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Nives Corbati

19 novembre 2019

“L´unica via d´uscita – per tutti – è tornare a valutare il senso delle parole, che sono il nostro pane quotidiano, per quanto pesano e per quanto dicono davvero. C´è solo una cosa intellettualmente più faticosa che ascoltare le parole degli altri: ascoltare le proprie parole”. (Michele Serra)

“La poesia è nata da sé, spontaneamente su un’onda d’amore, sull’onda d’amore per le cose che erano intorno a me che sentivo fraterne e unite in uno stesso destino e in una stessa fine.” (Carlo Betocchi)

da “Variazioni mimopoetiche”

*

Il peso e la complessità

fondono il nulla

l’idea sgrammaticata di un post-it

affisso al mondo.

Uomini che perdono le piume

nudi tra gli angeli

annunciano l’inverno irreversibile

il bacio della neve sulla pelle.

Per trasmettere sogni

donne vestite a fiori tutto l’anno

annotano le feste rimandate

le nottate rimaste sui cuscini

le vite che potevano accadere

risucchiate nell’indeterminato.

**

Controluce 

sullo sfondo di cieli a luce minima

veniva proiettato il film rovente

attori presi tra la folla

gesticolavano insicuri

il regista sperava che fossero innocenti 

ma le loro ombre segnavano di nero

quinte e proscenio.

Un dubbio venne al primo cameraman

quando la messa a fuoco andava in tilt

come se funzionasse a raggi x

s’allontanò dal resto dell’equipe

si perse nella ressa di mimi e figuranti

andò cercando un proiettore onesto

per riprendere il mondo tale e quale.

***

Pietrifica la mente

la paura in agguato, il passo falso

che distanzia il pensiero dal cuore

la paura di giornate saldate all’inferno terreno,

di mostri in abito normale.

Ne siamo circondati,

molti guardano il cielo con occhi di tenebra

sputando fuochi di ferocia sugli inermi.

Diventa marmo anche la mente

s’immobilizza nel mezzo dei dialoghi

privata dell’urgenza del negare

s’arresta catatonica.

La paura consolida il pensiero ch’era docile

l’ incide per memorie future, come lapide.

****

I pendii

si somigliano tutti

salite verso il cielo, discese verso terra,

tu li percorri nei tempi che il sole decide

che la notte ti impone

mentre occulti i ritratti di te che cammini.

Storie di vita, i sentieri,

ma l’ anima tua non dispone

di metro che sappia scandagliare misure.

Mi accorgo di andare

con gli occhi rivolti in avanti

né terra né cielo

e vedo chi sale e chi scende

passandomi accanto.

Trattengo il desiderio di sorpasso

non corro e non chiedo vittoria,

mi fermo in attesa che i versanti

si pieghino per raggiungermi a valle

*****

Ne avrai sogni e visioni

a far da mezzanotte al tuo fiume di cera

e prima ancora che si sciolga al fuoco

di roventi respiri

avrai disfatto il tuo bagaglio.

Correrai con le penne d’uno struzzo

veloce sulla terra e mai nell’aria,

di rimbombi nel petto assorderai

stanze già vuote.

Segnerai con righe e squadre

fogli che mai saranno letti

nella quiete apparente in cui s’inoltra

un prestanome d’anima e di vita.

Nives Corbati

19 marzo 2019

cover Nives Corbati

 

 

 

 

 

Capita di leggere cose scritte da autori sconosciuti e di restarne piacevolmente coinvolti.
Questo vuol dire che la poesia attrae ed è appannaggio di tutti.
Qui ci affacciamo su panorami variegati, accogliamo altre menti, ne condividiamo il pensiero poetico, animiamo discussioni se occorre, ci viene offerto comunque un diverso modo di esprimere l’umano sentire e lo spirito che lo anima. 
Possiamo percorrere sentieri lontani da strade maestre, nel paesaggio che muta di continuo, tuttavia, come in ogni viaggio, qualcosa o qualcuno ci arricchisce, qualcosa o qualcuno ci abbandona, qualcosa o qualcuno ci affianca.

 

cb
 

Libri in sosta protratta

Leggere qualche rigo e chiudere
il tempo ha diradato il battere
l’orologio sul muro quasi tace
amarli tutti
con i rimandi ragionevoli
con le futilità segnate ai bordi
compresi i tratti di chi sviene
per un profumo di giacinto pallido.
Dirne di cose ma la mostra
dei mercatini stanca, ci si avvia
per altri infioramenti:
alcuni sanno di periferia distratta
anche di dislessia
fotografie di gruppo
riguardarle e promettersi
di far tesoro dell’insonnia
lasciare acceso il lume in capo al letto.
Letto.

 

Giornate
di sconfitte
quando si cavalcavano dolori
ed un vestito stropicciato
era un ripiego per non stare nudi.
I numeri ferivano
ma non un grido mentre si cadeva
il tonfo lontanissimo
mentre gli dei dormivano.
Nottate
di raccolte
sogni da scribacchino
intermittenze tra le dita e il cielo

 

Piove

Gocce pronunciate sui vetri
immaginarie carte prive di senso
calcoli e detriti
ore pesanti
senza un ombrello andare sotto l’acqua
fare incetta delle cose migliori
le peggiori lasciarle sulla strada.
Meglio restare
immobili al cadere della pioggia
mentre si aspetta un varco per fuggire
verso benigni lidi.

 

Vuoto

bolle d’inedia
sarebbe cosa utile
ribaltare coperchi di silenzio
apparecchiare spiagge di frammenti
polvere di conchiglie
velette paravolti
il pensiero ha la sua stilla di sangue
cerebri ictus
rosa purpurea_mente invasa
ritarderai di qualche passo
mai
troverai spinevirgole efficaci
punti salienti e
da un’estensione acustica
onde sonore libere
dalla gabbia toracica.

 

Tanto per dire

C’era una sottrazione di candore
per leggere la fronte sottintesa
un arco di trionfo il sopracciglio
sovrastava lo sguardo.
Chi se ne andò
sapeva come perdere la strada
perché nel non ritorno
solo nel non ritorno sconfiggeva
disordini del tempo:
due cuori gli battevano nel petto
uno per dire t’amo
l’altro per dire vattene lontano
e l’uno e l’altro a chiudere le braccia.
Parole bianche di sapore e lievi
sapevano di zucchero e misteri
proferivano frasi di cannella
che a trattenerle in bocca si poteva
assaporare il sole.
Perché scrivere versi?
perché tanto pensiero
se basterà morire per rendersi immortali?