Antonella Pizzo

by

 

 

ANTONELLA PIZZO E IL SUO “ ESSERE IN VITA”

DI Augusto Benemeglio

 

1.    Teatro delle immagini

Nella poesia di Antonella Pizzo, una bella donna siciliana di lontana etnia sveva, colta, raffinata, di un’ aristocratica pensosità, ma vitale, piena di energia interiore, c’è un mix di teatro delle immagini e della musicalità  barocca che fanno le  piccole cose che ci circondano, a Ragusa e nel mondo, oltreché un’ironia  scoperta che si volge spesso al grottesco e al dramma.  Potremmo dire che Antonella riesce ad essere un po’ farfalla e un po’ granchio, due forme di animali – come diceva Calvino – bizzarre e simmetriche che stabiliscono fra di loro una inattesa armonia. La sua – osserva una lettrice di un blog – è una combinazione di musica, versi ed immagini.  Un gioco letterario in cui il pensiero  si fa  volo e va alla ricerca delle sue radici . C’è anche una sorta di trascendenza  cromatica  in cui i versi diventano  colori puri, diremmo fauvisti,  con tutte le loro antiche simbologie: il rosso-sangue-passione, il nero-funereo-malinconico, il bianco-rinascita-innocenza-sipario.

Interessante, infine – osserva un’altra acuta lettrice –, la singolare corrente dell’immaginazione, il clic ,  lo scatto rapido,  il dinamismo intrecciato dei suoi versi…

Potremmo definirla quasi un’equilibrista senza rete, che si è spezzata la schiena mille volte, prima di provare il numero, che ora sembra  lieve come passo di danza, ma quando  lo fa è come la prima volta,  rischia sempre di cadere sull’asfalto, sulle rovine, sui cocci aguzzi di bottiglia  montaliani, sui frammenti di quella che è la nostra   vita di tutti i giorni,  consumata  all’interno di una società  ormai in liquidazione, in frantumazione, in decomposizione, che ha fatto da tempo harakiri:

Butterfly di tragedie diverse
la costumista s’è spogliata dei suoi averi
vive reclusa dalle suore clarisse
ricamatrice con le dita amputate
il punto a giorno più non è possibile
merletti in ecrù, le trine, foglie e veli
i ricami a fiori dorati, i lini e le trame
gli orditi e  le reti, fili di seta
i punti precisi, i piccoli punti, i mezzi punti.

2.Magna Grecia

Poesia che  assume talora i cupi e corruschi   toni di una favola surreale macabramente satirica,  grottesca, addirittura sanguinolenta, che diventa denuncia spietata,  in uno  stile  che è un mix tra Palazzeschi e Poe, con strascichi da Vespri siciliani. Non a caso  Antonella Pizzo  vive nella terra  dei fichi d’India, di Pirandello, Brancati, Bufalino, Sciascia, Consolo, tutti grandi maestri d’ironia,  dell’umor nero e del grottesco

ieri sera dal cielo cadevano bambini e cadevano cadaveri veramente cadevano
io ho afferrato un bimbo al volo e l’ho portato in salvo
a casa mia.
alcuni cadaveri restarono impigliati nei fili dell’alta tensione
in confusione di interiora, di vene, d’arterie
nella vie dell’intero paese ci fu un parapiglia

Del resto – amava ripetere Palazzeschi –  un popolo senza ironia è un popolo  barbaro, mentre la Sicilia – spesso ce lo dimentichiamo – è  Magna Grecia per eccellenza, patrimonio sterminato di miti storia filosofia poesia , civiltà.  Essere nati  in questa terra, scrive Antonella,  in un campo di borragine, di cicoria e tarassaco, paritaria nei muri e spaccature, capelvenere e fiori di cappero//…  in cima a un colle orbo, dentro al catino di un teatro corinzio,/…/  nelle necropoli e in una valle ampia, lungo le rive del fiume Anapo//…. nelle giunchiglie del fiume Ciane…. davanti alla tomba di Archimede, dentro l’orecchio di Dionisio….nel mare africano e (nuotare)  assieme ai pesci azzurri”, vorrà pur dire qualcosa.

