E LE ROSE TORNANO A FIORIRE
Al poeta non serve una ragione per scrivere, forse non ne ha o non è consapevole, però ha bisogno di un orecchio pronto all’ascolto, ad un interlocutore che gli dia il la. Agostinelli è un musicista e, in quanto tale, fa ampio uso dell’accordo che la presenza dell’altro suggerisce: si sviluppa allora la melodia poetica e intellettuale, le domande sempre poste e senza risposta. E un linguaggio poetico duttile e armonioso che elide le distanze e fa della filosofia una compagna di vita che resta muta ma sempre si frappone fra l’esperienza e il sentimento. L’uomo sa poco del mondo, quasi niente, eppure non gli sono negati né gli epifenomeni né le catastrofi; un battito d’ali di farfalla non è più o meno meraviglioso di una conchiglia che l’onda lascia sulla riva o dell’onda stessa che s’alza maestosa e s’arrotonda su un merletto di schiuma bianca:
“mistero in sé molteplice,
ha radici nella terra della bellezza
ed effimero è il suo fiorire eterno.“
Già in questi tre versi cogliamo la tematica non umbratile, al contrario potente, sulla quale si sofferma la visione del poeta che, in quanto tale, non si perde in sofisticherie intellettuali: la ragione della cose sta nelle cose stesse anche se noi non le vediamo. Ed ecco “il paradosso della rosa”: il fiore bello, profumato, ardente e ricco di metafore, ha le spine, può farci sanguinare e la sua bellezza dura qualche giorno pi si disfa in una lenta discesa di petali senza vita.
La rosa è la vita, questo è il paradosso: bella, unica e fuggitiva. Ad ogni primavera torna a fiorire, ad ogni autunno si chiude nella sua bacca rossa, impenetrabile e puntuta.
Ha uno scopo oltre a quello di esistere? e chi l’ha colto?
Non è certo poesia ombelicale e neppure di freddo razionalismo: è l’uomo che non sa evitare di porsi quelle poche domande che ne hanno promosso il progresso e la distanza dalla belva.
Eppure, quasi come in un assolo, l’artista si vede nudo, trasmigrato, fragile e innocente; la sua innocenza è quella dei bambini che altro non sanno se non l’esperienza e non speculano: Ma il Puer che viene da oriente, rosso e lucente, trovò lei, la donna, la verità, la pace e tutto il passato cadde e si frantumò perché la forma era incapace di contenere “il contenuto”. Il colloquio ingloba il sogno, desta la speranza, muove verso altri lidi, altre visioni. Perché due è più di uno, perché in due ci si sorregge e si condivide e l’universo può farsi partecipe dell’unione.
Nelle poesia di Agostinelli si avvertono riferimenti alla poesia di Gibran, grande poeta, filosofo, pittore, artista dunque, e compagno di viaggio che corrisponde alla sensibilità del nostro poeta.
“E se è vero che il mondo è un’eterna storia che si chiarisce,
chi scrive è un altro:
che diviene a poco a poco se stesso.”
Se ci lasciamo scendere dentro queste parole, esse mettono pace, smussano spigoli; il poeta trova il senso della scrittura nel suo farsi, e allo stesso modo il senso della vita; noi, non ritratti e spauriti, scopriamo il dono che ci porge.
La poesia di Agostinelli, che a volte ci lascia smarriti e stupiti per le risposte trovate (.. la vecchia più vecchia delle rocce sulle quali è seduta..) non teme la visione, anche inconsueta, e forse l’essere un jazzista lo favorisce, e invia a se stesso e a noi lettori un definito mistero, una sapienza che rimanda ad altro (mi si perdonino questi ossimori); si leggano con attenzione queste poesie che non rifanno la voce a dettati moderni e neppure a dettati classici; continuo a pensare che prediliga Adonis e Gibran, che non sono certo poeti di poco conto.
TWOTIER THINKING
Mi sono visto andare,
come l’acqua che scende,
come un’antica domanda,
in uno dei tanti luoghi in cui si incontra la rosa,
eterno paradosso,
senso delle cose e del nostro scrutare.
Cattura e guida la rosa scandalosa.
Parlava una lingua sconosciuta
e tu avevi l’anima candida come la neve.
