Claudio Pagelli

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La poesia è un nodo d’aria. Un canzoniere memorabile,
ovvero, lo Spoon River milanese di Claudio
Pagelli

Si chiama Campo 87 l’area del Cimitero Maggiore di Milano che la giunta meneghina ha dedicato alle 128 vittime per Covid 19.
È il luogo in cui vengono ordinatamente accolte le salme non reclamate da alcun parente.
Si tratta di persone anziane, migranti o comunque sia, di persone senza famiglia, o i cui familiari sono stati, a loro volta, colpiti dalla pandemia. A questo luogo elettivo è dedicato, partendo dalla stringente attualità e approdando ad uno stadio di eccellenza d’arte, di letteratura e di Ethos, il nuovo libro di poesia di Claudio Pagelli, mirabilmente e, viene da dire, senza riserve, sapientemente tradotto in milanese dall’autrice dialettale Giovanna Sommariva. Si tratta di un libro che tocca le corde di chi legge, che impone una riflessione, personale e sociale, sui destini dei singoli, sul destino stesso della poesia, così intimamente e irredimibilmente legato alle sorti umane, di quella condizione contemporanea che il grande Mario Luzi ebbe a indicare come
“sopravvivente umanità dell’uomo”.

dalla prefazione di Manuel Cohen

 

CAMPO 87

It is all forgotten, save by us, the memories, who are forgotten by the world.

Edgar Lee Master

                      

*
Tutto si prende questo grande silenzio la rosa
di luce, la sera d’assenzio…

*
Tuscòss el se ciappa sto grand silenzi la roeusa
de lus, la sira d’absenzi…

                    

                        

*
Solo qualche sconosciuto
che mi butta terra in faccia,
l’ultima carezza del mondo
che si sfalda sul mio corpo…

*
Domà on quei cognussuu de nissun
ch’el me trà terra sora la faccia,
l’ultima carezza del mond
che la se sfreguja in sul mè còrp…

                   

                 

*
Nemmeno una fotografia
nemmeno una, dico io, in bianco e nero
soltanto il bianco della croce
che incendia gli occhi nel sole…

*
Nanca ona fotografia
nanca vuna, disi mì, in bianch e negher
domà el bianch de la cros
che la da foeugh ai oeucc in del sô…

                   

                          

*
Neppure il gatto
rispetta il lutto
se ne frega, l’ingrato
già strofina il pelo, lo sento,
fra le gambe di un altro…

*
Gnanca el gatt
el rispetta la condizion
se ne impipa, l’ingrat
giamò frega el pel, el senti,
fra i gamb de on alter…

             

                   

*
Credevo fosse solo tosse
l’inverno, il male di stagione.
Ho spento tutto, anche la televisione
e ora eccomi, al camposanto,
in un guscio di larice, come un coglione…

*
Credevi ch’el fudess domà toss
l’inverna, el maa de stagion.
Hoo smorzaa tuscòss, anca la television
e adess son chì, al foppon,
in d’on guss de lares, ’mè on pippa…

                 

                  

*
L’ultima sigaretta
fumata alla finestra
(prima della tosse, di tutto il resto)
il sapore di cielo nero sulla lingua,
la bocca vuota della strada deserta…

*
L’ultim zigarett pipaa a la fenestra
(prima de la toss, de tucc el rest)
el savor de ciel negher in sù la lingua
la bocca voeuja de la strada deserta…

                

                  

*
I prismi di cristallo
che oscillavano all’unisono
sul lampadario ancora negli occhi –
metronomi silenziosi, perfetti,
dell’ultimo atto…

*
I prisma de cristai
che dondaven all’unison
in sul lampedari anmò in di oeucc –
segnatemp de musega silenzios, perfett,
dell’ultim att…

            

                 

*
È trascorsa la mia vita
come un’ombra, un riflesso
allo specchio, una parentesi di vetro
tra terra e cielo. Nulla più, nulla meno…

*
L’è passada via la mè vita ’mè on’ombria, on rifless
in del specc, ona parentesis de veder
intra la terra e el ciel. Nient de pù, nient de men…

           

              
*
Lo credevo un sogno
solo un poco più lungo, più vero.
Adesso invece capisco, almeno credo…
in un tempo altro, sotto una croce
del Musocco…

*
El credevi on sògn
domà on poo pussee long, pussee ver.
Adess inveci capissi, almen credi…
in d’on temp alter, sòtta ona cros
del Musòcch…

                    

                                        

                              

Claudio Pagelli nasce a Como nel 1975.
Laureato in Giurisprudenza, dal 2004 è presidente dell’Associazione Artistico Culturale Helianto.
Autore di diversi percorsi poetici, fra cui: “L’incerta specie” (LietoColle, 2005, prefazione di Manrico Murzi), “Le visioni del trifoglio” (Manni, 2007, prefazione di Fabiano Alborghetti), “Ho mangiato il fiore dei pazzi” (Dialogo, 2008), l’e-book “Buchi Bianchi” (Clepsydra, 2010), “Papez” (L’Arcolaio, 2011, prefazione di Andrea Tarabbia),“La vocazione della balena” (L’Arcolaio, 2015, prefazione di Guido Oldani), “La bussola degli scarabei” (Ladolfi, 2017, nota di Giulio Greco), “L’impronta degli asterischi” (Ibiskos Ulivieri, 2019, prefazione di Ivan Fedeli – Premio San Domenichino, Premio Lago Gerundo) e “Campo 87” (Puntoacapo, 2021, prefazione di Manuel Cohen, traduzione in dialetto milanese di Giovanna Sommariva).
Premiato in numerosi concorsi letterari di interesse nazionale, sue poesie compaiono in cataloghi d’arte, riviste e siti a tema.
Alcuni suoi testi sono stati tradotti in spagnolo e in inglese.
Membro di giuria al Premio Nazionale di Poesia “Daniela Cairoli”.

 

 

Giovanna Sommariva
è nata a Saronno nel 1948 e vive a Rovello Porro in provincia di Como.
Scrive in dialetto milanese. Molti i riconoscimenti ottenuti, fra i quali: “Anita Bollati”, “Bardi&Menestrelli”,
“Anna Savoia” e “Poesie nel cassetto”. Dal 2008 fa parte della giuria al Premio Nazionale di Poesia Daniela Cairoli.
Per letture pubbliche si è occupata dell’opera poetica di Delio Tessa, Giovanni Barrella,Trilussa, Giovanni Raiberti e altri autori dialettali.
Pubblicati i libretti: Cinq ghej de pù ma ross; Des ghej de pù ma ross; Quatter gott de bel temp e L’aderenza del cafè.

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