La sua è una lucida satira, alla Brancati, di elementi drammatici e comici, ispirati alla nostra situazione socio-politica, al vivere in mezzo alla spread, alla disoccupazione, precariato, violenza,guerra,  ingiustizie,  ignominie, ma anche ai balletti televisivi, alle goffe esibizioni d’esercizi erotici, alle infinite banalità, all’insostenibile pesantezza  dell’essere. La sua è  una fantasia inesausta, e la fantasia, per dirla alla Dante, che si considerava figlio del più puro oriente,  è un posto dove ci piove dentro .

3.Dentro l’abisso

Ma noi –  si chiede  Antonella – : Siamo davvero cosa di stelle? A dire il vero me lo sono chiesto anch’io qualche volta, e mi sono risposto affermativamente. Siamo frammenti stellari che vanno alla deriva, caricati su una barca senza timoniere e senza rotta, peggio del “Concordia”. E possiamo passare  il nostro tempo, il resto del viaggio, “nell’elastico del tempo a catapulta”, nella più assoluta e desolante banalità, nel kitsch da cui siamo ormai tutti anestetizzati, senza che neppure ce ne accorgiamo. (E poi l’amore nelle sala polverose// oh la pula , la loppa, le scorie/il perso e il ritrovato)

Che c’è di nuovo  nella poesia della Pizzo, se non appunto questo  ricorso all’amara drammatica ironia delle cose che ci circondano, questa decisa denuncia sulla partitura della nostra vita  che è ben squallida, da qualsiasi parte la si guardi?

Per reinventarci una nuova vita dovremmo ricorrere  forse all’arte di un Dario Fo (che non a caso  ha vinto un Nobel, come Pirandello, confermando  l’assoluta confusione che si fa oggi, a tutti i livelli, tra letteratura e arte della mimesi), che spiega i principi secondo cui  disegna la propria presenza scenica, parla di zumate, campi lunghi, panoramiche, primi  piani, controcampi, cosa che ogni tanto fa la Pizzo,  zumate di remake letterari (Il  carro andava e i monatti sopra/ Tiravano i morti la carretta). Il  Nobel  Fo presuppone che nel cranio di ciascun spettatore ci sia incorporata una sorta  di telecamera, che l’attore (il grande attore qual è lui) sa dirigere, inviando gli impulsi  giusti affinchè lo spettatore  cambi gli obiettivi e  gli angoli della ripresa.  Antonella, convinta che l’energia spietata che muove il nostro secolo, nelle sue vicende collettive e individuali, ci porterà  solo verso la rovina totale, il completo annichilimento, con una serie di metafore-riflessioni a sfondo   leopardiane conclude  che l’uomo è…nulla, e nulla ha da sperare.

 

La vita è solo un fatto marginale
aleatorio, un gioco a tric e trac
la trottola che gira ci fa male
se ruota attorno a una casualità
.

Capita che lo spettatore/lettore non sia cosciente di tale complicato montaggio

iconografico, dei diversi punti di vista, dei diversi orizzonti, delle diversi angolazioni, delle diverse prospettive, delle molteplicità  che Antonella riesce a costruire con i suoi versi volutamente irregolari, spesso dissonanti, ossimorici, deformati, pur nell’apparente semplicità  (le parole che uso – diceva Claudel – sono quelle di tutti i giorni, ma non sono affatto le stesse), e allora rimane un po’ spiazzato, stupito, sorpreso. Allora il lettore/spettatore fa una pausa di riflessione (le pause sono schiarimenti), e si chiede che cosa significhi  “Essere in vita”. Un passo?, un battito?, un’immagine?, una parola?

È’ il sogno che mi consola come una madre
il piccolo che piange, lo porta al seno e lui succhia
il latte dell’oblio, mi vedo con un vestito
nuovo  a fiori bianchi, un prato a margherite
gialle le farfalle e le api a impollinare
ma il sogno è miele…

Essere in vita, sembra voler rispondere  Antonella, significa stare “dentro un abisso” , cercare un impossibile divenire, un brivido d’ orizzonte verso la morte, illudersi di  farsi “anima”, diventare piuma  e una musica lieve forse di flauto.

