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Antonella Lucchini

4 novembre 2014

anto

INTRODUZIONE

Le quattro poesie che ho inviato rappresentano in maniera chiara la mia poetica. Dovessi definirla utilizzerei il termine confessionale. Ogni poesia è il risultato di un viaggio dentro me. Ogni poesia traccia piccoli frammenti del mio mondo interiore, fatto di disagio, fragilità, delusioni, dolori (morti, abbandoni), amore, ribellione, ambiguità.
L’amore, declinato molto spesso in eros, è senza dubbio il tema centrale di tutta la mia produzione: amore che salva, amore che uccide, che c’è e che c’era. Ma largo spazio trovano anche l’introspezione (le poesie che leggerete hanno questo plot) e la figura della donna, soprattutto della donna violata.
Le opere che Vi presento sono frutto del grande lavoro di analisi (azzardo, se dico psicologica?) che la poesia mi aiuta a fare. “LA MIA GENESI” 1 e 2 sono il ritratto vero, senza alternative e senza scampo, del mio essere donna e poeta. Trovo molto significativo e alquanto sconcertante che le parti (1 e 2) siano in qualche modo invertite: La mia genesi 1, la prima nata delle due, è il ritratto di me che scrivo, di me poeta, quasi a voler dire che prima di essere donna sono le “cose che scrivo”, ma visto che le “cose che scrivo” sono io, probabilmente tutto acquista più senso. Di più, la poesia è il modo più alto e più “mio” di essere e soprattutto di esistere, uno “scrivo dunque sono”.
La mia genesi 2, invece, è il ritratto del mio Io donna, scritta per la maggior parte come se dessi voce al mio/miei creatore/i, sotterfugio che mi serve per parlare del mio modo d’essere e della mia ambiguità di fondo (non mettiamole confini/cosicché possa sciogliersi/su labbra di fragola/o schiantarsi/per una penetrazione potente), come se mi vedessi dal di fuori. L’incipit di questa poesia è quasi una risposta, un po’ stizzita, al famoso verso di Merini (Sono nata il 21 a primavera), mentre la chiusa riprende la bellissima “Lady Lazarus” di Plath e il suo senso di sopravvivenza e resurrezione. Non a caso due esponenti, in anni diversi, di quel confessionalismo che esprimo e che mi contraddistingue.
Le altre due liriche sono entrambe incentrate sulla mia difficoltà a vivere, sul difficile rapporto con le giornate sempre uguali (lo posso definire spleen, senza dubbio) e sulla ricerca di un sollievo alla fine (Ogni grata ha il suo sfiato di luce/Io lo cerco ancora).
Vorrei evidenziare, ora, una caratteristica che credo mi identifichi, come autrice: la sintesi, che si risolve sia nella brevità, a volte “estremizzata”, del testo (come nel caso di LA LUCE), sia nella sua essenzialità di esposizione.
A livello grafico e di scrittura risultano poi molto evidenti gli spazi bianchi tra i versi (la mia ultima silloge si intitola “Il margine bianco” proprio per questo): è la poesia stessa, durante la fase di creazione e di stesura, che li richiede, una sensazione fisica di dover inserire una sorta di pausa che serva sia per evidenziare il singolo verso sia come offerta di una riflessione al lettore già in fase di lettura.
Un’altra sottolineatura che vorrei fare riguarda il metro scelto. Il verso libero, sciolto, è stata subito la scelta, o la non scelta, visto che ho iniziato a scrivere così, istintivamente, senza pormi il problema della metrica classica. Ultimamente però e spesso, in alcune poesie in particolare, sento la necessità di dare un confine alle mie parole e qui si inserisce la ricerca dell’endecasillabo e del settenario, alternati: “LA MIA LUCE” ne è un esempio.

 

 

LA MIA GENESI (Parte prima)

Un punto di partenza non è mai
indolore

(non si nasce nel sangue?)

Tutte le nascite che viviamo
in vita

dalla prima all’ultima
iniziano con la caduta, l’urlo.