Fragile, nella sua spoglia sensibile;
mistero in sé molteplice,
ha radici nella terra della bellezza
ed effimero è il suo fiorire eterno.
Pensiero ineffabile,
gioco ambiguo di un’inestricabile triade.
” Che ne è della catena di ragioni, cause e condizioni
da cui il fiorire della rosa?
E cosa di quel senso che un emblema ci dona? “
L’invisibile volto premuto sul guanciale,
come la testa di un devoto accoccolato e salmodiante,
vidi pupille traslucere
tra palpebre abbrunate,
a testimonianza del tuo sonno desto
e le tue ciglia, come fronde,
che
” in un’aura dolce, senza mutamento,
si piegano pronte al vento. “
” Fiorisce poiché fiorisce. — rispondesti — E non c’è un perché “
Un piccolo sorriso indulgente,
come la trama di un sogno intessuto di luce,
quelle parole portavano in grembo
il dono di un fondamento e,
all’improvviso compresi, anzi fu in me,
che a te, come alla rosa:
” di sé non gliene cale,
non chiede di esser vista. “
Notte
Dove la visione conduce l’artista
o dove il sonno fa trasmigrare le anime:
a ciascuno il proprio abisso superiore.
” Io conosco il mio e la sofferenza del ritorno —
disse come sollevato da ali di chimera —
Conosco i veli che si lacerano
e il mostrarsi nudo;
la confidenza ardente e terribile,
della quale lo spirito non riporta quaggiù che brandelli.
So di ciò che è celato nei colori e nei suoni
e la sapienza innocente dei bambini.
Vidi colui che arrivò dall’oriente,
vestito di porpora,
incontro a lei e al suo abito color del giacinto.
Corsero l’uno verso l’altra come due soffi di vento
e si confusero insieme. “
I ricordi, come astri erranti, popolarono il suo sguardo.
” Nella vita, a volte,
si giunge meditando grandi disegni,
sacrificandone poi la grandezza alla parvenza.
Ma anelli congiungono universi,
canti celesti fondono le emozioni dei colori e dei profumi.
Alla memoria fanno dono di dettagli,
come un canto terreno
chiama i più minuti ricordi di un amore “:
Luna della notte,
che guardi accorrere gli angeli in uno stesso volo,
tutti uguali eppur diversi,
semplici come la rosa dei campi.
Guardali muoversi piano al pianto degli esiliati,
o a leggiadre lacrime raccolte e conservate
come perle orientali.
Guardali accorrere là,
dove si sta celebrando la festa
e dove i capelli emanano onde di luce ad ogni movenza;
salire in cerchio insieme agli amanti,
ricevendo sempre un nuovo dono e legami invisibili.
E guardali ora,
approdati ad un punto per il quale non esiste un nome.
Non una sola voce del coro taceva.
” Tu sarai tutto il mio amore, tutta la mia forza. “
” Con te soltanto. ” rispose l’uomo
E andarono insieme,
così come si raccolgono le nubi.
Una prima leggerezza tra barbare equazioni
Ogni cosa è un’esistenza pura.
Nonostante i più assoluti determinismi in linea orizzontale.
E se è vero che il mondo è un’eterna storia che si chiarisce,
chi scrive è un altro:
che diviene a poco a poco se stesso.
Sul Falberg
La gioia tornò sui suoi passi e portò il silenzio fin dentro le mie mura.
Quel silenzio sovrano che precede e segue la poesia,
l’attimo d’attesa prima e il muto rapimento poi.
Il suo sguardo pareva sempre interrogare i cieli e compiangere la terra
e ora planava sdegnoso sulla valle,
simile a un uccello da preda.
Io indovinavo le ombre
che una misteriosa inquietudine gettava sulla sua fronte
e che coincideva così perfettamente col pallore del suo volto,
tanto da sembrarne il riflesso.
” La luce viene dai tuoi occhi,
così come il mio pensiero deriva dal tuo.
E non ho timore di ferirti,
poichè è il riflesso della tua anima che io ti dono,
le parole del tuo cuore.
Rimandiamo all’alto
le visioni delle quali siamo nutriti. “
Mi donò il suo sorriso,
perchè gli abissi debbono essere abbelliti.
