L’arte e il suo virus, cinque poesie inedite di Sonia Caporossi
di Antonella Pierangeli
Tra pagine movimentate e dalla soggettività decentrante, parole iconoclaste traslatesi nel sincretismo di una scrittura-pittura-poetica che si concretizza in una dislocante, plastica, lingua di visioni e ossessioni, la granatura versificante-vivificante di Sonia Caporossi, scomposta e scandita da una sorta di eufonismo compulsivo e proteiforme, riveste già in queste pagine inedite e giovanili (i testi sono infatti databili tutti tra il 1991 e il 2002) le varie e discordanti superfici del dicibile e del visibile, contagiandole inarrestabilmente mentre, a loro volta, si contagiano reciprocamente.
Queste superfici discordanti del dicibile debordano infatti, nella visione artistico-poietica dell’autrice, in schegge fulminee e dolenti, in cui l’arte potenzia la capacità semantica della parola facendola parola totale: non si dà più un soggetto poetico costretto a forza in un genere ma si apre ad uno spettro semantico infinito in cui si compia lucidamente quella sorta di “esorcismo disperato/delle ovvietà dell’anima” (Preghiera, 1992) in cui si spingono a significare i più dissonanti elementi del poetico, in un universo verbale che si manifesta in tutta la sua totalità. Si annega facilmente nel ritmo, ammaliante come un mantra, di Leucade o di Istante, ci si ferma con l’orecchio ad ascoltare suoni ancestrali disposti in sequenze come “afasiche/grida/ululate”, quasi profanazioni di semiosi autonome, pullulanti e dirette, senza mediazioni “per l’incidente/del martirio”.
Su quel fondo limaccioso e polimorfo che sottostà alle visioni di Sete e Tramonto troviamo poi incarnato un proliferare istantaneo di cromatici scatti della mente su tutto quanto di praticabile sia dato individuare sulla pelle del mondo e, insieme, riconducibile, in costante e perigliosa deriva, agli estremi lidi del verbale: “Cateratte di vaghi desideri spalancate/Su chine prosciugate dalla tua ironica sete di sperma/Pietrificano mosaici di sale con il tuo nome” (Sete, 1996).
L’arsenale incontenibile e interiorizzato viene sottratto però all’inopinata quiescenza del monumentum o del feticcio per farsi sarabanda indistinguibile di lacerazioni, in cui sembra riassumersi l’intera ansia del vivente ed essere rilanciato nel corto circuito di quell’arte che nell’autrice è, appunto, virale-vitale: “E in tutta questa disperazione liquida/Solo bere dalle tue labbra il mosto epatico di un bacio/Potrebbe guarire l’idrofobia di vita che mi divora” (ibidem).
Questa tensione fonico-verbale, applicata a tutte le sfaccettature impensabili di quel prisma – sempre più sfuggente – che è l’esperienza mondana dell’estetico nel segno-verso-suono della Caporossi, conserva tuttavia un tratto unico, dalla fissità rapinosa del cristallo, che come un maeltrom di forme viventi e minacciose pesca nella sua genesi l’ipertrofia dell’imprevedibile: “Respirare il folle abbaglio dei colori/Di un tramonto, come una livida siccità” (Tramonto, 2002); il miracolo folle e abbagliante di un mondo sempre pulsante e furente, unica infrazione al formale controllo del verso, si è compiuto, si è trasfigurato. Dichiara la sua soggettività abbacinante di movimento dell’animo, di trafittura esistenziale, epifania di un’umanità incontenibile che, della disseminazione puntuale e amorosa del sentire, fa un punto di forza di inimitabile ars compositiva. Ogni gesto si stampa infatti fuori dalla sua visione, in una adimensionalità sempre eccedente che sogna d’infestare quell’infinito campo di inerzia che regola e impagina il nostro vivere. C’è cuore e ragione, furia e necessità in questa magnifica “tavola” di poesie, inafferrabili come schiuma di mare e potenti come molecolari unità di “Pensieri che scorrono nel greto interiore” e che “Si perdono come pioggia nell’oceano/- zampilli che scavano orme di lacrime nella sabbia-“ (Sete, 1996), insieme all’intensità barbarica e barocca che perverte la forma e la rende lacerante, nel tentativo di trovare la vita nella poesia.
