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Procede, s’insinua e incede, a passi di varia danza, per incisione o sfondamento, la savia ribellione di Cristina – conscia scissura e autonoma armonia – nell’equilibrio, esperto del bilico perenne, tra “il baleno della volpe argentata e il disossar parole”. Anna Maria Curci
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Sono poesie della distanza, dell’addio, del rimpianto, della consapevolezza. Tutto duole già stimato, filtrato, osservato bene. Si oppone ferma e vigile la resistenza di un cuore che batte oltre lo “schermo” di separazione fatta d’impossibilità: il tempo, lo spazio, il corpo come confine, frontiera con una lacerazione insormontabile che non può, non vuole, non deve tacere. Una terra di mezzo che si fa di nessuno, nemmeno della voce che acuta ne esce con un grido (modulato ma grondante di dolore). Liriche a distribuire per capi d’imputazione amore, bene, arbitrio, quello che concerne una vita che si fa vita di tutti. Doris Emilia Bragagnini
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Cadenze selvatiche
Le volpi hanno la tana
in luoghi d’ombre folte al nero seppia
costringeva la notte e andava scritto
indorando la pillola
a trangugiarla in fretta tra una spina di rovo
e un’assonanza aspra
sempre la stessa: ne ho confezioni piene
da terapia di giovinezza cronica
le volpi, si diceva, hanno la tana
a mezzanotte, è quella l’ora
basta un attimo dopo e il sottobosco
sparisce con un tuffo nella neve
____________ quelle argentate
han vita breve, finiscono in disparte
come piccole lune tra ramaglie
*
Dissezione
Non potrò dimostrare la scissura
che ci separa
una di me sfarfalla
e senza età senza quadri d’assieme
con occhi mare e guance di velluto
audace il piede danza
l’altra si accumula di neve
arranca sulla scala
________ ma non lo fare dicono
potresti traballare sui pioli
l’una che ride e si scatena a tempo
l’altra che accusa il tempo
non so quanto resisterò fra queste due
in bilico sul filo d’una lingua
sconquassata nel centro
pare facile dirlo in fondo è un muto
disossare parole
il centro è vuoto
*
Anima mia per tutto quell’azzurro
che non ti posso contenere in petto
il tempo non si adatta al tempo
la luce sopravanza alla sua luce
tu mi percorri d’apparenze immobili
mi declini nel verbo e nell’esistere
___________ è la linea che conta
e quanto più veloce s’allontana
quanto più non trattengo altro ricordo
più mi fiorisce in esistenze ignote
se mi disperderai
ossa per ossa – battiti di sangue
ti farò dono di serate docili
d’ombre sorprese dal precipitare
in zone di frontiera
il coraggio di vincere i miei anni
e amare ancora
*
Stanza come un teatro greco
Se per un giorno
uno soltanto che sono ancora bella ma non tanto
– ché le finestre specchiano il domani
in profezie di cedimenti –
se per un giorno
scrivessi a piuma d’oca le mie spalle quel tanto
da dirsene uno strano
settembre mai raggiunto
se per quel giorno
dovessi confessare un nome lancinante
usa ancora una maschera
ma sceglila che pianga nell’arena
come un dio disperato
un dio che muore
*
Pronuncerebbe se
di sera
ai custodi dell’età che incalza
tiene il discorso per metà
per l’altra ha piroette inventate lì per lì
guardala che s’impelaga la voce
ha ricadute in fissità
suona palude
proprio in questo momento che non sa
lo stratagemma del creare
avendone occasione se di fischiare accenna
trascrizione di versi in dettatura
non crederanno vera
se tentasse la via delle lavagne esperte
e in equazioni si esponesse
per quante spiegazioni avesse fiato
dai congiuntivi oppressa
si condizionerebbe a
l’arte della dimenticanza
*
Nessun traguardo, solo percorrenze
la distanza dai miei occhi ai miei piedi
è uno spazio infinito
dovrò passare sul mio corpo per
guadagnare l’uscita
semplice no? Basta atterrarmi
e invece d’afferrarmi alle giornate
abbandonare il sasso
il fuoco
il nugolo di cielo che m’incanta
e percorrermi tutta
– chissà quanto misura un’illusione –
oltre la mente affiora intanto un gesto
ravviare i capelli della luna
come fossero miei
è segnale d’arresto un reumatismo
anche un’indigestione
mi sovvengo di porri e peperoni
che non fanno poesia ma fanno il resto
e oso
farli complici esperti d’un addio
dalla testa all’ignoto
*
La mia faccia
poche o tante le strie non ha importanza
segnano i giorni d’ogni mio vissuto
non dico volto, quello sa di giro sul collo
io dico faccia
in questo mi rifletto, sono scritta di fronte
fino al mento
per chi volesse leggere.
Vedevo al molo di Posillipo
barche nuove con nomi sfavillanti
ma i fasciami di quelle capovolte
un senso di mistero alla bambina
e
come nei film rivisti tante volte
quando speri l’assurdo del cambio di finale
la volontà ridisegnava illogica
i colori del corpo nelle onde
adesso il viso.
*
Lathe biosas
Il sonno è parte della verità
disgiunge il corpo dai suoi vizi e virtù
l’innocenza è sparire.
La mia tunica ha trama di velario
sfalsa sulle caviglie
nel silenzio del passo.
Se poi la poesia è un’effige
una sequenza di parole in mostra
resto nascosta
sconosciuta a chi passa.
*
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Cristina Bove è nata a Napoli il 16 settembre 1942, vive a Roma dal ‘63. Ha cominciato da piccolissima a disegnare, a nutrire la passione per la lettura. In seguito si è dedicata alla pittura, alla scultura, e alla scrittura. Negli ultimi tempi si esprime soprattutto in poesia, molti suoi testi formano le sillogi di quattro raccolte già pubblicate. Scampata più volte alla morte, ha grande comprensione per chi soffre, nel fisico e nella psiche. Crede nella libertà e nella giustizia, pensa che il rispetto della diversità sia un valore fondante tra gli esseri umani e ne sia inestimabile ricchezza. È alla costante ricerca del significato di questo infinito mistero in cui si sente immersa e partecipe. Ama la vita, i suoi cari, e tutti gli esseri umani dal cuore buono e dalla mente aperta. Considera la poesia un linguaggio universale, l’esperanto dell’anima.
Scrivere è per lei una sorta di rispetto per la propria e altrui memoria, un fissare con la parola il pensiero affinché non si disperda, e renda sacralità alla vita.
Ha pubblicato tre raccolte di poesie per la casa editrice Il Foglio Letterario: Fiori e fulmini (2007), Il respiro della luna (2008), Attraversamenti verticali (2009).
Per la casa editrice Smasher Mi hanno detto di Ofelia (2012) e il romanzo Una per mille (2013) ,
L’ebook Metà del silenzio (2014) per le Edizioni PiBuk.
È presente in diverse antologie: Antologia di Poetarum Silva (a cura di Enzo Campi), Auroralia (a cura di Gaja Cenciarelli), La ricognizione del dolore (a cura di Pietro Pancamo), Antologia del Giardino dei poeti (a cura sua e di altri poeti). Sotto il cielo di Lampedusa – Annegati da respingimento (a cura di Pina Piccolo – Rayuela), Cronache da Rapa Nui (a cura di Gianmario Lucini – CFR edizioni)
E in alcuni siti, tra cui: La poesia e lo spirito, La dimora del tempo sospeso, blancdetanuque, Neobar, Filosofi per caso, Viadellebelledonne.
Il suo blog “ancorapoesia” e il suo “giardino dei poeti“.
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