Questa mia ultima
che vagisce di parole,

una genesi nata sulle morti
-thanatos athanatos –

è la più convulsiva,

epilettica creatura che si fa male da sé
per sopravvivere.

Si accoltella per vedersi più da vicino
nel dentro più inaccessibile

– il magazzino dei fantasmi –

Non si torna in superficie se non dal fondo

non si ricomincia a mangiare l’aria
se non dopo la claustrofobia.

Poi
lo scrivo, che mi sono vista,
che i demoni mi hanno parlato
e che, per il tempo di sverginare un foglio
e di farlo leggere

mi hanno sciolto le catene.

 

 

MOLTO DI PIU’ LA NOTTE

Perforo i giorni con le spalle

sollevate poi abbassate poi sollevate
come a dire
che ci posso fare? Il giorno accade.

Lo azzannerei al collo
succhiandogli tutta la vita che lo fa stare qui

con tutto il suo tedio
con tutto il suo assedio.

Molto più carezzevole è la notte

che mi nasconde
agli occhi spaccati del mondo.

 

 

LA MIA GENESI (Parte seconda)

Io invece sono nata d’aprile
quando la primavera è già prepotente.

Per una commistione di eventi
e di strani strali

qualcosa non deve aver funzionato.

“Diamole colori caldi
che si veda che viene dalla terra;

esitiamo, però,
e lasciamola fragile e friabile
al suo interno,

che sia duttile
che si adatti come marea sinergica
agli eventi (a tutti)

che indossi come guanti a misura
felicità (q.b.) e dolore (abbondante).

Facciamole conoscere l’amore illimitato

non mettiamole confini

cosicché possa sciogliersi
su labbra di fragola

o schiantarsi
per una penetrazione potente;

che muoia infine

– fino al limite da cui sembri insperato retrocedere –

per cuore di uomo o di donna.

Creiamole l’illusione
(e lei sì, ci crederà)
che una parola sia vera e non solo viva
ogni volta che nasce ogni volta che si sente;

passerà il tempo a raccogliersi
dal pavimento.”

L’imprevisto:

sono anni che muoio e risorgo.

“Lady Lazarus” ha imparato , ormai.

 

LA LUCE

Ogni grata ha il suo sfiato di luce.
Io lo cerco ancora.

 

 

Antonella Lucchini nasce a Mantova, dove tuttora risiede, nell’aprile del 1964. Diplomata al liceo linguistico, dopo aver avuto una breve parentesi universitaria, lavora per un decennio, come segretaria, presso una grande azienda del mantovano. Ora si occupa di famiglia e scrittura a tempo pieno. La passione per la scrittura si affaccia al liceo, ma resta un esercizio personale, privato. Abbandonata per molto tempo, tre anni fa ritorna prepotente, dopo una serie di vicissitudini personali che, evidentemente, trovano nella scrittura, nella poesia in particolare, la via di fuga perfetta per alleggerire l’anima.

Inizia a pubblicare le sue poesie sul web, iniziando con la poetica haiku, dedicandosi poi completamente alla poesia tradizionale mantenendo però le caratteristiche di sintesi e di illuminazione (per dirla alla Baudelaire che, insieme a Pizarnik, Ungaretti, Pozzi, sono le letture che più l’hanno ispirata). Partecipa ad alcuni concorsi letterari, ottenendo premi, segnalazioni e l’inserimento di alcune sue opere in diverse antologie . Una sua poesia è inoltre presente nel volume “L’indice delle Esistenze – Vite in frammenti “L’AMORE” dell’editore Aletti.  Agli inizi del 2013 pubblica la sua prima raccolta, “Tra morsi e strida”, per la casa editrice REI. “Il margine bianco” (Ed. Divinafollia)  è la sua seconda raccolta, con la quale focalizza lo sguardo su Amore ed Eros.

In rete, alcune sue opere sono inserite nei blogs:

 

poesiaurbana.altervista.org/antonella-lucchini

cartesensibili.wordpress.com/tag/antonella-lucchini

scrittinediti.wordpress.com/2014/05/15/poesia-del-disamore

wordsocialforum.com/2014/07/02/inediti-di-antonella-lucchini