rumore attutisse
se fossimo
puro pensiero silenziopietra
statue serene dal sorriso arcaico
ai piedi un cartiglio e
                                 lampi negli occhi

                                  

trasporto in files

tutte quelle diapositive ormai pelle da macero
impallidite in pile
forme disperse disperate da deportare
in fili d’aria files

un laser ti trafigge inesorabile
ti copia-incolla eri
così smagrito avevi
occhi di pianto e sorridevi
la postura inchiodata dal clic non sapevi
di accecarmi
il tuo respiro per anni conservato
in raccoglitori di plastica
concluso

per quali occhi salvato il tuo calco?
per quale tempo del riepilogo? del senso?
chi svelerà il mistero di un sorriso etrusco?
tutto quel sole sulla pelle
e il cuore in ombra

per chi ancora resistere durare ancora
di dura fine
                        fine hard disk

***
                                 
                                     

dalla sezione Angelezze

remi per itaca


                           

E se la trovi povera, Itaca non ti ha illuso.
Sei diventato così aperto e saggio,
che avrai capito cosa vuol dire Itaca.
K. Kavafis

sarmenti dalle viti
in duello con l’aria
uno strappo deciso li stacca — dente bambino —
deve ac-cadere prima che il legno s’addensi
e animelle sulle biforcazioni
deboli getti anch’essi da allontanare
animule respinte
con rabbia lanciano la loro delusione in terra
strato dopo strato fino alla vigna-nadir
(all’altro orecchio del mondo
                                   tutto sarà compreso)

in questo braccio di appiantica un laerte
versa linfa nei rami si avverte
lo scroscio sottile lontani i remi di ulisse
l’angoscia l’esilio (qui la tortora ancora
sul nido a ripetere)

la casa è vicina alla cava di selce
perché sia graffito sul muro
il presagio vignarinascita
e sia compreso il tempo
compresi anche noi con il nostro
tozzo di paneolio e il bicchiere d’ebbrezza

la vita così simile a questa
nebbia etilica chiara di voci
il cielo rossoacceso
e in petto un’onda larga

così trascurabile
il prezzo della pace
                                  
                                     

alberi

non sappiamo di avere accanto mappe di salvezza
dispiegate nei rami
gli alberi sono bestie mitiche
invase dall’istinto fieri suggerimenti
restare accanto
non per generosità ma per pienezza
— intorno l’aria splende in rito di purità —
la terra tenere salda
perché sia quiete ai vivi

gli alberi hanno strani sistemi di inscenare la vita
prima di descrivere la morte
s’innalzano
con quei loro nomi di messaggeri
le vie tracciate sulle nervature
lo sgolare dei frutti
sii migliore del tuo tempo dicono

devo
far correre quest’idea sulla tua fronte
devo
e tu su altra fronte ancora
e ancora prima
                            che precipiti il sole

                         

                                

cartapesta

tutta quella polpa d’albero che attraversa le dita
fango stropicciato in attesa di un eden

un’animula addensa dentro la pasta
grida la nascita un nome
esige un’identità inattaccabile
nel segno dell’offerta
e l’abito giusto cerimoniale
anche se ha scelto d’essere un pastore
ancora senza gregge oppure
una raccoglitrice di frutta nel gesto di offrire
tre grappoli d’uva come gioielli

chiede un vestito dai toni caldi
durevoli
un vestito per piccole persone
che sanno come restare imperturbate
lungo il tempo dentro una ferma felicità

loro conoscono la Carta
la via l’approdo il verso dove
***

                             

Dalla sezione Urti Gentili
                          

sotto la nuova luna

è già notte artica sotto la nuova luna
luna che bruca interroga
quali parole restano per quale
sovrappiù di voce?

inflessibile lampada scandaglia
il fondo della retina nella rete s’impiglia
eco indistinta che martella voci
quale verginità di suono a spaccare il fondale?

