“Ridicoli titani”, gli uomini nel folle, vano, empio tentativo di “sbarrare le porte al dolore”. “L’amico di casa”, assiduo frequentatore e funestatore delle nostre vite, instancabile lavoratore al servizio di una Entità sconosciuta, della quale ignora i disegni. Ligio esecutore dei compiti assegnatigli, come un “segretario dell’invisibile” di kafkiana reminiscenza. Nei versi di L’amico di famiglia, poesia proemiale, di avvio al percorso poetico di Luigi Carotenuto, e che dà il titolo alla raccolta, si concentra il senso di un poetare che si configura come apprendistato esistenziale, sofferto itinerario di approssimazione all’età adulta – l’autore ha appena 27 anni – nel segno di una dolente, disincantata sensibilità. Un’educazione sentimentale e poetica alla Werther, che passa attraverso tappe obbligate di presa di coscienza e di perdita di sé, di quel sé fanciullo che attraversava il mondo a piroette e salti di danza. […] Il franare dell’io soggettivo sotto i colpi della più ordinaria, insulsa quotidianità agghindata a lustrini e falsità si trascina dietro i detriti di un io collettivo in frantumi. […] E però tra le rovine dell’io adolescente si fa strada un io poetico risentito e irrobustito dai colpi e dalle batoste assestatigli. Un io che alterna rabbia, indignazione, amarezza – ce n’è per tutti: preti, poeti, artisti, mistificatori, predatori di corpi e di anime – a toni pacati, sommessi di intenso lirismo, a note struggenti di nostalgia per un paradiso perduto o forse mai esistito. Da qui, dal dubbio crudele che sia stato tutto un inganno, […] l’ironia, lo scarto che interviene nelle chiuse a ribaltare, a sconfessare i momenti di abbandono e del rimpianto, per pudore o paura di rimanerci per l’ennesima volta fregati. A volte il grumo duro di scetticismo e di furore iconoclasta si scioglie in accenti accorati di pietas – il sunt lacrimae rerum – per le sofferenze della natura, le uniche degne di compassione. […] Una ricchezza di emozioni, di pensieri, di riflessioni di un vissuto personale e di una coralità contemporanea, insieme con i grandi temi dell’introspezione poetica: la solitudine, l’amore, l’abbandono, la perdita delle illusioni, l’assenza, il male, la morte, nelle liriche di questo giovane poeta. E un’idea già formata di poesia come lampo che squarcia l’opacità del reale, lama di coltello che affonda nelle ferite dell’anima. Una poesia non consolatoria, che non distribuisce pillole di saggezza e ricette di felicità, che non schiude nuovi orizzonti ai delusi della vita; una poesia che guarda al basso, e “scrive sui marciapiedi” la memoria di un mondo senza memoria.
(Estratto dalla prefazione di Anna Vasta, poeta e critico letterario, al primo libro, L’amico di famiglia, novembre 2008)
*
Ti chiama
un anno e mezzo e tutto quello che chiede
è sorriso di padre di madre
la pappa poi il sonno
la celebrazione vitale di un giorno
che mantenga l’ordine miracoloso
la crescita impercettibile
Quali fiori nuovi avrà da cogliere la tua bambina,
Pietro?
Cosa le lasceremo se hanno già fatto
terra bruciata intorno a noi?
Avremo ancora petali come segnalibri
e pensieri d’amore a lungo termine?
Quante lacrime di rabbia dovremo inghiottire
meditando Pasolini?
Non ascolto più canzoni Pietro
eppure sono cresciuto nelle note
di una passione dominante
ho avuto fede nell’impalpabile
nella religio di rime sparse
già so che non ce la caveremo col buco ben riuscito di una poesia
se da quel buco non c’è modo di scappare
di aprirsi un portale
è un hula hoop la vita che forse tra qualche anno tua figlia ci potrà insegnare
(dicembre ’13 – gennaio ’14 inedito)
*
“Non ti salverà l’autenticità”
usavi ribadirmi spesso
in ogni cosa un’ombra
un riflesso che diventa
casa
disabitata
ma più vera
del vero stesso.
Sdoppiarsi non equivale
a vedere meglio,
l’ubiquità è un non luogo
cieco.
La verità ci lascia dimezzati
sbiadite incisioni
dell’oscurità.
