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Abele Longo

10 febbraio 2023

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ABELE LONGO, Scrittura con vista, Terra d’ulivi edizioni 2023

Nota empatica di Annamaria Ferramosca

Umanissimi mondi al di là del vetro

Osservare dalla finestra è azione colma di aspettative e visioni inattese che a volte possono rasentare il prodigioso. L’evento può accadere abitualmente ad un poeta come Dylan Thomas dal suo capanno di Laugharne o anche ad una bambina che guarda fuori dalla sua finestra quel capanno o forse il mondo di là dal vetro interrogandosi sulla vita il suo scorrere. Leggendo queste poesie di Scrittura con vista di Abele Longo mi sono anch’io riconosciuta in questo avido sguardo interrogante e ho compreso come ognuno che guardi oltre il vetro riceva risposte sempre illuminanti, che emergono dal subconscio e dal vissuto, fondendosi con la realtà. Ed è questo mix insieme visionario e reale che dilata la percezione e conduce chi scrive verso percorsi inattesi che pure trovano agganci – come lasciti memorabili – nelle parole di autori amati e sentiti affini, come si legge dalle significative epigrafi che Abele Longo pone all’inizio di questa sua nuovissima raccolta. Una “scrittura con vista” dunque nel vero senso della parola, che dopo dieci anni dal libro d’esordio (Reversibilità, AdTO 2012), segna il traguardo di massima maturazione tematica e stilistica dell’autore.

Il poeta, come è noto, scrive mentre guarda il divenire fuori e dentro di sé e lo fa, anche inconsciamente, per obbedire alla “compresenza-compassione verso gli altri”, “per salvare ciò che andrebbe perduto e per scavare nella propria interiorità”, e pure “per un raffronto tra il prima e il dopo”, e per soddisfare l’esigenza di “dare ordine alle cose”, come acutamente annota – suoi tutti i virgolettati – Doris Emilia Bragagnini nella sua lucidissima prefazione. Ed è pur vero che la sequenza di testi in cui si evidenzia la tensione dell’autore alla compassione verso gli altri, compresi i trapassati, è dichiarazione di totale adesione a quella prossimità profondamente civile caratteristica della vita e dell’opera di Danilo Dolci, di cui Abele Longo è profondo estimatore e cultore. Una prossimità che nei primi testi brevi e densi come singhiozzi, attraversa le scene realistiche del degrado e della povertà come la morte di un bambino, la maternità che sopravvive a ogni strazio, il povero che fruga negli scarti, l’operaio ucciso dalla pressa. E pure emerge il contrasto ricorrente tra spinta vitale e idea intransigente della morte, come nell’intensa poesia Treno

[…]
Passerà anche questa con l’insolvenza
delle cicale sotto la calura
l’immagine sgualcita di un bambino
esile che prende il treno per il mare
e una chiusa sulla morte che vaga
casellante da una stazione all’altra

Ritorna quel sensibilissimo sguardo del poeta, che ricordiamo nelle pagine di Reversibilità, capace di cogliere per memorabili fotogrammi, che trapassano fino all’osso, una vita che sembra non aver riparo.Tutta la fragilità contemporanea è catturata e messa allo scoperto con un lessico essenziale, scabro, assolutamente non lirico, che predilige toni amari e sommessi, spezzati a tratti da fulminanti squarci dislocanti, come nei versi

santa spossatezza di vivere
… una fila di pianoforti/ a picco sul mare andaluso
…e l’erba sotto i piedi scalzi/ per sentire come prima/ del tempo del bisogno

Il senso di perdita dell’umano, la caduta verticale del senso di solidarietà e pietas attraversano ogni luogo visitato dai versi, sia il Laugharne del Galles, che le città di Otranto e Castro del Salento, la Chacabuco del Cile o il Cortile Cascino di Palermo, luoghi che divengono simboli di tutti i luoghi tormentati del mondo, come bolle di deriva umana, universali.

