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Flavio Almerighi

24 giugno 2021

almerighi lettere

Presenza e assenza dell’interlocutore-destinatario

in “Lettere” di Flavio Almerighi
Per conto di Macabor Marzo 2021

Desidero essere Te,
amore è sequenza di metastasi benigne
e anticorpi a renderle felici

diventiamo l’un l’altro per osmosi
con rapidi cambi di ruolo
e il nome non è più tuo né mio,
ma tutto è verità
da “Lettere” pag.63

-flavio-almerighi-

 

“Lettere” di Flavio Almerighi si configura come un’allegoria dell’atto poetico. Non a caso la genesi diaristica dei testi di Lettere, frammentata e composita, concepita e ambientata nella terra di nessuno, (Dentro il nulla di lettere mai scritte) trova via via un suo ritmo spoglio e si fa testimone di una condizione esistenziale, di una volontà di aderire al proprio vissuto, anzi di ricostruirlo attraverso i luoghi (il lago, la Lunetta, Caffè del mare) visitati, anche quando il senso di appartenenza continua a sfuggire. In Lettere, Almerighi compie un viaggio iniziatico alla ricerca di se stesso? Quasi a rovescio, è colui che in ogni luogo vive una condizione di spaesamento.  Infatti la prima strofa di “altre ombre” tematizza la genesi di questo atto: perduta da tempo/ quel giorno tornò la neve/, stesso fruscio d’organza/, qualcosa sfuggì/ al normale raggiro/ della ragione (pag.9). All’ evento drammatico della perdita, viene associato il dono “la lettera s’imbuca” con la sua carica di speranza che consente di riprendere il cammino della vita dopo la prova del dolore, ma si fa anche allegoria della poesia. Lettere come “descensio ad inferos,” il calamaio nero / rovesciato su preziosi amori/ cancella ogni coscienza/ il cui principio è silenzio” (pag.9) come contatto con ciò che di noi rimane indecifrabile e che tornato alla luce, si traduce poi in canti. La poetica di “Lettere” si fonda dunque sul tentativo di recupero dell’innocenza della parola e di ristabilire radici abbastanza solide della propria identità. Ciò è possibile attraverso il ritorno a una totale nudità, alla sua funzione originaria, che risulterà del tutto nuova e rivoluzionaria, liberata dalle sue funzioni referenziali, essa infatti recupera la propria purezza e il potere di alludere a verità che non possono essere spiegate con la ragione. In un certo senso è la parola che crea la realtà e non viceversa. Dimmi tu di te/ quali siano le tue rondini/come mai sono già partite/, quanto ti spaventa e meraviglia/ se un cane/ vuole leccarti la mano (Pag.17). Il tratto distintivo dell’uomo schietto Almerighi traspare nella sua opera in un amaro scetticismo conoscitivo che però non si accompagna un atteggiamento rinunciatario, bensì la volontà di raggiungere un’interpretazione globale della realtà, la tensione verso una possibile rivelazione del senso ultimo del reale. Le sue qualità e la sua efficacia comunicativa prescindono dai dati concreti che l’ispirarono; però dal punto di vista metodologico, può essere utile conoscere che dietro ai testi non vi sono soltanto fantasie. Ma soprattutto l’opera non è mai disgiunta dalla volontà di dare un senso altamente morale all’operato del poeta. “Il consuntivo dice basta/, affrettiamoci a riguadagnare il cielo/, sempre lo stesso coi suoi oroscopi/ sulla superficie del nulla/ per due sovrane a rigo (pag.29). Acuto e arguto Almerighi in queste riflessioni di Lettere dove, al motivo della transitorietà, attraverso il tentativo di recuperare una dimensione atavica dell’esistenza, si associa il legame con la madre oltre il tempo “Mamma è andata a non avere una vita/, immagine che rimanda a un linguaggio muto di amore materno-filiale, a cui il poeta riconosce i valori che danno senso alla vita. Al motivo della transitorietà dell’esistenza si connette anche la consapevolezza della maturità, espressa nei vv.pag.90 “che a una certa età forse per stanchezza/, bisogno di non essere più soli/, decidiate di poterne uscire indenni/scendendo a patti, è molto opinabile”. Nella sezione Lettere d’amore e no il discorso diventa intimo, quasi sfuggente nel suo essere calibrato e, concertato sul filo di umanissimo dialogo-soliloquio in assenza” La verità chiusa dentro/ la sottoveste mai tolta/, somma di onde, colonne/ d’acqua pesante e annerita/ dalla furia degli elementi.” (pag.59) o “tienimi con te non per le canzoni/ o le parole, nemmeno le più belle/, “…tienimi con te/ non sei nessun altro/, tienimi con te” (pag.68).  Buona parte della poesia di Almerighi si può leggere come resistenza al tempo con i tratti della fuga temporum e del continuo confronto dell’uomo con la sua finitezza, oggetto della poesia non è uno stato di grazia e il poeta non denuncia una causa precisa ma dichiara la propria stanchezza di fronte a un domani sempre uguale. Il sentimento dominante è la nostalgia di futuro e il desiderio di qualcosa che sottragga all’ignavia e all’apatia degli uomini.  In un mondo reso sempre meno leggibile, la poesia di Almerighi non è mai rifiuto, negazione o esilio dalla Storia ma si misura con la realtà in cui vive, intesa come capacità di scegliere, di muoversi fra alternative chiare, di superare il compromesso e la sopraffazione.

