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Sonia Caporossi

14 Maggio 2013

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L’arte e il suo virus, cinque poesie inedite di Sonia Caporossi
di Antonella Pierangeli

Tra pagine movimentate e dalla soggettività decentrante, parole iconoclaste traslatesi nel sincretismo di una scrittura-pittura-poetica che si concretizza in una dislocante, plastica, lingua di visioni e ossessioni, la granatura versificante-vivificante di Sonia Caporossi, scomposta e scandita da una sorta di eufonismo compulsivo e proteiforme, riveste già in queste pagine inedite e giovanili (i testi sono infatti databili tutti tra il 1991 e il 2002) le varie e discordanti superfici del dicibile e del visibile, contagiandole inarrestabilmente mentre, a loro volta, si contagiano reciprocamente.
Queste superfici discordanti del dicibile debordano infatti, nella visione artistico-poietica dell’autrice, in schegge fulminee e dolenti, in cui l’arte potenzia la capacità semantica della parola facendola parola totale: non si dà più un soggetto poetico costretto a forza in un genere ma si apre ad uno spettro semantico infinito in cui si compia lucidamente quella sorta di “esorcismo disperato/delle ovvietà dell’anima” (Preghiera, 1992) in cui si spingono a significare i più dissonanti elementi del poetico, in un universo verbale che si manifesta in tutta la sua totalità. Si annega facilmente nel ritmo, ammaliante come un mantra, di Leucade o di Istante, ci si ferma con l’orecchio ad ascoltare suoni ancestrali disposti in sequenze come “afasiche/grida/ululate”, quasi profanazioni di semiosi autonome, pullulanti e dirette, senza mediazioni “per l’incidente/del martirio”.
Su quel fondo limaccioso e polimorfo che sottostà alle visioni di Sete e Tramonto troviamo poi incarnato un proliferare istantaneo di cromatici scatti della mente su tutto quanto di praticabile sia dato individuare sulla pelle del mondo e, insieme, riconducibile, in costante e perigliosa deriva, agli estremi lidi del verbale: “Cateratte di vaghi desideri spalancate/Su chine prosciugate dalla tua ironica sete di sperma/Pietrificano mosaici di sale con il tuo nome” (Sete, 1996).
L’arsenale incontenibile e interiorizzato viene sottratto però all’inopinata quiescenza del monumentum o del feticcio per farsi sarabanda indistinguibile di lacerazioni, in cui sembra riassumersi l’intera ansia del vivente ed essere rilanciato nel corto circuito di quell’arte che nell’autrice è, appunto, virale-vitale: “E in tutta questa disperazione liquida/Solo bere dalle tue labbra il mosto epatico di un bacio/Potrebbe guarire l’idrofobia di vita che mi divora” (ibidem).
Questa tensione fonico-verbale, applicata a tutte le sfaccettature impensabili di quel prisma – sempre più sfuggente – che è l’esperienza mondana dell’estetico nel segno-verso-suono della Caporossi, conserva tuttavia un tratto unico, dalla fissità rapinosa del cristallo, che come un maeltrom di forme viventi e minacciose pesca nella sua genesi l’ipertrofia dell’imprevedibile: “Respirare il folle abbaglio dei colori/Di un tramonto, come una livida siccità” (Tramonto, 2002); il miracolo folle e abbagliante di un mondo sempre pulsante e furente, unica infrazione al formale controllo del verso, si è compiuto, si è trasfigurato. Dichiara la sua soggettività abbacinante di movimento dell’animo, di trafittura esistenziale, epifania di un’umanità incontenibile che, della disseminazione puntuale e amorosa del sentire, fa un punto di forza di inimitabile ars compositiva. Ogni gesto si stampa infatti fuori dalla sua visione, in una adimensionalità sempre eccedente che sogna d’infestare quell’infinito campo di inerzia che regola e impagina il nostro vivere. C’è cuore e ragione, furia e necessità in questa magnifica “tavola” di poesie, inafferrabili come schiuma di mare e potenti come molecolari unità di “Pensieri che scorrono nel greto interiore” e che “Si perdono come pioggia nell’oceano/- zampilli che scavano orme di lacrime nella sabbia-“ (Sete, 1996), insieme all’intensità barbarica e barocca che perverte la forma e la rende lacerante, nel tentativo di trovare la vita nella poesia.

