Per segni accesi di Annamaria Ferramosca, Giuliano Ladolfi Editore, 2021
Leggere la poesia di Annamaria Ferramosca è come avanzare attraverso prodigi luminosi, rapimenti d’amore e segnali di fuoco apocalittici, ché di profezia e accensione immaginativa e consapevolezza della desertificazione dei sentimenti ustionati dal male e dalla miopia dei tempi essa si nutre.
L’autrice, come una Sibilla contemporanea, trascina la lingua verso uno slancio totalizzante, allo stesso tempo mistico e sensuale, abbracciando l’alto e il basso, la purezza celeste e l’imperfetto dell’amore umano, tracciando un itinerario di gradazione ora ascendente ora discendente, intanto che viene disseminando segni ed immagini simboliche di forte e multipla pregnanza semantica.
Da una parte “le cadute e le polveri”, dall’altra “i lumi le ricostruzioni”; nel mare “la morte che galleggia”, nella terra “il luccichio delle nascite”; e il sogno delle terre del Nord e del mare di mezzo ora che sono sparite “le rose leggendarie” e il mondo fa ombra.
La reiterata presenza di bambini e bambine, che giocano, che chiedono ripetutamente il perché del male (perché i fuochi incendiano i ponti crollano / le parole non parlano perché), che compiono minimi ed emblematici gesti d’amore come disporre briciole in terra / lungo la fila delle formiche, racconta il desiderio e la necessità di un mondo iniziale, rinnovato dalla capacità redentrice della sorgiva parola umana.
Allo stesso modo nei film di Fellini si stagliano al di sopra e al di là del male e della corruzione, il piccolo pifferaio in “8½” o i bimbi che affermano di avere visto la Vergine Maria in “La dolce vita”.
Si avverte anche la presenza archetipale della luce, specie albale, come elemento necessario e alla costruzione di nuovi continenti e di una nuova umanità e alla dimensione visionaria e metafisica, secondo un tòpos ampiamente collaudato nella letteratura, a cominciare da Dante.
Tutto questo sembrerebbe coincidere con un atteggiamento d’astrazione, quando invece è da una profonda consapevolezza che sgorga il sogno di purificazione; così che, nonostante la materia non appaia prettamente storica, l’argomentazione si basa su parole-chiave di significato sociale, come “insieme”, “accanto”, “noi”, “fratelli”, che prefigurano un’umanità cementata dalla compassione, concepita, quest’ultima, tanto in senso attivo di cum-pati, quanto in senso ricettivo, in una rilkiana accettazione del Tutto, dalla “nascitamistero” fino all’enigma dell’ultimo buio.
Lo sguardo e il canto arretrano fino all’archetipo e accolgono il mito come «modalità più segreta dell’essere», secondo la lezione di Mircea Eliade. L’infanzia stessa si fa mito in cui rintracciare memorie e sentimenti remoti, grazia e innocenza; figura del risorgere ciclico e gioioso,/ ché siamo tutti – fogliepietreanimali- / fatti della stessa sostanza luminosa / promessa inesauribile di un’alba; ed ecco che all’alba l’albero-dea Mirra partorisce il piccolo Adone dalle guance rosa, il quale non piange, ma sorride perché mai piange un mito d’amore.
La centralità del linguaggio, quasi sia esso stesso una sorta di correlativo oggettivo, si avverte in modo palese nella sovrabbondanza di parole composte, che non solo sembrano inseguire gli scatti visionari dell’autrice, ma trasformano i significanti in icone volte a ribadire l’agognata unità fra le molte lingue degli esistenti e fra quest’ultimi: e quell’ insieme camminiamo insieme andiamo generano “l’oltreorizzonte” “sempreverdi” “sabbialuce”, se è vero che il dire è sostanza di vita.
In questo modo Annamaria Ferramosca recita l’atto di fede nella Poesia: libero volo compassione occhio / testimone del vento del tempo // sintonizzarci sulla sua frequenza // provare a tradurre qualche lembo / della sua densa leggerezza / in segni vivi pure imperfetti / poter salvare il suo silenzio / l’invisibile sua lingua inarresa”.
E, dunque, nonostante i guasti e il dolore e i “disincontri”, la Ferramosca ci lascia un’affermazione di fiducia nell’umano dell’Uomo e nella funzione salvifica della poesia che di slancio supera il tempo lineare per approdare a un mondo ricomposto, non però ad un’utopia, a un non-luogo, ma a un’immaginazione feconda, ricca di segni accesi, capaci di allontanare le tenebre.