@Maria Allo

Lettera (pag.17)

Ora tocca a te comprendere
l’estate sconosciuta
senza tradizioni di famiglia.

Candela flessibile
Consumata sotto l’altare
di chi non crede,
carne e stoppino, là
dove spiaggiano desideri.

Dimmi tu di te,
quali siano le tue rondini
come mai sono già partite,
quanto ti spaventa
e meraviglia se un cane
vuole leccarti la mano.

Io sto qui
a cercare e vendere,
ho tutto sott’occhio
quando non precipito,
ti sia lieve la mia lettera
lanciata alta
assieme a un bacio.

***

Vent’anni (pag.20)

Mamma è andata a non avere una vita,
papà a raccogliere gli ultimi tizzoni.
La mattina è il momento peggiore,
mi sveglio quando la casa è vuota, nessuno
mi protegge dallo sgomento del temporale.

La paura misura il colpo d’ascia inferto
da questo mattino a calure estive già fuggite,
dove potevo rifugiarmi a dormire, sognare.
Il gatto è schizzato sotto il letto,
adesso ho un altro giorno da scoprire.

***

Caro Flavio (pag.29)
Il consuntivo dice basta,
affrettiamoci a riguadagnare il cielo,
sempre lo stesso coi suoi oroscopi
sulla superficie del nulla
per due sovrane a rigo.
C’è stato chi parlò di effemeridi,
vagabondi, scrisse libri.
Come mai mi trovassi sul suo tappeto
con lei addosso, mi chiedo ancora.
Continuo a non rispondermi.
Mi addormentai, quando,
sveglio di soprassalto,
vidi che era sera, maledissi
il tempo gettato in sonno.
Farò il pensionato da grande,
ho tenuto in serbo questo conforto
tutta la vita. Caro Flavio,
impara a far di conto.
Il terreno è fangoso,
ieri notte ha piovuto di nuovo.
Però che bello
fumare col vento in poppa,
il destino tende la mano
e scrocca un’altra sigaretta.

***

Lettera senza parole (pag.33)

avviamoci a dormire,
ci salvi l’irreprensibilità dei sogni
senza parole, altrove è lo stesso:
qualsiasi romanzo è un artificio,
la civiltà non ci ha resi migliori,
ogni giorno mandato dal calendario
ci svela squallidi, famelici,
quando sarebbe necessario invece
migliorare lo stato di veglia,
ascoltare le radici
e la pianta svelare l’utilità
d’ogni sepoltura.

