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Maria Benedetta Cerro

5 Maggio 2018

Lo sguardo inverso copertinapiatta

Il nucleo ideologico ed estetico della poesia di Maria Benedetta Cerro è tutto risolto nella sfida a penetrare e a dire l’oltranza di una dimensione esistenziale e metafisica che, per intrinseca necessità, oltrepassa il limite dell’hic et nunc della situazione dell’io, da cui pure si origina, per misurarsi con la vertigine dell’assoluto e dell’eterno. Si tratta di un tentativo temerario che richiede una dolorosa dedizione alla ricerca della verità e che trasforma il privilegio della enquête in condizione di lacerante e costante sofferenza, nella scommessa, lungo un percorso in cui si alternano istanti di gratificante acquisizione a momenti di tensione inappagata, di un approdo gnoseologico e linguistico pacificato. Sicché l’intera trama della scrittura poetica si configura e si definisce in un vitale coesistere di spinte antagonistiche e ossimoriche, entro una musica verbale e ideativa che ha preso drasticamente congedo da ogni forma di seduzione, per farsi scabro ed essenziale strumento di conoscenza. In questa prospettiva, con lucida coerenza, Maria Benedetta Cerro mette in atto un rigoroso e impietoso procedimento di sottrazione e di rovesciamento, che restituisce alla poesia e, per essa, alla figura del poeta la funzione mitico-religiosa che una lunga tradizione orfica gli aveva consegnato.

                                                                                               Raffaele Pellecchia

 

LO SGUARDO INVERSO

 

 

                                              Ebbi nozione dell’inverso

                                                                                  e ne sondai l’inganno.

                                              Da quel punto vidi la realtà farsi apparenza.

                                              La lingua delle convenzioni

                                                                         rantolare un dire fuggiasco

                                              il diverso gettare all’opposto

                                                                     l’unico ponte prossimo al vero.

 

 

 

      Il dire sorgivo

 

 

Ci ordinò di corrispondere

perché eravamo inconsolati.

E riprese a pulsare la vena

dell’abbandono.

Il cielo neutro della parola

manifestò il suo dire sorgivo

e il lutto

fu animato dalla meraviglia.

Lui – il nodo del fenomeno

e del tutto – ci concesse il dettaglio

capitale che mutò lo sguardo.

 

Poi fu il silenzio / che uccise i talenti.

I denti guasti dei portatori

ridevano correndo.

I santi barcollanti fermarono i sogni

ai semi vietarono il germoglio.

Ora i ribaldi fioriscono impuniti

sulle ceneri / elevano torri.

I morti che nutrono il mare

piantano giardini.

Alle ossa comando di rifarsi pietra

al picchio nel mio cranio

– che ne è signore –

di battere ciecamente

con le mie parole

sulla corteccia del cuore dei sordi.

 

Oltre – non altrove –

indice della nascita orientale

nella scena profonda

dolcemente insolente

cautamente sovversiva

sorge la salvifica

dalle vocali spumeggianti.

In totale immediata urgenza

nel mese che prepara

il parto alle gemme

la parola maiuscola

che ammansisce il buio.

 

La cucitrice di bocche

siede nel frastuono.

Il remoto e ciò che spera di venire

attraversano il filo che infilza le parole.

Tolto il senso

il suono

il sussurro

non resta che togliere il pensiero.

Allora ti sarà ridata la bocca

la cantilenante nenia dei pazzi

 

Spargemmo sulla parola negata

il sale del senso

le voci oscure e nobili

che ci aiutarono nel combattimento.

Chiedemmo pace alla prova estrema

l’acquietarsi del grido

che ci scosse il sangue.

Occhi consenzienti implorammo

allo sguardo immobile

e folgorante la sua luce vuota.

Venne – forse – la punta di pietra

che mandò in frantumi il nodo

che ci piegò la fronte.

 

Qualcosa che sa d’impotenza

e ricorda fogli macchiati di pena

durante la notte

come un morto che torna

a raccogliere le sue ceneri

dal suo nulla tradito e invocato

qualcosa

dal “coro della mezzanotte”

si è ridestato e piange

Alexander

versi cedevoli e puri.

 

 

Sei la malattia che insinua nel sangue

la musica degli uccelli morti

che addormenta in letti alcolici

le parole indispensabili al canto.

 

Tu sei prato straziato dall’incanto

tomba di vermi e di poeti pazzi

che un solo libro affossa

da cui germoglierà l’incontro.

 

 

Miracolo crudele

che ha guarito gli occhi

– ora ciechi

e dallo sguardo inverso –

 

Parlami con la luminosa follia

del canto senza fine

ché io ti guarirò col bacio sterile

della riconoscenza.

Una galoppante radice di richiamo

viene a fiorire dagli abissi

perché la crosta secca del silenzio

germogli parole palpitanti.

Che sia l’assenza

o l’indifferenza

non ne piangerò l’insulto

perché il contagio della tua follia

saldi come un patto

il buio e il sole.

 

All’origine erano una cosa – la stessa –

In me divaricarono per fluire

opposti e pieni i fiumi sonori del silenzio.

 

In me parlarono dall’esilio e dai limiti

tutti i mali dell’uomo.

Mi fu impedito di morire

perché fosse chiaro che l’immensità

può abitare il linguaggio

divenire istante di verità

arte di salvazione.

 

 

Maria Benedetta Cerro è nata a Pontecorvo e risiede a Castrocielo – Frosinone

Ha pubblicato: Licenza di viaggio (Premio pubblicazione, Edizioni dei Dioscuri 1984); Ipotesi di vita (Premio pubblicazione “Carducci – Pietrasanta”, Lacaita 1987); Nel sigillo della parola (Piovan 1991); Lettera a una pietra (Premio pubblicazione “Libero de Libero”, Confronto 1992); Il segno del gelo (Perosini 1997); Allegorie d’inverno (Manni 2003); Regalità della luce (Sciascia 2009); La congiura degli opposti (LietoColle 2012); Lo sguardo inverso (Lietocolle 2018).

È presente in diverse antologie, tra cui: Poeti del Lazio, a cura di R. Pellecchia, Forum Quinta Generazione 1988; Melodie della terra, a cura di P. Perilli, Crocetti 1997.

Interventi sulla sua poesia sono apparsi su testate giornalistiche, riviste e testi critici, quali: Frammenti di un discorso amoroso nella scrittura epistolare moderna, a cura di A. Dolfi, Bulzoni 1992; La parola ritrovata. Ultime tendenze della poesia italiana, a cura di M. I. Gaeta e G. Sica,  Marsilio 1995; G. Linguaglossa, Appunti critici, Edizioni Fabio Croce-Edizioni Scettro del Re 2002; La Ciociaria tra scrittori e cineasti, a cura di F. Zangrilli, Metauro 2004; Amerigo Iannacone, Nuove testimonianze.

Interventi critici, Edizioni Eva, 2005; R. Pellecchia, Con le parole/Oltre le parole. Saggi di letteratura contemporanea, Metauro 2007; R. Scrivano, Letture e Lettori. Appunti di critica letteraria, Metauro 2010.