E pure i versi lasciano filtrare la speranza-luce di un senso di umanità residua che esiste e resiste, come quella degli angeli maldestri, che sembrano di poco conto, ma sono invece da tenere in gran conto, e sono i nostri forse pochi ma solidi amici, con cui cercare un’inversione di rotta, una possibile ricostruzione, un altro abitare.

[…]
La notte dopo il tuo funerale
venisti a trovarmi sotto casa
ti guardavo attraverso la finestra
accendere la sigaretta
curvato nel gesto antico

così come è sempre stato da quando
ci insegnarono a dividere la lavagna
in buoni e cattivi
gli angeli con me hanno vita strana

sono io che li consolo
maldestri mi somigliano nello spirito
sono angeli che in terra contavano poco

Vediamo il poeta sentire poi forte il bisogno di nominare, in segno di affetto e gratitudine, tutti questi veri amici e tutte le figure etiche che hanno lasciato in lui tracce memorabili, con la dedica che appare in ogni testo, sotto il titolo.

E ancora, indelebile nell’immaginario dell’autore di origine salentina, ritorna il Sud bodiniano e contadino nella sua incancellata dimensione di amara penitenza (caremma) e pure nel suo stravolgimento attuale, con le scene di un territorio turistizzato che diviene sempre meno identitario. E si percepisce quella sottile salentudine, che è un inesprimibile sentire, come un duende di postura calda, familiare e accogliente, target umanissimo che Abele Longo, anche inconsciamente, inevitabilmente trascina nella sua scrittura.

[…]
la soggettiva di una foca monaca
la caraffa d’acqua col centrino
accanto la bolla dei santi medici

uno dei due macera d’amore
l’altro sbatte la testa contro il vetro

Qui dove la voce del papa
imita la raucedine di dio
attecchisce l’ansia della caremma

Nella parte finale della raccolta, con squarci pittorici e finissima lettura psicologica, l’autore assegna le ultime pagine ad un gruppo di poesie che ritraggono da varie angolazioni la tormentata vita di Dylan Thomas, con i suoi strambi slanci, errori e sublimi deliri, come un sincero lascito di ammirazioine e gratitudine al grande poeta inglese. E poi, lo stile di Longo. Lungo tutta l’opera colpisce questo suo stile personalissimo consolidato, con una forma che diviene icastica per scelte asintattiche e neologismi (diveltano, sovrarcare,etc.), scelte lessicali e ritmo modulati, capaci di trasmettere amarezza e ironia, cruda realtà e visione etica, risolvendosi ancora una volta nel mistero realizzato della poesia.

gennaio 2023, Annamaria Ferramosca

*

*

AbeleLongo

Abele Longo nato a Depressa (Lecce), è docente dal 1999 presso la Middlesex University di Londra. Si occupa di ecocritica (cinema e poesia), ecopedagogia, traduzione audiovisiva e letteraria. Tra le sue pubblicazioni Danilo Dolci – Environmental Education and Empowerment (Springer, 2020); ‘Roma, viandanza dell’esilio. Rafael Alberti tradotto da Vittorio Bodini’ (in N. di Nunzio e F. Ragni, Morlacchi Editore, 2014); ‘The Cinema of Ciprì and Maresco: Kynicism as a Form of Resistance’ (in W. Hope, Cambridge Scholars Publishing, 2010); ‘Subtitling the Italian South’ (in J. Díaz-Cintas, Multilingual Matters, 2009). Ha inoltre pubblicato, per le Edizioni Accademia di Terra d’Otranto – Neobar, la raccolta Reversibilità (2012), come co-autore Pugliamondo (2010) e con il collettivo Poeti per don Tonino Bello La Versione di Giuseppe (2011) e Un sandalo per Rut (2014). Fa parte dell’antologia, a cura di Giorgio Linguaglossa, Il rumore delle parole Poeti del Sud (Edilet Edizioni Letterarie, 2015).