sulla banchisa alla deriva l’orso
dondola il capo con moto autistico
nell’impaziente attesa della fine
nessuno accorre
al gridoghiaccio indurito in gola
all’ultima domanda nessuno
dalle città febbrili dai multipiani ciechi
dagli abitacoli che schizzano sulle autostrade

solo fruscii lontani oltre le dune
dall’erba rada e bassa
lenta nel crescere per ostinatezza del resistere
mentre lupi si azzannano
che più non riconoscono la stessa specie
nel bosco che sussulta
ingoia stelle come rimorsi

al largo
monta un fragore mediterraneo cupo
come di gorgo
si annega ancora sotto la nuova luna
in quel mare-di-mezzo che mediava
un tempo tra buio e luce
                                  
                                

mai più riproducibile o seriale
questa lingua vorrebbe solo arti-colare
bellezza tornare alla prima neve
all’origine sillabica del fiume
puro occhio

con la lingua vorrei solo esultare
soffrire delle cose sulle cose far luce
anche feroce — sventagliando laser —
o velarle le cose di compassione
coprirle scoprirle interrogarle
romperle corromperle
ammalarle infettandomi guarire
restandomi nella voce — irrimediabili —
i segni del contagio e della cura
                                        
                                      

urti gentili

mi manca la lingua mi manca
quella timidezza di vocali aperte
di zeta dolce nel grazie
un incurvarsi della voce in gola
come a piegarla fossero le pietre
salentine del ricordo o forse
una malinconia residua della nascita
ingorgo che resiste
allo sperpero del vivere

furore dei cieli di una volta
grida bianche dei dolmen che insistono
nel vedere il mattino sorgere
sulle rovine ogni volta
qualunque sia l’inclinazione della luce

                                          

mi manca quella strana paura
prima di ogni viaggio
come un sottile rifiuto della distanza
come di albero che impone alle radici
un limite all’espandersi e si concentra
sulla cura dei frutti

pure amo
tutto questo calpestio di genti nella città
l’impasto lento di animelingue
il rompersi dei meridiani l’inarcarsi dei ponti per
                    urti gentili
questo annodarci annodando
i cesti della fiducia con antiche dita

***

Ciclica è un libro aperto, parola sempre tesa all’incontro, in continua ri-costruzione. Chi volesse continuare il dialogo aperto su queste pagine, può scrivermi a ferrannam@gmail.com.

***

 

ANNAMARIA FERRAMOSCA
di origine salentina, da molti anni vive e lavora a Roma.
È stata per alcuni anni cultrice di Letteratura italiana all’università Roma3.
Ha collaborato con testi e note critiche alle riviste Poesia, Le Voci della Luna, La Mosca di Milano, La Clessidra, Gradiva e con vari siti web di settore, come blanc de ta nuque, Rebstein- La dimora del tempo sospeso, poiein. Fa parte da 4 anni della redazione del portale Poesia2punto0.com, dove è ideatrice e curatrice della rubrica non autoreferenziale Poesia Condivisa, che seleziona e diffonde nuova poesia italiana su proposta dei lettori.

Ciclica, edita da La Vita Felice per la collana Le Voci Italiane, è la sua settima raccolta di poesie(con nota critica di Manuel Cohen) booktrailer: https://www.youtube.com/watch?v=YhgOlqL-xN8
Altri libri di poesia pubblicati : Curve di Livello, 2006, Marsilio, pluripremiato, selezionato nella rosa del Camaiore, finalista ai Premi Pascoli, LericiPea, Lorenzo Montano. Ripubblicato di recente in e-Book da http://www.larecherche.it, è scaricabile gratuitamente.
                                
Per Empiria ha pubblicato Paso Doble, una raccolta di dual poems (poesie a 4 mani), coautrice la poetessa irlandese Anamaría Crowe Serrano, sua traduttrice in inglese. Porte / Doors, Edizioni del Leone, del 2002, tradotto da A.M.Serrano e Riccardo Duranti, è infatti in versione bilingue e ha avuto diffusione in area anglofona.
                                      