 

Roma, 14 marzo 2012                                Augusto Benemeglio

***

Siamo davvero cosa di stelle?
Polverizzate stelle di cose sbriciolate
gravide di sale d’oceani disseccati
pioggia di marte che soffoca
negli anfratti la disperanza
nei tunnel le navi preparate e noi
imbraco e laccio
di lacrime dense di novellose storie
chi lascia le ossa chi i natali
oh morir d’amor d’amor morire
dormire e poi lasciarsi andare
oh la pula di farro e il raccolto
nell’elastico del tempo a catapulta
oh la pula, la loppa, le scorie
il perso e il ritrovato
nel vento il perturbante

Da ilbruttoblog work in progress esperimento di scrittura a due mani con paola lovisolo

***

 

E poi l’amore nelle sale polverose
Il trillo il fungo lo sai che sono qui
Che verso fai che voto mi dai
Sono  qui per nulla arrabbiata per nulla
Se folli voli feci se volli andare dove
Se questo e quello l’andazzo
Che fare delle due tre mele matte che in mano mi son  rimaste?
Il  carro andava e i monatti sopra
Tiravano i morti la carretta
Che l’euro stona e scoppia una baruffa
Che debiti mi fai cosa mi dai?
Tre tozzi di pan secco tre secche acciughe strette
Un lumicino
Noi che fummo i viveurs i lungimiranti
I solipsistici i degeneri  i demoscopici
I solinghi e facebookiani
Noi polvere del nulla
Nulla del  genere nulla

 Gennaio 2012

***

 

 

 [crepaccio 5]

ieri sera dal cielo cadevano bambini e cadevano cadaveri veramente cadevano
io ho afferrato un bimbo al volo e l’ho portato in salvo
a casa mia.
alcuni cadaveri restarono impigliati nei fili dell’alta tensione
in confusione di interiora, di vene, d’arterie
nella vie dell’intero paese ci fu un parapiglia
un general fuggi fuggi generato dalla paura
di sporcarsi gli abiti firmati col sangue.
ma non si sfugge mai al proprio destino
so che un giorno potrebbe accadere anche a me
in montagna invece fu tutto più tranquillo
al cadavere che penzolava da un albero
fu intimato di scendere
ma poiché il morto non rispose e c’era un freddo boia
la gente fece spallucce e se ne tornò a casa a dormire


da Dentro l’abisso luccica la storia Ed. L’arcolaio

 

 

***

oh le nostre borse piene di orpelli
e luccichii di stelle
sono vere e false
derivate da processi di sintesi
sono vuote e piene
ma a scuoterle non escono parole credibili
Prima che le porte s’aprano di botto e le cervella siano ingoiate
chiusi nel pugno al modo di fogliame speranze
e concepimenti secco sbriciolati. Che la capò distratta
dalla sopravvivenza dia il segnale dell’estremo
che è l’atteso. Si fiammeggino le ossa come pietra ollare si sfaldino
e s’infestino i cieli sopra e sotto l’ultima caduta
bianca che ridipinse il largo prato oltre il cancello
il filo e il ferro dove lo sguardo persi.
Capelli sottili e forfore velano i vetri e puzzo di piscio
acida la trachea. Ossidano a lutto i lastroni ferrosi.

Da Partenope, Collana di inediti, e book, Edizioni Biagio Cepollaro

 

 

 

***

 

Prima che le porte s’aprano di botto e le cervella siano ingoiate
chiusi nel pugno al modo di fogliame speranze
e concepimenti secco sbriciolati. Che la capò distratta
dalla sopravvivenza dia il segnale dell’estremo
che è l’atteso. Si fiammeggino le ossa come pietra ollare si sfaldino
e s’infestino i cieli sopra e sotto l’ultima caduta
bianca che ridipinse il largo prato oltre il cancello
il filo e il ferro dove lo sguardo persi.
Capelli sottili e forfore velano i vetri e puzzo di piscio
acida la trachea. Ossidano a lutto i lastroni ferrosi.