I nostri morti
appollaiati sulle spalle
a sorridere di errori ripetuti:
la storia non insegna
a dividere equamente per ognuno
acque lucide, pescose
non si vuotino le culle,
rimangano uomini e donne
a splendere, cantino
ogni giorno, la pietra resistente
su cui poggiare il capo, dove
finalmente riposano

***

Con affetto (pag.38)

Gesù Cristo, mi piacerebbe
essere di nuovo felice!
Salire su un autobus
e, dopo la colletta, tornare a casa.

Non è più lo stesso senza te.
Preferisco non sentire
gli anni sbagliarmi addosso,
vorrei ascoltare altra musica.

Qui il più legale è bandito.
Spiana la canna sotto il mento,
alzi le mani d’istinto
mentre ti vuota le tasche.
Sorride prima di spezzarti i denti.

In ogni epoca tutti sono amici,
fino a quando cominciano i soldi.
La scena si consuma,
l’avarizia divora, strappa ogni piuma
d’inutili orpelli ai vivi.

Con affetto.

***

dimenticare tutto (pag.48)

Cosa raccontiamo. Smembrata la Compagnia,
ognuno ha ripreso la propria strada
oltre i campi, verso la nuova età dell’oro.
in fondo,
servono guerre per arrivare alla Luna.
Le divergenze parallele porgono cordiali saluti.

Salgono docili le biciclette su treni e romanzi pieni
di zitelle, vocazioni negate in aste per baci sporchi
dentro case d’incontri e anime lontane.
Dimenticato del tutto il fumo dei camini
persi nel vento, nelle rose continuamente lisciate
di luce mai vista, nemmeno sentita, ma ovunque
presente, supplica di ogni giorno bene in evidenza.

Dove andiamo. Della mia uniforme conservo fregio,
mostrine, scarpe ancora disposte a proseguire, ricordi
di vicinanze sbranate dal tempo,
e chiusi i negozi di dischi.

Dove siamo adesso. Saldi a una fermata, non si sa
di tante speranze quale sia stata la prima a morire,
l’ultima ancora in piedi, fuori a fumare senza timori
per l’arrivo di una nuova brutta stagione.

Dove sarà Dio. È rimasto ad Auschwitz a sbucciare zucche,
a scolpire ciottoli, a dimenticare.

***

Abbiate cura di voi (pag.58)

Abbiate cura di voi,
dei vostri figli e della Legge.
Non trascurate di nascondere
quanto possa restarvi in tasca
in caso il diluvio
bussi alle vostre porte.
Vi diranno usurai,
mangiatori di carne umana.
Tutti ricorderanno Shylock
nessuno Gesù Cristo.

***

Flavio Almerighi  è nato a Faenza il 21 gennaio 1959. Sue le raccolte di poesia Allegro Improvviso (Ibiskos 1999), Vie di Fuga (Aletti, 2002), Amori al tempo del Nasdaq (Aletti 2003), Coscienze di mulini a vento (Gabrieli 2007), durante il dopocristo (Tempo al Libro 2008), qui è Lontano (Tempo al Libro, 2010), Voce dei miei occhi (Fermenti, 2011) Procellaria (Fermenti, 2013), Caleranno i Vandali (Samuele, 2016), Storm Petrel (edizione bilingue di Procellaria, Xenos Books Los Angeles 2017 traduzione di Steven Grieco), Lettere (Macabor Marzo 2021).  E’ presente in rete con il blog “amArgine“.