Nel 2009 le viene pubblicato a New York da Chelsea Editions un volume antologico di poesie edite con una raccolta inedita, dal titolo Other Signs, Other Circles, (Altri Segni, Altri Cerchi ) nella collana Poeti Italiani Contemporanei Tradotti, libro che ha ricevuto il Premio Città di Cattolica e recensioni anche su riviste americane (World Literature Today, Fire, Freeverse, Gradiva). La Poesia Anima Mundi, con una silloge inedita dal titolo Canti della prossimità, è una monografia completa curata dal critico Gianmario Lucini per puntoacapo nel 2011.
                                      
Quella di A.F. è voce inclusa e registrata nell’Archivio della voce dei Poeti , per Multimedia, di Firenze.
Per la poesia inedita A.F. ha ricevuto nel 2011 il Premio Guido Gozzano e nel 2012 il Premio Renato Giorgi. Suoi testi sono stati tradotti, oltre che in inglese, in francese, tedesco, greco, albanese, russo, romeno.

Annamaria Ferramosca

9 febbraio 2013

Che Annamaria Ferramosca abbia eletto come rifugio Marina Serra, ha influenzato non poco la mia percezione della sua poesia. Me la fa amare particolarmente (c’è tutto un immaginario della mia infanzia salentina legato a Marina Serra, con la sua torre d’avvistamento e la leggenda della Madonna dell’Assunta che ogni 15 agosto smuoveva le rocce e inghiottiva il malcapitato di turno). Leggo la poesia di Annamaria come un’onda di suoni, nel ritmo in cui si raccoglie e si apre, nella sospensione che crea (persino gli spazi tra le parole rispondono a un disegno armonico e Annamaria li traduce mirabilmente quando legge le sue poesie). Mare abitato da miti  e archetipi ma anche passaggio, ponte verso l’altro, “quando si scopre” come dice Franco Cassano, “che il confine non è un luogo dove il mondo finisce, ma quello dove i diversi si toccano”.

“Marina Serra. Assalto / di un’alba nitida, capace / di spingere i monti d’Albania/ fin qui, sotto il balcone/”, (da Mediterraneo in‘Curve di livello’).

Mare che si fa viatico, augurio, e “buona sorte” nel Salento vuol dire anche “grazie” (“bona sorta”), un grazie alla vita, la speranza che Annamaria pone in chi nasce, nelle nuove generazioni: “Così i bambini parlano impastando la terra/ con minimo dolore necessario”. Sono queste le coordinate che tracciano l’anima del mondo e si affidano alla nostra capacità di ascolto. E’ l’ascolto che permette di individuare le voci di dentro, costruire la memoria dal continuo divenire delle cose.

E non è un caso l’omaggio a Rainer Maria Rilke . Il flusso magmatico di Rilke che nell’ottava elegia s’interroga sulla nostra finitezza contrapposta all’eternità del mondo animale che non teme la morte, trova come controcanto l’anima mediterranea, con  le sue ferite, di cui Annamaria si fa partecipe con forza e consapevolezza.

Poesia dal grande impegno “ecologico”, che si sgancia dall’Io per farsi vissuto comune. Mondo-donna che si schiera e si leva come speranza di salvezza, inno-preghiera per una “madreterra” da amare e difendere.

Abele Longo

                   

Da Canti della Prossimità, silloge contenuta in
Quaderni di Poiein, n. 5, Annamaria Ferramosca La poesia “Anima mundi”, Edizioni puntoacapo, 2011.

                   

               di voce attesa

una specie di lamento sottile
un gemito piccolo di gioia
come un timbro distorto per l’iridescenza delle acque
è la voce embrionale che attraversa la bolla salina
risuona nelle vene alla madre
e preme e le canta la sua elementare infanzia
chiede di sfolgorare in concerto nel giorno
dell’uscita luminosa      quando
il minuscolo corpo verrà adagiato
sull’ addomepianeta che riconosce

l’emissione di onde alla madre si compie
per distacco di corone vocali sottili come aureole
e lei interpreta e trema e costruisce
un paesaggio di case-alberi-strade
divinazione al primo cammino
lei avvia un’assertiva preghiera
salute prima poi bellezza e buona sorte ex aequo

tutto accadrà dovrà accadere
per volontà- rito-destino
o solo
               per un in-cantamento