Preghiera
Poesia
Esorcismo disperato
Delle ovvietà dell’anima
Rischiara d’un battito
Le sincronie
Delle meccaniche stellari
Che da sempre governano
L’emisfero in cui giaccio
Annulla
Questo impotente anelito
Che sa di essere
Ma tarda a divenire
Nelle atonali pause
Gementi
Di un uomo che muore
Posso osservare
Attraverso i suoi occhi
Il ricordo sfibrato dagli anni
Della mia nascita sulla terra
Grazie a te
Rivedo
Cupole d’indifferenza
Che scorrono sul mio volto
Come bolle annacquate di silenzio
Il passato prossimo
Delle mie incertezze
Quando ci sei tu
È ad un solo mio passo
Mi sento un candelabro
Restaurato dal tempo
Che ne condensa il grasso
Bruciante sulla cenere dell’eterno
Appeso al gancio eponimo e perfetto
Dell’arte inutile della pazzia
Aiutami a pensare
Di non essere mai stata
Nel sillogismo autarchico
Che lo stilema impone
Rinnega ti prego i contrappunti
Di un’anima annegata
Nell’ostracismo volontario
Della sensibilità
Non ho mai potuto essere
Diversamente da così
Non ho mai potuto sperare
Di considerare un’altra vita
Che non sia un monotonale scorrere
Nelle brulle salsedini
Che il sotto – ego solleva
Inondandone il cuore
Incorona almeno d’alloro il mio capo
Tremante di paura al tuo cospetto
Che ancora freme, avvinto e disperato
Intimidito dal pianto senza voce di un bambino
Che per null’altro avverte dolore
Tranne che per se stesso.
(22/05/1992)
Leucade
L’ypnale
corre
spossato
La vita
si mostra
svanendo
Nel tocco
rubino
del mare
Il freddo
del vento
riposa
Sospeso
un deja vu
antico
L’ambito
richiamo
dell’ES
Afasiche
grida
ululate
Dolore
in un letto
di sangue
Disfatto
sul verde
del sole
Marito
del tempo
e del cielo
Mia madre
si getta
svanendo
L’ypnale
muore
annegato.
(11/02/1992)
Istante
Progressione
Lancinante
Dell’assenza
S’accavalla
A miasmi incontrollabili
D’esalazioni
E
Poi
Ancora
Il vuoto
L’atrocità
Rossa
Fragranza intatta
Nel
Mistero
Affranto
Del
Moderno
Modo
Di vivere
Mentre
Su di me
L’attrazione sensibile
Del male
Per l’incidente
Del martirio
Bofonchia
Cincischiando
Il suo
Segreto
Tra
Le
Trasparenze
Di questo
Nudo
Travaglio
Partorendo
Illusioni
E frequenze
Che dall’ipofisi
Conducono
Inevitabilmente
Alla
MENTE
(12/04/1991)
Sete
Pensieri che scorrono nel greto interiore
Si perdono come pioggia nell’oceano
– zampilli che scavano orme di lacrime nella sabbia –
Cateratte di vaghi desideri spalancate
Su chine prosciugate dalla tua ironica sete di sperma
Pietrificano mosaici di sale con il tuo nome
E in tutta questa disperazione liquida
Solo bere dalle tue labbra il mosto epatico di un bacio
Potrebbe guarire l’idrofobia di vita che mi divora
(11/06/1996)
Tramonto
Respirare il folle abbaglio dei colori
Di un tramonto, come una livida siccità
Le luci si suicidano nell’amplesso di un istante
Stanche nuvole nel cielo come botti affastellate
Si dipingono un abbaglio e poi sgretolano via
La farina intemperante di una posa ritrovata
Dentatura marzapane di un Demiurgo addormentato.
(11/02/2002)
Sonia Caporossi (Tivoli, 1973) è docente, musicista, musicologa, scrittrice, poetessa, critico letterario; si occupa inoltre attivamente di estetica filosofica e filosofia del linguaggio, ultimamente nell’ottica di una ridiscussione metodologica del costruttivismo. Suona il basso elettrico nel gruppo di art – psychedelic rock Void Generator, con cui ha pubblicato Phantom Hell And Soar Angelic (Phonosphera Records 2010) e Collision EP (Phonosphera 2011) ed è presente nelle compilation Fuori dal Centro (Fluido Distribuzioni 1999) e Riot On Sunset Vol. 25 (272 Records, USA, 2011). Ha contribuito con i Wellen alla colonna sonora del cortometraggio Blue(s) di Domenico Liggeri, presentato fuori concorso alla Mostra del Cinema di Venezia nel 1997. È stata direttore e caporedattore del sito aperiodico Terra Di Poiesis, la cui esperienza è ormai chiusa. Ha collaborato con numerosi saggi di musica elettronica, psichedelica, krautrock e kosmische musik alla rivista specializzata Musikbox e ha pubblicato prose, poesie, saggistica letteraria, filosofica e storiografica su vari blog e riviste cartacee e telematiche, fra cui Storia & Storici, WSF, La Recherche, Fallacie Logiche, Scrittori Precari, Verde. Insieme ad Antonella Pierangeli, dirige il blog Critica Impura ed ha appena pubblicato l’antologia saggistica scritta a quattro mani Un anno di Critica Impura (Web – Press Edizioni, Milano 2013).