La poesia di Marchetti è percossa dalla consapevolezza della fine. Battuta proprio da un vento, nero, che percorre le pagine di questo libro, breve e intenso.
Anche la gioia pare essere un provvisorio argine del nulla e di un dolore pervasivo che, da un già quasi profondo nuovo millennio, arriva a nominare la gozzaniana «culla vuota».
Dunque – veniamo stretti a chiederci – cos’è vivere e, soprattutto, a che vale vivere questi giorni, divisi dalla scure muta della notte?
E cos’è il vivere di questo corpo che si allunga, come un ponte esposto alle intemperie, tra buio e buio, senza legge morale e senza stelle?
Rispondendo al quesito esistenziale, senza però avere la pretesa di rispondere, Marchetti dissemina qui e là intenzioni e, più spesso, intuizioni liriche, che costruiscono, pagina dopo pagina, una costellazione di senso, l’attrito che ci dà l’impressione di esistere, pure nel vuoto, l’appiglio mentre scivoliamo, un pur esile arbusto di parole col fiato corto, che però vale.
Le parole ci fanno da stelle, dove le stelle mancano, dove manca la legge degli assoluti e siamo abbandonati in una solitudine morale. Le parole si aggregano come stelle, fanno scie luminose, tracciano una rotta possibile, nel buio profondo dentro il quale nasciamo.[…]
Dalla prefazione di
Maria Grazia Calandrone
Prologo:
Umi-Horatu
Intuizione-madre
di tutti i seni
abbracciami.
Come lucciole
(di mare)
accecami.
Ho poca sete
e labbra secche.
Le parole
C’è
– per amore del silenzio –
chi non grida
neppure la sete.
Ma il silenzio è breve
come tutti i sogni
vulnerabili
alle parole.
Insonnia
L’albero insonne
(a differenza di me)
in onore del buio
si astiene dal pianto.
Serviranno mani sconosciute
per chiudermi gli occhi.
Lapislazzuli
Controllo vertebrale
di scia.
Solo nuvole orizzontali
e piogge
verticali: un eremo schiva
gli incroci del destino?
Lapislazzuli fecondi
in lontananza
a far nascere la notte.
Dormendo insieme
Ognuno, tra le mani, stringe
una conchiglia, dove soffia
e custodisce la propria voce:
la parola è un segreto da non svelare.
Ci urtiamo senza toccarci, di notte
come se questo, delle cose,
fosse l’ordine naturale
come se ogni stella avesse
un cielo.
Caos
Per chi nasce dal caos è il vento
l’unica culla. Trovare
il confine tra le macerie:
è il pensiero che ci fa camminare…
ma verso dove?
Tutti intenti a sfregarsi
le mani, in questo inverno
muto, che sogna, dei fiori
la stagione da annunciare.
Liquido
Siamo qui, come sempre,
a scalfire il deserto
roccioso, il gambo
del fiore.
La vita si rovescia nell’imbuto.
Giulio Marchetti è nato a Roma nel 1982. Ha esordito in volume con Il sogno della vita (Novi Ligure, 2008), finalista al “Premio Carver” e segnalato con menzione speciale della giuria al Premio “Laurentum”.
Nel 2010 ha pubblicato, con prefazione di Paolo Ruffilli, Energia del vuoto (puntoacapo), seguita nel 2012 da La notte oscura (ibidem). Con Cieli immensi, tratta da quella raccolta, ha vinto il Premio “Laurentum”2011, sezione sms.
La notte oscura ha ottenuto il III posto al Premio Nazionale di Arti Letterarie “Città di Torino” e al Premio Internazionale “Tulliola” ed è stato finalista al Premio “Città di Sassari”.
Nel 2014 ha riunito le precedenti pubblicazioni e la sezione inedita Disastri nella raccolta Apologia del sublime (puntoacapo), segnalata al Premio “Città di Sassari”.
Nel 2015 ha pubblicato Ghiaccio nero (Ladolfi), premiato con menzione speciale di merito e medaglia d’onore al Premio Internazionale di poesia Don Luigi Di Liegro.
Con la poesia A metà, è stato inoltre selezionato per “Il fiore della poesia italiana” (tomo II – i contemporanei), un ambizioso progetto antologico che raccoglie il meglio della poesia italiana sotto la curatela di autorevoli esperti (puntoacapo, 2016).
Della sua poesia si è occupato, fra gli altri, il Prof. Gabriele La Porta, storico conduttore e direttore Rai.