             

                        

***

      infravoci
( lungo le Gole di Celano)

come una vestizione rituale
la salita del greto         il tremendo
inizia già sulla bocca       in alveoli rupestri
antiche ossa d’uomo fuse alla pietra
come per un ritorno

lungo la marcia abbandonate a valle
parole opache di città
galleggiano le vive, torrentizie
nell’odore di muschio i grandi temi
ridursi a domande minime       a silenzio

il nostro vuoto è voragine
in verità vorremmo noi risarcire
alberi e pietre per il grande zero
di verbosenso
– il loro è tuono, di fronte a un balbettio –

questa dis-lingua che solo sa asserire
non penetra
il nodo siliceo, il chiaro di linfa
non traduce
la vena d’acqua che riga la terra
la curva dei rovi verso il sole
la perfezione lenta dello scarabeo
                    infravoci
( le foto svelano
retrosorrisi di foglia, leonardeschi )
voci incompatibili con il cumulo d’angoscia
che deborda dagli zaini, destinate
ad essere soltanto interpretate
per questo amate, per questo essere mute

vi offro ogni mio smunto colore
ogni mio grado termico ogni onda
in cambio imbrattatemi di polline i capelli
fatemi ramo spuntone di roccia
spirito di capriolo sul dirupo

***

                       

                       

da Curve di livello
Marsilio, Collana elleffe, 2006

Forse con una donna

Lasciarla far luce
con le sue lanterne, vigile
sulle alte mura trasparenti
lasciarla apparire e sparire
come lei vuole
dosare i richiami
perché possa appartarsi
in qualche sua giungla di luna

Forse con una donna
disperata di te, del tuo mondo
non serve dividere corone
meglio farsi esuli insieme
navigare con lei navicella lunare
approdare su placide ginecosfere
dove lei è dispensiera
di pane e parole

Forse con una donna
sentire più spesso stupore
che istupidimento, soprattutto
quando dalle macerie risorgono
lentamente i villaggi
illimpiditi dal pianto e lei
ricomincia a parlare alle rose

Forse con una donna
ridere insieme
della tua enfasi e imperfezione
lei complice custode
di pienezza e inquietudine
del riso e del pathos
che non debordi
nel suo patimento

Ti immerge
nella morbida offerta
tu colmo di lei le correnti
inverti al tuo mare, dissenti
dal banditore che eri
( ora più aperte sul mondo le porte )

           

***

        Sull’ottava elegia di Rilke

La casa ha finestre sul mare
per ricordare l’origine
il vortice la calma le vele millenarie
i ritorni che volgono in commiati
partenze per altri oceani

Il giardino ha pini d’aleppo e olivi
per ospitare chi non sa della morte:
insetti e uccelli, volpi
notturne, a volte – immobili-
guardano anch’esse il mare
come per un abbaglio misterioso
– gli animali mai fissano
la morte negli occhi –
noi l’abbiamo a fianco e miopi
vediamo il cielo accendersi di fuochi
e i luoghi dove
lei ciecamente piove

La rosa veloce sfoglia
in silenzio le spine si preparano
a penetrarci le carni
il mare a sommergere il disordine
gli abbracci misti a spari nonostante
l’angoscia suonata a stormo
dalle cicale sui rami

Dai pini volano
rondini al sud, imperturbate

***

da Porte/Doors
Edizioni del Leone, 2002

                  

Parlare come nascere

Voce che inseguo da più notti invano
Ne so bene l’attesa
e l’urto lancinante e l’onda
propagata lungo le strade a nord del cuore
Arriva
ed è squillo di bimba :
– Noi siamo come un violino, vero ?
Le parole
volano come la musica dalla bocca
e la lingua è l’archetto…
Ma se piango,
il legno del mio violino è come
un ramo sotto la pioggia?

