Not bad
recensione di
Luigi Paraboschi
Il nuovo libro di Claudia Zironi, uscito con Arcipelago Itaca Edizioni, con prefazione di Francesco Tomada, è decisamente bello, ricco di sfumature, tocchi di bravura, annotazioni psicologiche, riflessioni amare e chi, come me, ha seguito questa autrice fin dagli inizi si sente di dire che è il proseguimento dei tanti temi che Claudia Zironi ha affrontato nei lavori precedenti, e ora lo fa con un occhio ancora più dilatato su ciò che essa pensa di se stessa e della vita.
Dall’ opera precedente alla attuale, -“Quando si spegne il cielo“ del 2019- riprende qualcosa che inserisce in questa integrandola come prima sezione delle quattro che costituiscono quella in esame,
“…non ci sarà giudizio né rinascita, le pietre/ non ricorderanno una parola di Albanese né un solo verso di Dante/ di Montale, di De Angelis o di Arminio Franco, chi ha abitato/ la laguna e l’Amazzonia, chi ha comprato l’ultimo esemplare di Ferrari./ poi anche i vermi si estingueranno e tutto tornerà alla perfezione //
ovviamente, non si può pensare che un autore cambi d’improvviso la propria visione del mondo, infatti in questo nuovo lavoro scrive :
”…da domani non ci riconosceremo/ come umani: macchine, automi, calcolatori./ parleremo di sogni, forse, ma senza crederci/ davvero…/ solo resterà questo senso/ del condizionale passato, tempo andato…”
Il suo è un occhio pieno di desiderio di libertà, di “…partire verso sud/ …partirò per l’isola/ su una barca silenziosa…”, un occhio non più bisognoso di alcun desiderio, tranne poi smentirsi più avanti ove troviamo “di cosa hai bisogno – mi chiedevi…” e dopo alcune soluzioni o proposte di aiuto fa concludere il suo interlocutore con questa domanda : “o forse hai bisogno di un mio sguardo, di una carezza?”.
L’eterna insoddisfazione che contraddistingue tutti noi riempie il cuore dell’autrice di contraddizioni continue, al punto di scrivere quasi rispondendo all’amica e consorella Silvia Secco, in questo modo:
libera nos a malo. libere/ siamo, libere, dalla carne/ e dall’anima. libere dai suoni/ dai canti e dalle voci…”
Questo bisogno di essere liberata dal male assume in molti lavori la dimensione di invocazione, a volte dolce a volte rabbiosa ma sempre avvolta dentro la tristezza e “le insicurezze dell’eterna adolescente“ che la spingono nella stessa poesia a questa invocazione ”mi si prenda e basta, senza incertezze/ dandomi temporaneo, incondizionato Amore.“ e in quel verbo “prenda“ si sente chiaramente un bisogno di fisicità che immagina espressa da un caldo amante con le parole “- amami, amica mia./ ferma il tempo, fammi duro/ tronco a cui avvinghiarti, cura/ l’insano desiderio dei tuoi baci, diventa sale/ e lingua e carne, appaga/ la tua voglia di bermi goccia a goccia”.
In altra ancora sentiamo affiorare la malinconia e il bisogno di condivisione che si fanno strada osservando una serata di nebbia della bassa:
“ …resta solo/ una specie di malinconia, la voglia/ di un amore già incontrato, di baci/ caldi, di un letto sfatto, con una donna/ che tanto abbia pianto” e qui la consolazione, la comprensione, la condivisione sembra che possano essere solamente fornite da un animo femminile che “abbia pianto“, e mi viene da dire che sento riecheggiare in Zironi i suoni di un certo animo di Pascoli altrettanto sensibile al tema degli affetti
Non si può non leggere nei versi di questa raccolta l’esigenza spasmodica di un aggancio di qualsiasi tipo o genere, la ricerca di un appiglio per tenersi a galla quando vediamo:
“tienimi come riparo/ davanti a un cielo così immenso/ senza memoria e senza confini/… tienimi con te nella caduta/ conferita alla nascita…/ tienimi stretta/ tra la rabbia e la paura./ tienimi come il sorriso/ di un giorno migliore”
Queste invocazioni sembrano non toccare l’orecchio cui erano destinate, si scontrano con una sorta d’indifferenza, di incomprensione che generano a loro volta una macerazione interiore che incide l’anima dell’autrice.
