poesia e pittura in dialogo
Martina Dalla Stella, Silvia Secco e Claudia Zironi
Due donne, anzi tre sì, tre amiche che celebrano il fatto di essere tali con un libro che quando lo si chiude non si sa se ti abbia toccato più Claudia per la concretezza che le fa scrivere “ non basta dare il nome / alla rose, Silvia, esse/ devono avere consistenza/ e aspetto al cospetto/del pensiero, la rosa sta nel nome/ esistendo pensata quando/ nome e rosa insieme/ si sostanziano, quando/ anche la rosa a te pensa //, oppure Silvia che vuole sottolineare la sua fragilità qui : “ Occorre dire alla rosa che è rossa/Chiamare ROSA la rosa. L’intera/ rosa. E la rosa sfogliata, il petalo chiuso nel libro/ una memoria del tatto, l’odore/ scampato al gelo, lo stele reciso/ all’altezza del nodo. Non termina/ mai l’essere rosa l’ultimo lembo/ rimasto a sfioritura e non è rosa/ già il seme della rosa ? Vedi, cose/ così come questa mutano/ se ne muti una sola consonante,/ e una c fa comune il nome proprio./ Nella distrazione la rosa smette “// o anche la pittrice Martina che nei suoi quadri stende talvolta velature sottili come ragnatele, come quando ritrae gli “ alchechengi “, o sa rendere tutta la tensione dell’attesa quando dipinge una lunga fila di uccelli sopra un filo nel quadro “ aspettando per migrare “, ed aggiunge a titolo esplicativo di un sé timorosamente nascosto “ anch’io così “.
Tre donne giovani che dichiarano fin dall’inizio, dall’esergo del loro lavoro,- citando un verso del poeta Frost che dice- “ due strade divergevano in un bosco ed io-/ io presi la meno battuta/ e questo ha fatto tutta la differenza// che sanno ove vogliono dirigersi e lo fanno bene questo viaggio poetico che ci parla del loro modo di porsi nel mondo in cui vivono e viviamo.
Parlano di sé, dei propri desideri, delle loro passioni, anche le più dolenti come fa Silvia in questa sua : “ Senti come vengo a chiedere. Come/ti chiamo : mani e nome. Che sai/ montare alta, marea e piena, allagare/. Guarda come mi riduci: fradicia e/ bellissima, come mai sono stata./ Toccami lì dov’è la ferita e lì/ entra/, slabbra e straziami che sai/ dei brividi in agguato sulle scale/ dei lividi che poi dovrò coprire/ quando te ne andrai e dovrò sorriderne./ Scavami e trova. Le dita di chi ama/ si sfiorano sul libri e sotto i tavoli/ e tu lo sai che sono scalza e nuda/ davanti a te come davanti al mare//, ma anche Claudia si metta a nudo in questa sofferente : “ L’acqua cade sempre su altra/ acqua, seppure in altra forma/ e non si chiede il tempo// Sarò prima di te ombra, quando/ starai seduto davanti a casa/in attesa del tramonto. Ti coprirò/ i piedi come capelli, le ginocchia/ come accucciandomi. Porterò/ una nuvola di pioggia dall’oriente/umida e calda di monsone, profumata/ di zenzero e vaniglia. Risalirò / le cosce tue/ alle venti e trenta della sera.// Saprà poi l’acqua come amarti.//.