Parlare come
nascere agli altri, ogni volta
venire
alla luce – bianca – dove
bianchezza è l’universo offerto delle note
brusio d’angeli sopra Berlino
sopra le regioni
fuori dal dubbio fuori dagli equivoci
Così i bambini parlano impastando la terra
col minimo dolore necessario

Parlare come
vivere con-dividere
ritmi segreti di qualche dio dei simboli
vibrazioni protette fino a un termine
dove la voce sarà oltremusica
pura illimite
si lascerà
talking about – parlar di tutto
whispering – sussurrare
missing – annullare, perfino
(rumore di rugiada nella notte)

Domani, domani, quando?
Oggi piove
sopra il legno dei rami
Una sola parola
può uccidere, ancora
Una nota
far tacere un violino

                   

***

           Ragno in goccia d’ambra

Se è vero
che la parola vera nasce dal silenzio
voglio tacere. Fino
ad un silenzio compulsivo
Dopo
Dopo lo sperpero dei segni, dopo
la purificazione delle stanze, spenta
l’ultima scintilla sullo schermo
soltanto pietre
da interrogare

Dure. Come irremovibili
speranze. Dure
come disperazioni
Scoprire l’atteggiarsi possibile
della bocca a grido
nel contagio dell’ambra che rafferma
un minimo urlo di Munch

Era
stella viva tra i rami
immobile nel possesso della ragnatela
signore dell’equilibrio nella fragilità
stratega del fulmineo, fulminato
Urlo nel tuo silenzio, taccio
nel tuo grido
ragno in goccia d’ambra

***

da Other Signs, Other Circles
(Altri Segni, Altri Cerchi)
Poesie edite e inedite 1990-2009
Chelsea Editions, New York , Series Contemporary Italian Poets in Translation, 2009
Introduzione e Traduzione di Anamaria Crowe Serrano

Una linguasilenzio felice larga piove

una linguasilenzio felice larga piove
penetra cantapetali dentro nel
dentro innocente sanguelinfahumus
permea senso senza
metallo che risuoni

da muro a muro da spina a spina
i dispersi al tocco sussultano si stringono
di fronte è la gelida notte
lontane le due torri come mammuth
emersi domani dalle nevi

ecco che galleggia sopra di me un Atlante
di sperdimento avvampa
così intensa la musica
ha forma d’arpa il telaio
tutti quei pesi di terracotta
a piombo come ghigliottine
ora stanno in levità di vibrafoni
nel primitivo piegarsi delle spighe
spose che vanno, culle
luce sul confine tra carezza e lama

abbiamo consegnato le ferite
insieme alle armi, preferito la festa
le lunghissime tavole sonore
il miele delle nozze diffuso
tornare nudi su terra nuda
farsi gola d’agnello mille volte
se occorre ancora sangue
per il gocciolio della fine

porte del mondo che ritornano alberi
città come campi da seminare
illuminati a regno piove
un silenzio-beatitudo
sonno infantile, lava che pietrifica

una fila di pietre da riscrivere
     

              

Annamaria Ferramosca è nata a Tricase (Lecce). Vive e lavora a Roma.
Sostiene e partecipa ad eventi di poesia abbinati alla solidarietà internazionale. Collabora da molti anni con testi e note critiche alle riviste Le Voci della Luna, La Mosca di Milano, La Clessidra.
Fa parte della redazione del portale Poesia2punto0.com, dove è ideatrice e curatrice della rubrica Poesia Condivisa http://www.poesia2punto0.com/category/poesia- condivisa/ e con vari siti di poesia in rete, tra cui clepsydraedizioni, che seleziona in anonimo nuova poesia italiana contemporanea.
Ha presieduto il Premio di Poesia De Palchi-Raiziss e fatto parte della giuria del Premio Davide Maria Turoldo.