Procedo per gradi nell’estrapolare qualche breve riflessione su quella che mi sembra un grande delusione amorosa, e trovo
“mi hai insegnato l’impotenza, l’inutilità/ della parola, quanto sia vana la poesia./ la mistica del segno, un risonare di mondi/ inesistenti, dare il nome alla creazione/ e chiamare ad alta voce ogni pensiero/ non avvicinano al divino né all’amore.“,
Tutto l’amore mal indirizzato è spiegato:
“per ogni lacrima che verso ti auguro/ dieci anni felici finché sarai più vecchio/ del mondo e felicemente solo/ racconterai alle api e ai monsoni/ la leggenda di chi, con il dolore, ti ha reso/ felice in eterno.“
L’amarezza di una storia andata male esce con dolore da questa
“il giorno della tua morte indosserò/ abiti consoni, una faccia contrita/ modi di circostanza/ spero che non piova/ per non rovinare la messa in piega/ che non ci sia fango e non faccia troppo/ freddo, che sia una giornata normale/ senza sole né gloria, adatta/ all’occasione. il giorno della tua morte/ qualcuno mi avviserà, senza sapere/ qualcun altro mi chiederà come mi sento/ ma credo che non risponderò, non dirò/ niente, tratterrò le lacrime e/ mi darò un contegno. il giorno/ della tua morte comprerò dei fiori/ e li metterò in un vaso, sopra la finestra/ racconterò a loro tutto quanto: tutto quello/ che non sei mai stato.”
Tuttavia non è cosi facile dimenticare “ciò che non sei mai stato“, e la tentazione di ricominciare talvolta è forte, infatti:
“…sarebbe bello ricominciare/ immaginarci differenti, sorridere al pensiero/ di vederci, di nulla chiedere e insieme andare/ verso un quieto viale del parco a cercare/ le nate margherite.”
La lettura di questa raccolta, da me ordinata secondo una mia logica di pensiero che non ha seguito la presentazione seguita dell’autrice, si conclude con un gruppo di poesie che definirei “tragedia dell’apocalisse“ nelle quali sembra confluire tutto il condensato, la delusione, il disgusto, l’amarezza, per questo nostro mondo e modo di vivere che non lasciano alcuno spazio alla speranza, ove anche la cultura non è sufficiente:
”so quel che c’è da sapere, ore e ore/ di parole, anni di inutili dati/ racconti miei importanti svaniti/ …che vorrei/ non avere mai sentito, che non posso/ cancellare, nemmeno se chiudo gli occhi/ nemmeno quando si spegne il cielo.”
Per celebrare la fine di un anno questi versi ci lasciano sentire ancora una volta quanto grande sia il bisogno di amore che scaturisce da questa raccolta:
”… la fine di un altro anno sulla terra/ dove cerchiamo giorno per giorno di lenire/ il terrore della primigenia creazione, di viverne/ altri trenta, inutili, da sconfitti./ e qualcosa ci lascia -/ la capacità di scrivere d’amore.“
La conclusione la lascio ad un poesia che dal titolo stesso racconta già tutto il significato e la filosofia di Zironi, infatti si intitola in inglese “hole in my soul“ e di buchi nell’anima di questa artista ne abbiamo trovati molti, ma non rassegniamoci ancora a perdere la speranza che in un modo o nell’altro essi possano essere riempiti con l’amore che le è mancato:
perché in fondo come si definisce un buco?/ciò che non è pieno, un vuoto, un tronco cavo/un nido abbandonato, l’abisso, il pozzo, il gorgo/che tutto inghiotte, nero e dirompente nello spreco/illusorio e fallace, della vita, il viaggio senza destino/della luce, che parte e non si sa dove si frange/dove riposa come buio, con tutti i suoi colori/ai margini del tempo, la mancanza/di progetti e aspettative appigliati a un domani/che non ci appartiene, la resa della terra/e del muro e di ogni altra nobile materia/alla sua asportazione dal contesto, il silenzio/che ci chiude anzitempo nella tomba, il lutto/della memoria, la demenza, la follia, l’oggettiva/inefficacia della perseveranza, l’archiviazione/di ciò che avremmo potuto e non è stato, un passaggio/dal perimetro regolare o frastagliato, un foro.