Flavio Almerighi

12 dicembre 2019

 

selezione testi tratta da “Cerentari
Antologia 1998 – 2017 (con alcuni inediti)
pubblicata su “La dimora del tempo sospeso” per
Quaderni di RebStein
LXII. Giugno 2017

 

da Allegro Improvviso
(Ibiskos, 1999)

Tarda estate, primo pomeriggio

Figuriamoci
se agosto fosse stato infinito
e il moto ondoso in perenne bonaccia
riempito soltanto dalle anime morte
da esso assediate giorno e notte…
Fumare e dormire
il programma piatto che segue momenti
di grande vicinanza e comunicazione,
quando decidevi l’importanza del mio piacere,
un’esigenza superiore
alla precauzione estrema di non lasciare tracce.
Oggi dormirei volentieri su quel letto di gusci rotti
senza averti toccata
e sopra un altro più plausibile
di piume e molle, dopo l’ennesimo atto
di un nostro colloquio d’amore.
Che silenzio!
Alla ricerca affannante della felicità
nell’impresa disperata
di creare una sublime opera d’arte.
Il letto è composto,
le trame ordinate, abbinate
e il primo pomeriggio
tutto da riempire.

*

da Vie di Fuga
(Aletti, 2001)

Amelia Rosselli

Piano piano
sbocciano fiori fra i CD.
Si alzano
sfioriscono,
tu non puoi fare niente.
Bizzarra questa mente,
s’accende e poi si spegne.
Inventa
si nasconde,
indossa uno sleep
e si autoconsegna
al sonno esterno.
Salsa rossa trilingue
con pettini imburrati
roba da trattoria,
come l’offesa di dover vivere
che ti ha portata via
il tonfo di una poesia
affondò
anche i muri

*

da Amori al Tempo del Nasdaq
(Aletti, 2003)

A mia figlia

Paternità, verbo al presente,
come se li avessi inventati io
quei tuoi occhi così pieni di luce
e filati i capelli,
colorate le labbra
di ciliegie e sorrisi
progettate le mani come le mie.
Invece, imperfetto,
nemmeno ho descritto la gioia
di poterti stringere al petto
e le dita che ho
non sanno contare
il tempo rimasto
per restarti vicino.

*

da Coscienze di mulini a vento
(Gabrieli, 2006)

Tre sorrisi

Ho visto quel che non si vede,
ma non esiste ciò che ho visto.
Una brace illumina e ombreggia
volti sconosciuti che inseguono l’aurora
muovendo ai lati d’una scacchiera in stallo.
Chi sono io?
Non dovrei chiedermi,
ma sembro il sorriso scoccato dal palco
di un teatro mai aperto.
Potrei nascere dalla tomba
e raggiungere, camminando, mia madre
per rinfrescarle in viso il gelido make up,
ripensare seriamente al volo.
Sorrido. Soltanto il desiderio
rifà profilo alle cose,
tutti sono ritorni.
Che sia riagguantare lo sfuggito
con il morso di un cavallo scosso,
che sia su strade poco illuminate.
Chi sono io?
(altro sorriso)
Amarsi è l’incontro con qualcuno
che sappia rompere il silenzio.

*

da durante il dopocristo
(Tempo al Libro, 2007)

Otto Giugno 2007,

tra una versione definitiva
e l’altra della vita
corrono strazi paralleli
riempiti di terriccio e formicai
a tirar rosari, somme e pareggi
che non rendono pari dignità
a un tramonto di classe.
[Guardava cani sui tetti,
anche allora sapeva di non vivere.
Già dall’Ottanta la sua anima
desiderava esequie vichinghe,
ma si sentì grande quel giorno,
quando, sulle rovine di Ninive,
trovò un cancello.]
L’arte sepolcrale
rasenta a volte l’imperfezione
non sono ritocchi, ma rintocchi
quelli d’ala al messaggero,
ad avere cura di,
orgogliosi per avere scalato
una ziqqurat caduta.

