Irene Sabetta da Inconcludendo (EscaMontage 2018) e tre inediti
Inconcludendo
Osservando con attenzione
il caleidoscopio sul davanzale
mi frango.
Ci sono mille e più ragioni
per essere così o così.
E altre mille per non esserlo affatto.
Dispendioso scegliere il pronome oggetto
per suffissarlo al verbo.
Non in ogni istante è possibile.
E poi c’è sempre tempo per.
Troppe, troppo poche persone
Ad ascoltarmi cantare dal palco.
E anche la scelta del femminile
o del maschile,
dell’avverbio o dell’aggettivo
non mi sembra cosa da poco.
Per non parlare delle quantità,
delle qualità, delle proprietà
e dei mutamenti fonetici.
Nella grattugia telematica
sciogliere inoltre il dilemma del prefisso:
im- in- o i-?
Nel segno del «dilemma del prefisso», Inconcludendo, plaquette di Irene Sabetta, acquista vigore là dove la forma poetica diventa epifania di ciò che vorrei chiamare ‘la dolente indolenza della contemporaneità’. È allora che, liberandosi dai grumi e dai tic incontrollati del tributo, la forma, divenuta più sorvegliata, sa fondere, di-vertire, mescidare e fecondamente mutare di senso e funzioni fenomenologie del quotidiano e incontri letterari – anch’essi, per molti versi, parte integrante del quotidiano dell’autrice, insegnante di lingua e letteratura inglese –, tanto da giungere a creare una interessante mitopoiesi, insieme familiare e straniante. A. M. Curci qui
*
tre inediti
Mezza estate
Quando a inizio estate
il corpo malato del mondo
esala odore d’acqua sfatta,
il cimitero è il luogo migliore
per passarci le vacanze.
Perché i morti ci aiutano
a capire
quello che Newton non ci ha spiegato.
Le stelle appuntate
alla volta buia del dormiveglia
pungono l’aria sul terrazzo
dove la cura dei gerani
lenisce la smania di capire.
Nel vuoto dell’estate
la sorpresa per la chiazza
di bagnato sull’asfalto
e la noia per la legge
del più forte
assediano le ore
postmeridiane
alla velocità oziosa
di un motore spento.
*
Palmarola
Il vuoto scavato
dal vento nelle rocce
ha la profondità
dell’ombelico
che moltiplica il centro
in un mulinello
di punti multiformi.
Capre e ginestre
intrecciano le rotte dei delfini
che sanno sempre dove andare
e i rami della vite e del mirto
fanno macchia con l’azzurro
del mare
che ci lega.
*
Sera d’estate
(lungo mare)
Quando il mare
sovrasta le tue minime
incerte possibilità di cognizione
e i racconti delle inondazioni
dilatano il tuo senso della vastità
oltre ogni limite consentito dallo spazio,
un’immagine sfocata ma ancora percepibile…
Quando la sera è più dolce di quella volta che…
(non parlarne con nessuno).
E ti cerchi e non ti trovi
ma l’aria intorno profuma di te e dei tuoi sogni,
allora è là che ti senti di stare,
sul lungo mare,
fingendo di non conoscerti,
tra la folla dei passanti
che leccano il gelato e non parlano di Michelangelo.
Immobile e felice e sazio in una scena dipinta
come quella volta che…
(a Gaeta, estate 2018)
Irene Sabetta vive ad Alatri dove insegna inglese al liceo. Quando non cammina scrive poesie e molte di esse sono presenti in antologie curate da vari editori. Nel 2015, si è classificata prima al concorso Augusto Tacca e, nel 2017, è stata finalista al Festival della Lentezza con un racconto breve e ottenuto una menzione al premio Don Luigi Di Liegro. La casa editrice LietoColle ha scelto alcune sue poesie per l’Antologia iPoet 2018 e per l’ Agenda poetica Il segreto delle fragole. Sempre nel 2018 ha pubblicato una plaquette dal titolo Inconcludendo con l’editore Escamontage e ha ricevuto una menzione d’onore al premio Lorenzo Montano per la prosa Sogno horror. Nel 2019 è stata finalista al premio Costruire la Città Terrestre e la sua raccolta inedita Nomi cose città ha ricevuto una segnalazione al Premio Montano. Suoi testi sparsi si trovano sulla rete (Poetarum Silva, Patrialetteratura, Neobar, Gateway to the fourth dimension, I poeti del parco). Collabora con il sito Atlante delle residenze creative di Tiziana Colusso ed è presente nel volume Residenze e Resistenze creative con un saggio sullo studio di F. Bacon.