Abele Longo

22 Maggio 2015

Bad Dream

Sophia ha fatto un brutto sogno
Almeno così dice
mentre la porto nel nostro letto

E penso – la sento che mi spinge
con i piedi contro il bordo –
ai letti degli avi che ritagliano
un angolo d’intimità
per non svegliare i bambini

E li vedo – insonne –
salpare in un’estate di zanzare
zattere d’anime
sovraccariche d’amore

 

altre qui

Abele Longo

4 marzo 2014

disegno sophia - catdisegno della piccola Sophia Longo

Bad Dream

Sophia ha fatto un brutto sogno
Almeno così dice
mentre la porto nel nostro letto

E penso – la sento che mi spinge
con i piedi contro il bordo –
ai letti degli avi che ritagliano
un angolo d’intimità
per non svegliare i bambini

E li vedo – insonne –
salpare in un’estate di zanzare
zattere d’anime
sovraccariche d’amore

*

Mrs Parkinson

scorgo dal finestrino
un ciuffo di capelli in aria

o forse i crini di un archetto
scappati da un concerto

del resto Sophia ha scoperto la notte
dalla cappotta della macchina

e visto una volta Mrs Parkinson
sospesa su di un faggio

(inediti)

***

Stormy Weather

Un temporale si abbatte
mentre sono in bicicletta
vuota la mente
sfiora a filo d’erba

vermi che si torcono
nella terra nuda
maciullati dall’insania
di piste fuori strada

belati di pecore
coprono lo schianto
a casa mia figlia
chiederà una storia

nella penombra
della sua stanza
ogni goccia distilla
l’inverno che cade.

*
Sheepy

(La bambina gattona in cucina
la vede girare nella lavatrice:
Shee-pyyyyy!)

Parlava forte dei suoi pregiudizi
sulla categoria dei tassisti:
cerchi bene trattasi di una pecora
un po’ vispa dall’aria un po’ smarrita

come una visione l’uomo che getta
la pecora dall’alto di un burrone

mentre s’innervosisce al cellulare
la moglie fa notare che la piccola
l’aveva messa in una scatoletta,
doveva sembrare sospetta
la sua flemma nel lanciare l’allarme.

*

FINE MAGGIO

UN VENTICELLO CALDO
SEDUTO SULLA SABBIA
QUALCUNO CHE FA IL BAGNO
MIA FIGLIA CHE RINCORRE
GUARDANDOSI LE ORME
LO SPAZIO SCONFINATO
LO SCRIVO SU UN FOGLIETTO
LO SEGNO IN STAMPATELLO
SARÀ PER SEMPRE UN CALDO
GIORNO DI FINE MAGGIO
UN VENTICELLO CALDO
SEDUTA SULLA SABBIA
QUALCUNO CHE FA IL BAGNO
MIA FIGLIA CHE RINCORRE
GUARDANDO DELLE ORME
LE PIEGHE DEL PASSATO
LO SCRIVE SU UN FOGLIETTO
LO SEGNA IN STAMPATELLO
SARÀ PER SEMPRE UN CALDO
GIORNO DI FINE MAGGIO

(Da Reversibilità, Edizioni Accademia di Terra d’Otranto, 2012)

Abele Longo

Abele Longo

7 febbraio 2012

disegno di Sophia, la bimba di Abele.

Domande

Non sapeva il vecchio
quanto è triste un bambino
che non fa domande
e infastidito rispondeva
con un grugnito.

Cosa chiedeva il bambino? Non ricordo,
so solo che se ne stava zitto per ore
mentre gli altri giocavano a pallone.

*

Le cose di una vita

Una striscia di case sul mare
un branco di cani
l’inverno dei tossici randagi.

La tenga bene signora è morta
qui mia madre sola di crepacuore.

Fu un rumore in cucina a svegliarla,
i cani che guaivano.

Una delle due consolò l’altra.

Conosce la rotta del vento
la polvere che sfida
le cose di una vita.