Lei era come la terra,
che al calar del sole si illumina da sè;
come il fuoco di un effimero diamante,
figlio della neve e dei ghiacci;
come un fiore prodigioso,
sbocciato grazie al respiro degli angeli.
Lei era come un’emozione,
la cui origine è vano cercare in se stessi.
Il soffio delicato della prossimità s’era levato
e ammirando due edredoni sorvolare la baia,
ci congedammo dal sogno:
lasciando la porta socchiusa
THE GREETING
Una concentrazione schiacciante.
Gli occhi fissi,
inesorabili, senza vacillare,
senza un fremito:
diritti come una spada.
L’Enigma.
Ho passeggiato in molte costruzioni umane,
simboleggiate da edifici immensi… grandi… alti.
Ogni tanto qualcuno arrivava dicendo:
” Io ho la vera strada! “
E allora andavo con lui fino ad una porta spalancata,
attraverso la quale si vedeva un bel paesaggio,
ma, al momento di entrare,
la porta si chiudeva.
Di tutti quegli incontri,
uno soltanto mi portò vicino alla soglia.
Un uomo, dall’età indefinibile, mi stava mostrando
un dipinto raffigurante una donna seduta su delle rocce.
Io non capivo quale insegnamento si potesse trarne
e lui, guardandomi negli occhi, mi disse:
” Vedi quella bella donna? Lei è più vecchia delle rocce
sulle quali sta seduta “.
.
UNHEIMLICH: INSEGUENDO UNA TRACCIA MNESTICA
Il tempo corre e soffia.
” Lascialo andare incontro alla siepe di convolvolo
e girare lezioso attorno all’axis mundi,
quasi fosse un contorno di maschi rispettosi,
in attesa dei pollini di lontano. “
La fanciulla ha abiti regali e una stella in fronte,
lui le salta al collo e teneramente
l’ama.
Il tempo corre e soffia.
E abbandona l’unica perla che giace al fondo della molteplicità delle ragioni,
del quadro variegato degli idiomi.
Si dirige verso forme variabili e tortuose,
verso saperi frammentati,
ancora intriso della porpora sottile del suo
giglio tigrato.
Il tempo corre e soffia.
NULLA,
sarà la sua perpetua epigrafe.
” Aggiustati la cravatta,
testimone silenzioso dello scacco inesorabile
e della fuga dal travaglio. “
” Fui testimone e vidi. Ma non per aver lanciato uno sguardo vidi. “
Corre il tempo e soffia.
E fa girare il fiore
che segue la strada celeste del grande padre
e lo segue
per inchinarsi a lui,
alla ricerca soltanto di un suo sguardo.
Nasconde il cavaliere che si trova alla frontiera,
al confine tra due mondi.
Una maga è posta a guardia e quando le chiedono
risponde:
” Io non lascio passare nessuno.
Si sarà nascosto tra le crepe,
come fa la
cimbalarya.
Corre il tempo e soffia.
Sull’origine oscura delle scelte migliori
e su Kèter e la sua luce nascosta.
Sulla verità che prende tutto tra le sue braccia,
la verità in marcia verso se stessa.
Il fiore abbassò lo sguardo per lasciarlo passare,
i suoi petali reclinati come abito di donna.
Ma corre ancora il tempo.
e soffia
e ci lascia sgomenti,
in quel mare di somiglianze,
in quel punto luminoso nel cuore stesso dell’oscillazione,
dove solo un amore, in cui tutto riposa,
preme insieme.
” Fui testimone e vidi.
Ma non per aver lanciato uno sguardo:
vidi.
Roberto Agostinelli dice di sé: sono nato a Roma il 22 Marzo del 1953 e, dovessi salvare qualcosa della mia vita, oltre alla frequentazione degli autori che amo, salverei la musica. Da qualche parte dovrei averlo scritto: ho fatto per molti anni il musicista girando l’Europa ed ho avuto il privilegio di vivere gli anni in cui il Puer imperversava per ogni dove, quando io avevo gli anni giusti per incarnarlo. Il resto, come dire… è vita e di quella non dà conto parlare.
Ho un romanzo nel cassetto, che è anche piuttosto avanti, ma non mi decido mai a finirlo, anche se sono stato spronato a farlo. Chissà, un giorno…
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