Preghiera

 

Poesia

Esorcismo disperato

Delle ovvietà dell’anima

 

Rischiara d’un battito

Le sincronie

Delle meccaniche stellari

Che da sempre governano

L’emisfero in cui giaccio

 

Annulla

Questo impotente anelito

Che sa di essere

Ma tarda a divenire

 

Nelle atonali pause

Gementi

Di un uomo che muore

Posso osservare

Attraverso i suoi occhi

Il ricordo sfibrato dagli anni

Della mia nascita sulla terra

 

Grazie a te

Rivedo

Cupole d’indifferenza

Che scorrono sul mio volto

Come bolle annacquate di silenzio

 

Il passato prossimo

Delle mie incertezze

Quando ci sei tu

È ad un solo mio passo

 

Mi sento un candelabro

Restaurato dal tempo

Che ne condensa il grasso

Bruciante sulla cenere dell’eterno

Appeso al gancio eponimo e perfetto

Dell’arte inutile della pazzia

 

Aiutami a pensare

Di non essere mai stata

Nel sillogismo autarchico

Che lo stilema impone

 

Rinnega ti prego i contrappunti

Di un’anima annegata

Nell’ostracismo volontario

Della sensibilità

 

Non ho mai potuto essere

Diversamente da così

Non ho mai potuto sperare

Di considerare un’altra vita

Che non sia un monotonale scorrere

Nelle brulle salsedini

Che il sotto – ego solleva

Inondandone il cuore

 

Incorona almeno d’alloro il mio capo

Tremante di paura al tuo cospetto

Che ancora freme, avvinto e disperato

Intimidito dal pianto senza voce di un bambino

Che per null’altro avverte dolore

Tranne che per se stesso.

 

(22/05/1992)

 

Leucade

 

L’ypnale

corre

spossato

 

La vita

si mostra

svanendo

 

Nel tocco

rubino

del mare

 

Il freddo

del vento

riposa

 

Sospeso

un deja vu

antico

 

L’ambito

richiamo

dell’ES

 

Afasiche

grida

ululate

 

Dolore

in un letto

di sangue

 

Disfatto

sul verde

del sole

 

Marito

del tempo

e del cielo

 

Mia madre

si getta

svanendo

 

L’ypnale

muore

annegato.

 

(11/02/1992)

 

 

Istante

 

Progressione

Lancinante

Dell’assenza

S’accavalla

A miasmi incontrollabili

D’esalazioni

E

Poi

Ancora

Il vuoto

L’atrocità

Rossa

Fragranza intatta

Nel

Mistero

Affranto

Del

Moderno

Modo

Di vivere

Mentre

Su di me

L’attrazione sensibile

Del male

Per l’incidente

Del martirio

Bofonchia

Cincischiando

Il suo

Segreto

Tra

Le

Trasparenze

Di questo

Nudo

Travaglio

Partorendo

Illusioni

E frequenze

Che dall’ipofisi

Conducono

Inevitabilmente

Alla

MENTE

 

(12/04/1991)

 

 

Sete

 

Pensieri che scorrono nel greto interiore

Si perdono come pioggia nell’oceano

– zampilli che scavano orme di lacrime nella sabbia –

 

Cateratte di vaghi  desideri spalancate

Su chine prosciugate dalla tua ironica sete di sperma

Pietrificano mosaici di sale con il tuo nome

 

E in tutta questa disperazione liquida

Solo bere dalle tue labbra il mosto epatico di un bacio

Potrebbe guarire l’idrofobia di vita che mi divora

 

(11/06/1996)

 

 

Tramonto

 

                  Respirare il folle abbaglio dei colori

Di un tramonto, come una livida siccità

Le luci si suicidano nell’amplesso di un istante

Stanche nuvole nel cielo come botti affastellate

Si dipingono un abbaglio e poi sgretolano via

La farina intemperante di una posa ritrovata

Dentatura marzapane di un Demiurgo addormentato.

 

(11/02/2002)

 

 

 

 

Sonia Caporossi (Tivoli, 1973) è docente, musicista, musicologa, scrittrice, poetessa, critico letterario; si occupa inoltre attivamente di estetica filosofica e filosofia del linguaggio, ultimamente nell’ottica di una ridiscussione metodologica del costruttivismo.  Suona il basso elettrico nel gruppo di art – psychedelic rock Void Generator, con cui ha pubblicato Phantom Hell And Soar Angelic (Phonosphera Records 2010) e Collision EP (Phonosphera 2011) ed è presente nelle compilation Fuori dal Centro (Fluido Distribuzioni 1999) e Riot On Sunset Vol. 25 (272 Records, USA, 2011). Ha contribuito con i Wellen alla colonna sonora del cortometraggio Blue(s) di Domenico Liggeri, presentato fuori concorso alla Mostra del Cinema di Venezia nel 1997. È stata direttore e caporedattore del sito aperiodico Terra Di Poiesis, la cui esperienza è ormai chiusa. Ha collaborato con numerosi saggi di musica elettronica, psichedelica, krautrock e kosmische musik alla rivista specializzata Musikbox e ha pubblicato prose, poesie, saggistica letteraria, filosofica e storiografica su vari blog e riviste cartacee e telematiche, fra cui Storia & Storici, WSF, La Recherche, Fallacie Logiche, Scrittori Precari, Verde. Insieme ad Antonella Pierangeli, dirige il blog Critica Impura ed ha appena pubblicato l’antologia saggistica scritta a quattro mani Un anno di Critica Impura (Web – Press Edizioni, Milano 2013).