*

Quando muore qualcuno

Quando muore qualcuno
c’è sempre tanta strada da fare
un sole pallido sulle lamiere
il traffico assordante che accompagna
i motti di spirito di qualcuno
che conosceva bene la buonanima

Fino a quando la macchina non imbocca
una stradina di campagna
e le ombre dei salici si stagliano
contro una luce cinerina
che tutto attutisce e spande uniforme

*
Demetra

Rimasta sola
una vedova va
consolata in famiglia
assicurano i medici
toccandole per questo
le carni ancora giovani

Come i potenti
si circondono di sensali
vuota speculare
immagine della cancrena
la trama leviga
una lastra scura

Ogni presentimento
uno squarcio già compiuto

*

Stormy Weather

Un temporale si abbatte
mentre sono in bicicletta
vuota la mente
sfiora a filo d’erba

vermi che si torcono
nella terra nuda
maciullati dall’insania
di piste fuori strada

belati di pecore
coprono lo schianto
a casa mia figlia
chiederà una storia

nella penombra
della sua stanza
ogni goccia distilla
l’inverno che cade.

Abele Longo – Inediti da Reversibilità (Edizioni Accademia di Terra d’Otranto)

Curatore del sito Neobar

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Le cose della vita: prendo a prestito il titolo di una delle poesie qui presentate, per delineare il mio percorso di lettura di questa poesia che sa quanto siano le “domande”, più che le risposte, a tessere il nostro stare, tanto più come “fanciullini”, al mondo.

-Che cosa è? – chiede infatti ripetutamente il bambino e noi gli consegniamo il nome come investitura e chiave dell’oggetto, aprendolo così al tutto come resto millenario, indistinto e stratificato delle cose.
Allo stesso modo, ogni singola poesia di Abele Longo pone “cose della vita”, domande, e nel farlo risponde, non perché questa poesia abbia le risposte o, perlomeno, non in quanto le abbia pronte, da restituire bellamente infiorettate in versi, né perché le vengano provvidenzialmente suggerite da una qualche bocca oracolare; non ha risposte, ma risponde, nel senso che cor-risponde, a se stessa e al lettore.
E lo fa restituendo vite, tracciate in componimenti solitamente brevi, sempre arguti, spesso messi in scena in medias res, già avviati, proprio come sono già avviate le esistenze al momento di essere trasposte nei versi (“Non sapeva il vecchio“, “Quando muore qualcuno”, …).

Sono componimenti brevi non per reticenza gratuita, ma in grazia di una parola intrisa di pudore e pietas, che, proprio per questo, assume un dettato asciutto ed essenziale, lasciando semmai al lettore il molto di inespresso o sottinteso.
Così, pure all’interno di un lessico e di una sintassi chiari, tale dettato risulta spesso ambiguo, di un’ambiguità originaria, ontologica, delle cose in sé, perché la poesia, mi pare suggerisca Abele con la sua scrittura, può dire nel modo e fin dove arriva il medium del dicibile, non oltre, o, al massimo, giungere fino al varco, al margine, in un pre-sentimento già avvenuto e tuttavia sempre riproposto e da riproporre: “Ogni presentimento /uno squarcio già compiuto”.

Ogni singolo testo dunque è un fotogramma, un pezzo piccolo di esistenza a filmare in una specie di sineddoche, se non il tutto, almeno il tutto che è necessario raccontare, laddove necessario contiene sia l’impellenza del fissare l’ispirazione poetica, sia la responsabilità delle parole nei confronti delle cose che le parole stesse vanno a configurare.

“A casa mia figlia / chiederà una storia”, scrive nella poesia “Stormy Weather”, e questa richiesta, non a caso dopo-dentro un tempo tempestoso, sale dal calore familiare a domandare per sé e per la communitas, ancora una volta, il munus della parola: una/la storia, quella che “ogni goccia” di noi “distilla”, anche in barba o in virtù dell’”inverno che cade” come un sipario o come la neve.

Margherita Ealla