(19/08/2013 inedito)
Nuova poetica
Ho schiacciato le zanzare romantiche
l’avanguardia è rimasta nel garage
Il postmoderno ha ricevuto il prepensionamento
lirica! la malattia del secolo
cosa trovo di nuovo tra gli scaffali contemporanei?
(23/04/2013 inedito)
A un amico in partenza
Non farti rodere la pelle dai mostri interiori
(siano pure fatti in casa).
Non lasciare che la tua disperazione diventi
la parte più evidente del curriculum.
I tuoi ritorni conoscano l’arrivederci,
sapienti di luci tenui e materassi morbidi
al punto giusto.
La comodità ci fa barcollare ben più
di un bicchiere di troppo,
e nessuna scienza può sostituire
la frenesia di una partenza.
Indossa la malinconia se è della tua misura,
non aver paura della tua vera essenza.
Se non ci fossi più non potresti più far senza.
(già pubblicata su l’EstroVerso il 5 aprile 2013)
da Vi porto via, edizioni Prova d’Autore, Catania, 2011
È tutto infinito
È tutto infinito con te
l’attesa
il silenzio
un bacio sospeso dal tempo
Rimescolo i dadi
sei in tutte le facce
se perdo la strada
sei dietro di me
Solstizio d’estate
Dammi una corsa di vita
tutta felice piena di svolte
(che si vive una volta sola
e si muore ogni giorno più volte)
Lasciami un arcobaleno
impronte ogni dove
indizi di luce
rendimi il passo leggero
il cuore raggiante
raccoglimi intero
Sul selciato
Strade di pietra
orme infantili
adolescenti
primo amore mai scordato
esordio sul selciato
il mio cuore corre corre
la testa non gli tiene testamento
il mio cuore fugge chi lo prende
nemmeno tu mi prendi più
ho di nuovo 15 anni
amami non vedi sono un bambino
torno sempre indietro lo sai
per chi se non per te per chi
guarda vedi come sono bravo?
vado in bici con una mano sola
però senza la tua non so entrare a scuola
da L’amico di famiglia, edizioni Prova d’Autore, Catania, 2008
Osnes (ragion riflessa)
Cosa distingue
una farfalla da un cannibale?
Penso che Woody Allen
sia davvero un grande cuoco
e Napoleone
un perfetto cameriere.
Ho comprato un dvd
con un paio d’ali
in omaggio…
com’è lontano
il tempo delle cassette
vuote.
Uso il violino
per giocare a golf,
il phone
per ascoltare il canto degli alieni,
la macchina per scrivere
per falciare il prato.
Da bambino
più che la voce
degli angeli,
udivo il frastuono
del meccanico,
credevo che i funghi
fossero le mamme
dei puffi,
ma il mio più grande
desiderio
era quello d’assaggiare
la vernice.
Uscita senza acquisti
Sconti eccellenti
offerte mai viste
riviste in omaggio
al migliore offerente.
È tutto allettante
non scordano niente
(le multinazionali
al servizio dell’utente).
Soltanto una cosa
vorrei far presente…
avrei bisogno d’aria
(non condizionata).
Tra mille cartelli
c’è qualcosa
che ho perso e vorrei ritrovare…
me stesso.
L’amico di famiglia
Sempre di casa il dolore
lavora senza sosta
turno ventiquattr’ore.
Noi ridicoli titani
gli sbarriamo le porte
come se la luce servisse
a nascondere la notte.
Luigi Carotenuto nasce il 16 agosto del 1981, meno di un mese prima della morte di Montale, esattamente 121 anni dopo la venuta al mondo di Jules Laforgue. Nasce in prima serata (ore 21 per l’esattezza) e non ricorda la visita a Versailles fatta due anni dopo accompagnato dai genitori. Nel 2011, compiuto il trentesimo anno di età, fa suo il seguente frammento di Baudelaire: “Si dice che ho trent’anni; ma se ho vissuto tre minuti in uno… non ho forse novant’anni?” Il suo amore per la poesia non gli ha concesso finora agevolazioni fiscali o posti d’impiego pubblici, in compenso riceve (gratis) libri da recensire. Legge e scrive per sopportare la vita che non sopporta che legge e scrive, chiude con Amelia Rosselli: “Ogni giorno della sua inesplicabile esistenza / parole mute in fila”.