Da Partenope, Collana di inediti, e book, Edizioni Biagio Cepollaro
Ante il fiore, ante il canto, ante il ballo
l’abito festoso
prima tu suonavi l’ottavino con delizia
io mi perdevo nelle languide narici e nella bocca

ante d’essere bile e fiele
ante d’essere mota nera.

Prima che mi conducessero a questo
luogo d’infamia impenetrabile
in questi giorni atroci e in questa notte
insensata di stamberghe e stoppie
d’infetti d’infettati d’infezioni
d’inferni
che oggi dalla prim’ora e fino all’ultima
considero.

Da in stasi irregolare, Le voci della luna, premio Giorgi 2007

 

 

***

 

Le tende in velluto sfibrate e pesanti
di polvere umida
immobili riposano appese
le rosse poltrone sfondate
schienali di legno tarlati
è tutto confuso
io rido, lei ride
si increspa la pelle
volture da fare, soggetti a tributo,  i moduli fitti da compilare
ed i notai che sbagliano sempre
ma ad inchiostri verdognoli è molto più semplice
rintracciare le ultime note  di variazione
se abbiamo timore  dell’automazione
che al collo ci stringe, costringe ad una scelta precisa
sappiamo per certo e per esperienza
che le procedure si fanno e si annullano
e la seguente sostituisce sempre
la precedente
poi i ricordi  rivivono nel nostro presente
in foto di scena, in maschere
in travisamenti.

Da Catasto ed altra specie,  ed. Fara

 

***

 

Quando questo mio andare si compirà
il capo si svolgerà all’indietro
nei capelli si scioglieranno i nodi
polveri si solleveranno al vento
che a spirali nei luoghi designati
soffia dove nessuno è identico
dove saremo come piume d’ali
appartenenti allo stesso uccello.
Io non ci sarò a vedere cosa è stato
del mio guardaroba e della scarpiera
quando mi aprirete i cassetti
e sfoglierete le pagine spesse;
dove mi spalancheranno gli armadi
senza vergogna si allargheranno
gli spazi segreti e gli antichi lini
che ho ricamato a fasi alterne
e vi chiederete perché comprai
un maglione a righe arcobaleno
e a tinta a tinta lo coltivai
quando già vestivo a lutto.
Figli miei non so se capirete
ma non disfatelo a fili a fili
perché è un patto senza tempo
è un accordo di placenta
fra me e voi voluto
come un legato occorso.

 

Da A forza fui precipizio, Lietocolle, 2005

 

***

 

È’ il sogno che mi consola come una madre
il piccolo che piange, lo porta al seno e lui succhia
il latte dell’oblio, mi vedo con un vestito
nuovo  a fiori bianchi, un prato a margherite
gialle le farfalle e le api a impollinare
ma il sogno è miele così m’invischio in una storia

d’assassini e mostri di quando corsi e caddi
e non mi rialzai.
Da Il sogno è miele libro  Premio Elsa Buise

 

***

 

Io vissi la mia vita in parallassi

Fu movimento brusco, fu un’inezia
a farmi straripare da quel lato
fu lento abbrivio o forse fu l’inerzia
mi sparse in vita e sangue sul selciato.
La vita è solo un fatto marginale
aleatorio, un gioco a tric e trac
la trottola che gira ci fa male
se ruota attorno a una casualità.

 

Conosco le tue notti senza pace
e tutte le risposte senza senso
e di scovarti giù non sei capace
scandagli eco sonar nell’immenso.

 

E’ chiaro,  è naturale, dirsi prassi
o travestirsi d’usi e consuetudini
utilizzare la ragione e i dissi
per giungere a mutarsi le abitudini.

 

Lo so, cambiarsi d’abito è altra cosa
mutare stabilmente è comprensibile
ma trasmutarsi in cosa misteriosa
ti è come un’idea poco accessibile.

 

Non è uno snaturarsi in cambiamento
né è degenerare in perversione
e se potessi ti farei un esempio
d’intendimento o di penetrazione.