Ha pubblicato in poesia:
Other Signs, Other Circles, raccolta antologica di poesie 1990-2009, Chelsea Editions, New York, collana Poeti Italiani Contemporanei Tradotti, 2009, Introduzione e Traduzione di Anamaría Crowe Serrano, Premio Città di Cattolica;
Curve di livello, Marsilio, 2006, Premio Astrolabio, Castrovillari-Pollino, Premio Int.le per l’Integrazione Culturale; finalista ai Premi Camaiore, Lerici Pea, Pascoli, San Fele, Montano;
Paso Doble, Empiria, 2006, raccolta di dual poems, coautrice Anamaría Crowe Serrano, traduzione inglese di Riccardo Duranti;
Porte / Doors, Edizioni del Leone, 2002, traduzione inglese di Anamaría Crowe Serrano e Riccardo Duranti, Premio Internazionale Forum-Den Haag;
Porte di terra dormo, Dialogo Libri, 2001
Il versante vero, Fermenti, 1999, Premio Opera Prima Aldo Contini-Bonacossi
Canti della prossimità, silloge contenuta in La Poesia Anima Mundi, quaderno monografico a cura di Gianmario Lucini, puntoacapo editrice, 2011.
Suoi testi sono inclusi nei volumi collettanei: Pugliamondo, 2010 e La Versione di Giuseppe, 2011, entrambi per le Ed.ni Accademia Terra d’Otranto-Neobar, e in Poeti e Poetiche, CFR, 2011.
Ha ricevuto nel 2011 il Premio Guido Gozzano e nel 2012 il Premio Renato Giorgi per la poesia inedita.

Testi ed interventi critici sulla sua scrittura appaiono su numerose riviste, tra cui Poesia, Hebenon, Gradiva, Italian Poetry Review, La Mosca di Milano, La Clessidra, L’immaginazione, Le Voci della Luna, Poiesis, Pagine, e in traduzione inglese su: Freeverse, Gradiva, Italian Poetry Revue, World Literature Today, Salzburg Poetry review, Fire.

E’ inclusa nelle antologie: “L’altro Novecento”, 1999, “Appunti critici”, 2002, “Poeti italiani verso il nuovo millennio”,2002, “Inverse”, 2006, “ Tradizione e ricerca nella poesia Contemporanea”, 2008, Blanc de ta nuque- Uno sguardo dalla rete sulla poesia italiana Contemporanea (2006-2011),2011.

Hanno scritto sulla sua poesia: Donatella Bisutti, M. Grazia Calandrone, Marcello Carlino, Alfredo de Palchi, Donato Di Stasi, Marco Ercolani, Stefano Guglielmin, Giorgio Linguaglossa, Gianmario Lucini, Dante Maffia, Sandro Montalto, Gregory Pell, Plinio Perilli, Franco Romanò, Cesare Ruffato, Paolo Ruffilli, Fabio Simonelli, Donato Valli.

Testi di A. Ferramosca sono stati tradotti, oltre che in inglese, in francese, greco e albanese.

Testi, recensioni e commenti critici in rete su:
http://annamaria.ferramosca.literary.it ,
http://golfedombre.blogspot.it/2008/04/lanimale-la-poesia.html
http://golfedombre.blogspot.com/2011/10/annamaria-ferramosca.html
http://golfedombre.blogspot.it/2012/07/amferramosca-i-canti-della-prossimita.html
http://rebstein.wordpress.com/2008/03/14/luce-da-ognuno-a-tutti-i-annamaria-ferramosca/
http://rebstein.wordpress.com/2008/04/02/luce-da-ognuno-a-tutti-ii-annamaria-ferramosca/
http://rebstein.wordpress.com/2009/12/04/other-signs-other-circles-di-annamaria-ferramosca
http://rebstein.wordpress.com/2010/12/08/salvare-le-voci-le-mappe/
http://neobar.wordpress.com/2011/06/05/annamaria-ferramosca-canti-della-prossimita/#comments
http://neobar.wordpress.com/category/uncategorized/poesia/annamaria-ferramosca/
http://neobar.wordpress.com/2012/03/07/donne-e-scrittura-annamaria-ferramosca/#comment-6705
http://oboesommerso.splinder.com/tag/progetto+lettura+55+aferramosca (audio)
http://www.vicoacitillo.it/poetivc/ferramosca.pdf ;www.chiaradeluca.com/Annamaria Ferramoscahttp://cartescoperterecensionietesti.blogspot.com; http://english.chass.ncsu.edu/freeverse/Archives/Spring_2008/poems/A_Serrano.html