Franca Alaimo
26 Giugno 2021
Dalla sezione “ le origini l’andare “
cantano i bambini ninnenanne
all’incontrario piccole storie senza finale
lanterne e trottole serene ad ogni giro
giochi ai quattro cantoni del mondo
mentre l’umano s’allontana muto
alle domande infantili che squillano
perché i fuochi incendiano i ponti crollano
le parole non parlano perché?
sulle ginocchia rimarginano
veloci le ferite dei giochi
e si fa festa abbracciando gli alberi
mettendo corone di foglie sulla fronte
e non smette di raccontare storie Sheerazade
per ore e ore
finché tutto non sia compreso
caduto il velo poi
ci si può addormentare
***
perché sempre ubbidire
perché non nascondere il capo
nel sacchetto del pane
all’accostarsi solenne dell’angelo
a quel suo eterno gesto di creta azzurrina
basterebbe arginare le folate del manto
deviare in un crepaccio il soffio ardente
basterebbe cercare una falda vicina alla casa
– acqua di prossimità –
per cementare ogni crepa sul muro
chiedere un prodigio diverso se
non i pani ma i muri si moltiplicano
muri a secco
di compassione
non hanno mai riparato
né un rovo né un geco dagli incendi
è un fiume amaro a sprofondare
carsico in petto lasciando allo scoperto
sedimenti incoerenti
domandepietre
***
Dalla sezione “ i lumi i cerchi ”
fare tabula rasa dei pensieri
affidarsi al buio
con la sicurezza dei ciechi
sostare ad ogni angolo della notte
afferrare i lumi al baluginare dell’alba
sulla bocca delle sorgenti
nel luccichio delle nascite
verrà l’oceano
verranno le sue vele
saremo nuovi per nuovi continenti
***
respiro mare
in questo spazio al sud
d’acqua e silenzio
dove la riva affabula
di vita in senso senza
bisogno di parole
alto mi assale il sole
dorme bassa la luna
nel suo letto di scogli
qui dove nessuno può insabbiare
l’impronta chiara degli onesti
la follia saggia dei sognatori
dove bambini scalzi
ancora pescano l’azzurro con
ami di pane
***
Dalla sezione “per segni accesi ”
l’albero-dea Mirra ha partorito all’alba
cade il piccolo Adone dalle guance rosa
sul tappeto di foglie
sorride non piange
mai piange un mito d’amore
semmai balbetta innamorato
ai morsi di mela
già mi ha conquistato
a lui s’inchina il bosco
divenuto sacro
gonfia in fermento l’humus brillante
schizzano via le cupole alle ghiande
lui audace corre
nel rito di passaggio
splende audace in sudore
corre nel mondo e non ha porto
sempre lo inseguo lo raggiungo lo blocco
sempre lo trovo senza passaporto
Annamaria Ferramosca è nata in Salento e vive a Roma, dove ha lavorato come biologa docente e ricercatrice, ricoprendo al contempo l’incarico di cultrice di Letteratura Italiana per alcuni anni presso l’Università RomaTre. Ha all’attivo collaborazioni e contributi creativi e critici con varie riviste nazionali e internazionali e in rete con vari siti italiani di poesia.
Ha pubblicato in poesia: Andare per salti, Arcipelago Itaca (Premio Arcipelago Itaca, selezione Premio Elio Pagliarani, Premio “Una vita in poesia” al Lorenzo Montano2020, finalista al Premio Guido Gozzano e al Premio Europa in Versi); Other Signs, Other Circles – Selected Poems 1990-2008, volume antologico di percorso edito da Chelsea Editions di New York per la collana Poeti Italiani Contemporanei Tradotti, a cura di Anamaría Crowe Serrano e Riccardo Duranti ( Premio Città di Cattolica); Curve di livello, Marsilio (Premio Astrolabio, finalista ai Premi: Camaiore, LericiPea, Giovanni Pascoli, Lorenzo Montano); Trittici – Il segno e la parola,DotcomPress; Ciclica, La Vita Felice; Paso Doble, coautrice la poetessa irlandese Anamaria Crowe Serrano, Empiria; La Poesia Anima Mundi, monografia a cura di Gianmario Lucini, con i Canti della prossimità, puntoacapo; Porte/Doors, Edizioni del Leone (Premio Internazionale Forum-Den Haag); Il versante vero, Fermenti (Premio Opera Prima Aldo Contini Bonacossi).
Ha curato la versione poetica italiana del libro antologico del poeta rumeno Gheorghe Vidican 3D- Poesie 2003-2013, CFR (Premio Accademia di Romania per la traduzione).
Sue poesie appaiono in numerose antologie e volumi collettanei e sono state tradotte, oltre che in inglese,in rumeno, greco, francese, tedesco, spagnolo, albanese, turco, arabo.
Un’ampia rassegna bibliografica con recensioni critiche è nel sito personale www.annamariaferramosca.it
2 luglio 2021 alle 10:51 |
Ringrazio di cuore Franca Alaimo per questo suo denso attraversamento del mio immaginario e Cristina Bove, con la sua vela in copertina, per la difusione nel Giardino.
Per chi volesse, il libro è disponibile in tutte le librerie, su ordinazione, e in quelle on line.
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