 

Io vissi la mia vita in parallassi
io vissi la mia storia in un’ellissi
in uno spazio breve di un’eclissi
io vissi e molti dei tuoi segni scrissi.

 

Io vissi dentro gli angoli e i cateti
io dissi, è ciò ti basti per capire
io vissi nei perimetri e nei lati
e ora vivo in quest’infinito dire.

 

 

Antonella Pizzo è nata a Palazzolo Acreide nel 1954 e vive a Ragusa.
Ha pubblicato il romanzo “Di rosso smunto” , Prospettiva Editrice, 2004;
Le sillogi in dialetto siciliano “Strati” (menzione speciale premio Montalbano Elicona e Città di Marineo)
“E su paroli nuovi” 2004 (premio speciale Helikon, 2° classificato premio Poesia @ Rete)
“Comu ‘n ciumi lientu” (2° classificato Trofeo Centro Studi Popolari Turiddu Bella);
Le raccolte di versi in lingua:
Fra poco l’autunno” – Kult Virtul Press, 2004
“A forza fui precipizio” Lietocolle, 2005 (Primo Premio Simone Cavarra, 2007 3° Class. Premio Giuseppe Sunseri).
Catasto ed altra specie Fara Editore, 2006 (premiato al premio Acaja 2006 presidente della giuria Giorgio Barberi Squarotti). L’e book I morti non sono nervosi, Feaci Edizioni, 2007. Partenope per Collana di inediti  di Biagio Cepollaro.

In stasi irregolare, 2007  – Raccolta vincitrice del Premio Giorgi 2007- Le voci della luna. Sue poesie sono state pubblicate in riviste e rubriche on-line (tra cui Liberinversi, Poesia da fare, Absolute poetry, La costruzione del verso, Poiein, Niederngasse, Un poeta, Domist, Scriptamanent, Gas-o-line, Rottanordovest, poetilandia, Faranews, Nazione Indiana e altre) e in alcune antologie (tra cui Verso i bit: poesia e computer – Lietocolle, 2005 – Lo stormo bianco, Edizioni d’if, 2005 – Il segreto delle fragole 2007, il segreto delle fragole 2008, Lietocolle, e in Stagioni, Lietocolle, 2007. La poesia “I miei pensieri in orizzontale e in verticale” è stata pubblicata nella rubrica “scuola di poesia” dello Specchio della Stampa. Segnalata al premio Giancarlo Mazzacurati e Vittorio Russo “I miosotìs” (poesia e prosa) 2006 Edizioni d’if per la raccolta inedita Partenope. Ha ricevuto numerosi riconoscimenti in concorsi letterari: Turoldo 2005, Palikè, Molino, Rocco Certo, La poesia oggi – Parole per Comunicare – Ibla bla – Premio Agorà – E-vviva sia nel 2004 che nel 2005 e molti altri, più volte premiata al Trofeo di poesia popolare siciliana Centro Studi Turiddu Bella. Ha vinto il premio migliore sceneggiatura I corti di Mauri con il cortometraggio “Il passaggio” – Segnalata nella XIX edizione del Premio Nazionale di poesia “Sandro Penna” 2007 sezione raccolta inedita. Vincitrice del Premio Giorgi 2007 – sezione raccolta inedita. Premiata al concorso Agavi 2007 nella sezione romanzo inedito per il romanzo “La Calzolaia” – Segnalata al Premio Turoldo 2007.  Seconda classificata, con la silloge dialettale inedita Trapassi, al Premio Ischitella-Pietro Giannone 2008, Menzione d’onore al premio Lorenzo Montano 2008.