Ma non è il loro soltanto un canto autocelebrativo, dentro il loro scrivere è anche forte l’attenzione al decadimento della nostra umanità, l’ esserci ridotti come pietre su cui, scrive Claudia “ si era evoluta una ben strana razza “ che “ non poteva volare “ ed era “ dall’intelligenza non ben orientata “ in un tempo in cui “ ciascuno si credeva migliore degli altri“, e conclude la Zironi “ il nostro silenzio li annientò. A nome di tutte le pietre/ ancora oggi ce ne dispiace “. Ma pure la Secco non nutre molta fiducia nel nostro futuro quando scrive : “ Le anziane madri -le mani sul ventre/ che ha custodito- hanno nozione/ del tempo. Ci cantano all’orecchio/ che ne avremo, da morte, per riposare/ la quiete concessa finalmente/ la coerenza dell’ultima parola/ fissata nell’eternità, quando saremo pietre/ purissimi diamanti, e non avremo pietà/ di nessuno. Allora, senza gli occhi, senza l’opinione/ saremo trasparenti esseri di perfezione./ Sceglieranno per noi i fiori delle spose. Poi/ dopo le cerimonie, ci dimenticheranno .//
E saremo dimenticati anche noi umani, pietre inutili e aride per colpa dell’indifferenza al male che contraddistingue questa nostra storia recente, piena di sofferenza urlata ma inascoltata, ricca soltanto del nostro silenzio colpevole nei confronti dei tanti che ci chiedono accoglienza.
Ecco cosa scrive Claudia : “ tutti in fila/come bambini/.Tutti in fila/ come a scuola/. Fate i bravi soldatini !/ Mettetevi i fila per la marcia/. Alla fermata/ ben educati/ tutti quanti formate la fila/. Tutti in fila sulla banchina/ uomini e sogni/ nei sacchi di plastica “, e aggiunge Silvia sulla stessa pagina :
“ dove il mare arriva siamo in tredici/ fradici a guardare tredici paia/ di piedi nel fuoruscire dai sacchi/ sacchi di sogni e di sale/ sabbia nei tredici sacchi/ sabbia e sale e l’acqua in luogo dell’aria/ a riempire i polmoni. E i piedi/ tredici paia : / trattati somatici adatti alla platea / dei telegiornali. Tredici paia/ uguali in tutto e per tutto al mio paio/ da lontano da dove li guardiamo/ scordarsi dei passi, annerire./ Degli ultimi tredici passi/ chi ci verrà a dire ? E dei nomi ? / Tredici nomi gridati, pianti/ pensati, gridati nomi affidati/ a un dio in tutto e per tutto uguale/ al mio: come lui sordo, dove il mare/ giunge ed aggiunge al tredici al totale.//
Ci si allontana da questo libro con il piacere di aver fatto ancora una volta un incontro fortunato con queste due poetesse che in molte altre occasioni hanno già dimostrato tutta la loro bravura, ma resta un poco di amaro in bocca per la sottile vena di tristezza che sta alla base di quasi tutti i loro pezzi, ed anche gli oli di Marina Della Stella ci lanciano unghiate dolorose tutte condensate in un volto di madre ritratto superbamente alla maniera della migliore pittura espressionista.
Non mi resta che aggiungere il mio apprezzamento per la veste tipografica del libro, originale per la sua dimensione orizzontale anziché verticale come comunemente si fanno i libri, per i colori che sembrano aderenti in modo perfetto ai quadri, e per il gusto nella scelta delle poesie messe in lista.
Luigi Paraboschi 26.6.2018
Silvia Secco e Claudia Zironi condividono da anni la rappresentazione delle loro singolarità artistiche. Il recente progetto di poesia in dialogo, Ursprunglichen Leben, è scaturito da esperienze di recital comuni che si sono tenuti nel 2017 a Messina e a Ercolano e nel 2018 a Vicenza. Le poesie di Claudia e Silvia dialogano tra di loro in sequenze multivoce, ripetizioni, silenzi, toccando temi filosofici, civili e amorosi. I versi sono accompagnati e scanditi dalle esecuzioni musicali di giovani artisti. Durante il recital viene coinvolto anche il senso della vista, mediante la proiezione dei dipinti di Martina Dalla Stella, con la quale le poete da tempo collaborano, che si unisce al “dialogo” in modo assolutamente pregnante. Dal progetto del recital è nato un “libretto di sala”, questo vero e proprio piccolo libro d’arte, firmato Edizionifolli, che raccoglie i testi di Silvia e Claudia ed è illustrato a colori con i dipinti di Martina.