*

da qui è Lontano
(Tempo al Libro, 2010)

Apocrifi

sull’estremo promontorio in brandelli
il vestito incollato ai polpacci,
l’epica di capelli storti dal vento
e palpebre incollate alla fronte,
perché lunga è aspettare i feriti
e ritorni caduti nei fossi,
preghiere di fatto – grida scosse
e minime note di piano,
fresche non scadute, subito dimenticate,
piove e arrugginiscono, baciatele prego
che non si sa più se sono carta o penna,
e di quali rami sono vestite,
i poeti seducono prassi,
allontanano il senso alle cose
per seminare pezzi e nascerne altri,
lanciano sassate imprecanti ai cantieri,
sfollano penisole e fenditure
perché hanno facce da gitanti apocrifi

*

da Voce dei miei occhi
(Fermenti, 2011)

Voce dei miei occhi

Oggi passerà alla storia
per i primi tratti di rondini
nascoste dopo un anno,
mi panegirico pensando
forse potrò sopportarmi
ancora un altro poco,
magari per poco
valeva la pena, penso
di tutto quanto il gelo
dagli schiaffi cattivi
e per quello che verrà,
aspettare e aspettare
per sentirne ancora.

*

da Procellaria (Fermenti, 2013)

Storm Petrel (Xenos Books, 2017)

Rosso d’uva

Questa notte un uomo
col ghigno
di un’acquasantiera
mi ha gettato
un giornale in faccia
poi mi ha accoltellato,
rosso d’uva
il sangue corre
dove non è mai stato
mi porta dietro,
quanto silenzio – penso
mentre muoio
e mi sveglio.

*

da Sono le tre
(LietoColle, 2013)

A volte mi perdo in stazione

treni in ritardo consentono deflagranti letture

A volte mi perdo in stazione
negli occhi di un cane
illuminanti sullo stato
di salute e precarietà,
avessi trascorso tutta la vita
ad aggiustare parole
non mi sarei reso conto
della storia andata in replica,
del saluto nel bacio
della gratitudine al tempo reso
prima dell’arrivo
e alla prossima partenza.

 

*

da Caleranno i vandali
(Samuele Editore, 2015)

memorie di un pulitore di carrozze

sabato,
il sacco nero pesa vuoto
come la notte intorno,
trovo inutile controllare l’ora
come qualche raro viaggiatore
fa con l’unica voglia di partire
senza dire dove scenderà
le tendine ferme
divaricate poco più chiare
la stagione infinita,
io non godo le stelle
all’uscita prendo un po’ d’aria
prima di un’altra vettura
l’ultima parte per prima,
debbo smontare in fretta
non mi armo, me ne andrò
con la mia raccolta
di vuoti a perdere.
I bambini dormono
offesi perché nati,
se sono qui m’immagino
che non è finita,
l’anima nel sacco nero
conserva leggerezza
sotto le spalle indolenzite.

*

da INEDITI (2016 – 2017)

Clara vive sola

una sera
Clara ha raccontato la storia
di chi l’ha baciata
dentro un armadio,
mentre scriveva nascosta
dietro ante semi aperte
seduta sulla naftalina,
la luce andava,
venivano nubi veloci,
al buio la carta
brillante come richiamo.
Solo chi è stato là
sa di cosa si parla,
quali siano stati
gli abiti che indossava.
Mia madre
non poteva avere figli,
le sono nato io
che ho rapito Clara,
ma i suoi occhi,
quando voleva aprirli,
sapevano scrutare oltre.
Il candore dello zucchero
è dissolto il velo.

*

C E R E N T A R I
Antologia 1998 – 2017 (con alcuni inediti)

*

Flavio Almerighi è nato a Faenza il 21 gennaio 1959. Sue le raccolte di poesia Allegro Improvviso (Ibiskos 1999), Vie di Fuga (Aletti, 2002), Amori al tempo del Nasdaq (Aletti 2003), Coscienze di mulini a vento (Gabrieli 2007), durante il dopocristo (Tempo al Libro 2008), qui è Lontano (Tempo al Libro, 2010), Voce dei miei occhi (Fermenti, 2011) Procellaria (Fermenti, 2013), Caleranno i Vandali (Samuele, 2016), Storm Petrel (edizione bilingue di Procellaria, Xenos Books Los Angeles 2017 traduzione di Steven Grieco). E’ presente in rete con il blog amArgine (https://almerighi.wordpress.com/).