Gorgone d’argento Gela 2009 per la raccolta In stasi irregolare – Vincitrice del premio di poesia Elsa Buiese con la raccolta “Il sogno è miele” – Vincitrice del premio Simone Cavarra 2010 Sez. Endas Libro con la raccolta Il sogno è miele. E’ stata tra i fondatori della rivista on line L’Attenzione nonché fondatrice del blog collettivo e del gruppo poetienon, ha collaborato con la rivista telematica Tellusfolio. Presente in poesia da fare, n. 24 – luglio 2007 – di Biagio Cepollaro – Fondatrice di Viadellebelledonne. Sito personale:

Letture e scritture (e noticine di una finta critica)

Di lei hanno parlato Maurizio Cucchi (Rivista Lo specchio) Stefano Guglielmin, Nicola Vacca, Giuseppe Risica, Luigi Metropoli, Gianfranco Fabbri, Antonio Fiori, Nunzio Festa, Marco Scalabrino, Massimo Orgiazzi, Biagio Cepollaro, Gianmarco Lucini, Anna Toscano, Sebastiano Aglieco, Valentina Pierucci, Barbara Lacognata, Alfia Milazzo, Narda Fattori, Vincenzo D’Alessi, Massimo Sannelli, Francesco Marotta, Sebastiano Aglieco, Antonio Fiori, Morena Fanti, Gregorio Scalise, Ivan Fedeli, Marinella Fiume, Maria Pina Ciancio, Fabiano Alborghetti, Ivano Mugnaini

 

 

21 Risposte to “Antonella Pizzo”

  1. Blumy Says:

    nemmeno quando sembra giocare con le parole – e lo fa con una sapienza ‘arcaica’ e sempre rinnovata – Antonella scherza. a frugare dentro la sua poesia, ma ad andarci dentro, come per una psico-scopia (ogni tanto occorre inventare un termine nuovo ) , si coglie l’assoluta padronanza delle parole e del ritmo che, anche quando racconta di drammi, lo fa con apparente leggerezza. in realtà Antonella ‘gioca’ con le parole e con i versi e , talvolta, gioca pure con il cuore gonfio di lacrime. per questa sua sapienza, per questa sua bravura assoluta, io ho grande stima di Antonella poetessa (ma , se volete conoscerla meglio, sa fare tante altre cose… )

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  2. fattorina1 Says:

    Occorre sporcarsi con la poesia di Antonella, vedere splendori residuali di stelle, scendere negli abissi, arrampicarsi lungo spirali per arrivare dove esattamente non si sa. E’ una grande poestessa Antonella, figlia della sua terra sì ma anche di plurime stratificazioni culturali, vigile, eticamente salda, che non perdona e non creca perdono.
    Ci impartisce lezioni a più livelli:forma, contenuto, terra, mente, cuore.
    Benemeglio ha saputo restituirci questa bella figura di donna e di poetessa, contemporanea e antichissima. Grazie.

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  3. antonellapizzo Says:

    grazie ancora e grazie anche per queste tue parole. un caro saluto e a presto antonella

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  4. cristina bove Says:

    La poesia di Antonella si espande, colma spazi e trafora pareti, travalica barriere del pensiero, si piega alla parola e la rende palpitante, sangue e carne, oltre le velature di un cielo approssimato, irraggiungibile con la sola ragione.
    Mi piace immaginare una stagione fiorita di donne, dei loro versi, della loro grazia, della loro forza, della loro fede nell’amore.

    ancora grazie
    un saluto affettuoso
    cristina

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  5. ringraziamenti | letture (e scritture) Says:

    […] Un particolare ringraziamento ad Augusto Benemeglio per la sua presentazione e a Cristina Bove per a… Share this:CondivisioneFacebookStampaEmailTwitterLike this:LikeBe the first to like this post. […]

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  6. antonellapizzo Says:

    un saluto speciale nonchè un bacio a marina mia amica da tempo e sempre affezionata e cara e generosa nei miei confronti. grazie da antonella

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  7. antonellapizzo Says:

    Anna Maria grazie per il commento e anche per avermi fatto conoscere il significato dell’anagramma di ragusa che prima non conoscevo. I razzi luminescenti, se mai ce ne fossero davvero, potrebbero servire a illuminare il profondo dell’abisso. Saluto caramente e sempre grata per l’attenzione antonella

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  8. antonellapizzo Says:

    Domenica è chiaro che sei una persona sensibile e profonda, tale mi sembri almeno leggendo il tuo commento. Un maglione come un sogno, un maglione da conservare così come un sogno che ci riscalda e salva e ci colora la vita, come un lascito prezioso. Ti auguro di non lasciare mai la presa e di tenerti ben stretto quel sogno che hai salvato. un caro saluto e grazie da antonella

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  9. marinaraccanelli Says:

    Augusto Benemeglio ci propone una lente d’ingrandimento lucida e penetrante per guardare ( o riguardare) dentro e oltre i versi di Antonella, un’occasione per cambiare angolazione di lettura o anche solo per tornare a sentire, e profondamente, certe emozioni che partono dai versi di Antonella – riscoprirla unica e speciale !
    marina

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  10. Anna Maria Curci Says:

    è un universo di disperanza e del suo rovesciamento quello che la poesia di Antonella Pizzo affronta a testa alta, sa governare a ricami finissimi e al quale, tuttavia, non risparmia bordate, con razzi luminescenti, ma anche con esplorazioni dell’abisso accorte come raramente succede di vederne; spontaneo a me (ma non faccio altro che imitare indegnamente Kleist, che vi ambientò l’inizio drammatico della sua novella “Il trovatello”) viene il collegamento tra la città-dimora dell’artista,, Ragusa, e il suo anagramma in tedesco, “garaus”. Fare il “garaus” a qualcuno, vuol dire “far fuori qualcuno, fargli la festa”. Ma la poesia non si ferma qui alla mera attestazione della morte, alla registrazione del quotidiano massacro, ché invoca, questa, la distrazione dalla sopravvivenza, la ragion d’essere “in quest’infinito dire”. A occhi aperti.

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  11. Domenica Luise Says:

    Gentile Antonella, né la tua poesia né la presentazione di Augusto sono cosa da leggere e basta, sia pure accuratamente. Bisogna tornarci per entrare in maniera abbastanza opportuna dentro una creatura di cultura e di sofferenza quale tu sei.
    “Siamo davvero cosa di stelle?” ti chiedi. Forse, ma le stelle non sono quei puntini lucenti che sembrano da lontano, esse stesse sono una tragedia di esplosioni, di fuochi e di invivibilità. Una cosa sono le stelle sognate ed un’altra la realtà.
    Poco dopo osi scrivere: “Oh, morir d’amor d’amor morire”, che trovo un gemito bellissimo, è quello il nostro più umano bisogno: amare e morirne, ma non di dolore, invece la realtà ci chiede proprio il dolore mentre volevamo l’amore.
    L’amore uccide, questo i poeti lo comprendono per esperienza diretta.
    Ti domandi: “Che fare delle tre mele matte che in mano mi sono rimaste?”. Da Eva alla mela che Paride regalò alla dea più bella fino alla regina invidiosa che avvelena Biancaneve con una mela, è il simbolo della discordia o disagio, ma tu ne hai ben tre e matte per di più. In mano hai soltanto il frutto proibito, che porta male, e matto, ossia ti senti oltre, è una sensazione frequente nei poeti, che vivono nella propria poesia più che nella banalità quotidiana. Io evado in poesia, ma senza disprezzo per le vite altrui, che restano ancorate al guardaroba e alla scarpiera ai quali tu accenni. Le cosa che tuttavia possediamo e lasciamo ai più cari in testamento possono essere, oltre alle poesie, anche un maglione a strisce colorate, un segno di speranza malgrado la caduta dei sogni nei quali avevamo creduto in tempi che, nella mente, ci sembrano paleolitici.
    “Ieri sera dal cielo cadevano bambini e cadevano cadaveri veramente cadevano/ io ho afferrato un bimbo al volo”: anch’io ho salvato al volo un mio sogno, non ho permesso che si sfracellasse e lo tengo nascosto perché la realtà non me lo distrugga: ci penso io. Ed indosso frequentemente il maglione colorato del quale tu così limpidamente parli, non soltanto per me, ma anche per la compassione verso il dolore altrui, che mi sento inciso dentro.
    “Io vissi la mia vita in parallassi…Io vissi nei perimetri e nei lati e ora vivo in questo infinito dire”: credimi, tutti siamo stati, prima o poi, illusioni ottiche e lati marginali o tali ci siamo sentiti. Però i poeti possono vivere “in questo infinito dire”, che sono le parole generate da un grande silenzio interiore.
    Ho notato come nel tuo stile la cultura non sovrasti mai sulla semplicità del dire e ciò mi piace.