Alcune poesie da Not bad
Dalla sezione I Quando si spegne il cielo
io ho una gemella siamese, ci hanno detto
che siamo indivisibili e dovremo
passare tutta la vita insieme. io
ho il fegato e un rene, bocca e stomaco
sono in comune, il cervello è equamente
ripartito: lei è quella che guarda le nuvole e ci vede
bambini alati e cavalli colorati, è quella
che scrive le poesie. sta invecchiando
più velocemente di me, lei è quella che
possiede il cuore. so che un giorno
se ne andrà per prima e a me resterà
qualche momento ancora per capire
come si muore.
Dalla sezione II Not bad
# happy days
scrivo dalla terra degli alberi
spogli e delle notti senza stelle
perché lì è la bellezza che cura
amorevole, materna. in silenzio
le piccole aracnidi nell’ambra
conservano ogni storia accaduta:
sfilano le sorelle, gli amici, i figli
tutti i padri perduti nei millenni
in una lenta processione di ombre.
scrivo dalla terra dei folli
da quella degli amori mancati
dove si soffre senza invecchiare e
si prega il dio dei ricordi
affidando le parole a una rete.
qualcuno in ascolto testimonierebbe
che non c’è fallo nella rinuncia.
nessuna luce, nessun movimento
una tiepida quiete nel cosmo.
Dalla sezione III Nuda carne
c’è un silenzio che sembra quando nevica
e ci si aspetta un miracolo dalla notte
fuori dalla finestra, si trattiene il respiro
scostando la tenda, si tace
davanti a tutto quel bianco.
c’è un silenzio che sembra
che le stagioni siano sospese
e la primavera fuori di qui
non stia per arrivare.
c’è un silenzio che sembra
che non siamo mai nate
come se fosse la prima notte del mondo
e fossero le stelle a tacere stupite
fuori dal tempo.
c’è un silenzio che sembra una tomba
come fossimo morte
e non mancassimo a chi amavamo.
c’è un silenzio che sembra
una condanna
da scontare come una quarantena
così inevitabilmente sole.
Dalla sezione IV Il ritorno degli uccelli
il nostro tempo ha le ali grandi
vola rasente acqua e le batte con calma
con cadenza precisa. l’acqua che sfiora
non è mai la stessa: benedice il mutamento
santifica il gioco. solo una volta nella nostra vita
interrompe il volo.
Claudia Zironi opera dal 2012 con l’associazione Versante Ripido della quale è uno dei fondatori e Presidente e collabora con altre realtà che promuovono poesia, arte e cultura. Fa parte della redazione della rivista Le Voci della Luna. È alla sesta pubblicazione poetica delle quali Eros e polis è stata riproposta in USA in traduzione di Emanuel Di Pasquale (Xenos Books, 2016). Del 2019 l’antologia a cura di Sonia Caporossi: Claudia Zironi – Diradare l’ombra – antologia di critica e testi – 2012-2019 (Marco Saya Edizioni). Appena uscito il suo libro di poesie: Not bad (Arcipelago Itaca, 2020).