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  12. antonellapizzo Says:

    non so perchè ma mi scappano i commenti, ne avevo scritto ma non lo vedo più. dicevo che ti ringrazio molto per l’attenzione, che la vita è complessa e che quella al femminile lo è ancor di più. chi vive nell’infinito dire, vive ma non nel modo in cui comunemente intendiamo la vita. ringrazio ancora tutti e te, un caro saluto antonella

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  13. methsambiase Says:

    Il raccontare il giorno che cadono bimbi e quello dei bimbi diventati figli a cui affidare la segreta vita dei cassetti è il divenire di uno sguardo sfinge che chiede di rivelare i dogmi quotidiani della vita, svelarne i segreti. Vita al femminile, la cui sintesi è impossibile, la geometria è espressa al passato quindi la razionalità è oltre le spalle, ha curiosato in ogni meccanismo, ha già elaborato il mito ed ha ancora futuro da raccontare.
    Infatti la poetessa ci dice che
    “e ora vivo in quest’infinito dire”.

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  14. antonellapizzo Says:

    ciao Lucy, volendo, le due cose non sono incompatibili. grazie di cuore
    antonella

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  15. fernirosso Says:

    le poesie, le parole corpo dentro la testa e le navi nel sangue senza festa e gli abeti rossi come tutto il vino di Ulisse e Polifemo fermo lungo la costa a scagliare massi contro gli africani e lui cieco che non vede, non vede in faccia nessuno, e dio steso tra le macerie e le fuori serie che fabbricano anche in un’isola e Antonella, che svola e si soffoca di risa e …e sparpaglia le sua piume nella penna e nella pena più rpofonda e intoccabile. Le ho rubate, tutte, le ho rubate. ferni

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    • antonellapizzo Says:

      ed è bello per me, oltre al fatto di essere ospite qui, in questo fiorito giardino, nel primo giorno di primavera, grazie alla cortesia di Cristina che qui mi ha voluta, e per la visione del tuo abito lavorato a merletto che è vero che mi mi piacerebbe che mi si adicesse, così come la vita di ognuno di noi è intessuta e lavorata e intrecciata, come intrecciamo i giorni per cucire un abito che ci stia bene, e che sia bene, che non sia solo esteriorità ma autenticità, verità, storia. insomma un sacco di cose :-)))
      Ciao Margherita, ti ringrazio molto. antonella

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    • antonellapizzo Says:

      cara ferni ruba pure, ne ho piacere tanto se lo fai. ciao e grazie antonella

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  16. margherita ealla Says:

    Bello trovare qui Antonella in questa ricca e articolata nota di Benemeglio, della quale riporto, per la sua acuta sintesi, il passaggio “Essere in vita, sembra voler rispondere Antonella, significa stare “dentro un abisso””

    Non è a proposito, ma ti ho pensata, dato che poco fa ho visto un meraviglioso abito inizi ‘900 fatto a tombolo e con altre lavorazioni stupende. Mi fa pensare a diverse poesie tue, perché le tue poesie conservano, a livello di profumo, non tanto di lessico o altro, le tracce di quelle lavorazioni.

    Grazie al giardino tutto, ciao!

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  17. Villa Dominica Balbinot Says:

    sono convinta che questa di Augusto Benemeglio è una nota di lettura capace di dirci le molteplici stratificazioni suggestive che “lavorano” nelle fondamenta della poesia di antonella Pizzo , rendendone possibile una più esatta visione con tutte le sue potenti evocazioni vibranti

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  18. lucypestifera Says:

    io in questa poetessa ci sguazzo festosa, pur sapendo di pastrocchiare coi piedi nel sangue

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