dalla prefazione di Fabio Franzin:
[…] … in Paolo c’è la voglia, e il dolore, di far affiorare le sue parole dalle esperienze concrete, vissute nella propria carne, piuttosto che, da pur profonde, ma sempre algide e insufficienti, letture, per trasferire sulla carta una poesia che parli dell’umano all’umano.
[…] La raccolta è, apparentemente, scritta in una lingua piana, o appena saliscesa come le sue colline La scrittura di Pistoletti non cerca di accalappiare il lettore con giochi di parole o versi ad effetto però è disseminata di invenzioni linguistiche notevoli (cui qui se n’è riportato solo qualche accenno), e di un mood, di un basso continuo che tiene la voce, trepida e quasi tremante, dentro l’aria di un inverno dell’anima, fra boschi e rotaie, neve e ze memorie e mancanze. (Fabio Franzin)
alcuni testi scelti
[da dietro al sole]
Rami che fanno i rami, foglie
le foglie.
Negli spazi rimasti dentro
come bambini
che ci vegliano dall’altro capo del sonno
che ci fanno ridere il sole
di qua dai disegni.
Di chi come te
non se la prende più, di chi come te
non hai più lacrime.
Adesso che in nessun posto sei
porta
i fiumi i prati negli occhi, la terra
porta della morte
il cielo della vita, l’aria porta
della nostra
casa da sogno.
*
[dalla terza croce]
Dal tuo ritratto
ti sei
fino all’ombra.
Come ogni albero sogna
altri alberi
dall’altra parte del mondo.
Ricordati di chi quando sarai
continuaci da dietro la terra
la paglia la pietra
la nostra casa una casa sempre più grande
in fondo agli occhi
di noi bambini dove ci nasconde la nostra
stanza di qua
come una vita immensa. Dal bianco del tuo già
ma non ancora, ricordati di chi
sta da qui
dentro questa
strana presenza, che noi
ti siamo.
*
Ho comprato un campo con mio fratello non so
quanti anni fa.
Un campo a metà si diceva
che lo facevamo per i nostri figli
ma va’ a capire se stanno così le cose.
Un campo più in alto
delle nostre case
ecco guarda i tetti.
Quanti metri fa
un ettaro è impressionante
certo almeno questo adesso
è più chiaro da quassù.
Tanto che se fai diecimila passi
tutto intorno credo quasi
che ci sei. Ecco io credo
acqua fuocherello fuoco così tanto
che quasi ci sei.
Ho comprato un campo ma quanto
tempo fa non so
se ci sei. Un campo a metà
quanto fa un ettaro diviso due.
Cinquemila passi in meno
che io credo se tu tanto
non ci sei. Da di qua
di questa terra ho comprato un campo
che non so. Nel mentre
avrei voluto piantare qui
la nostra tenda tu
che continuerai
a trovare strano che non c’è
dimora. Nessun fondo
nel per sempre mai. Ma solo
un campo d’erba che ti sfiora
e non ti sfiora mentre ci sei
e non ci sei.
*
___________________ davvero con mio padre
Dai nostri maglioni portati
come allora davvero da lì
come un tempo dalle spalle
fino a dentro che io mi ricordo di noi due
in auto
le quattro stagioni di Vivaldi
ma di più l’inverno in fondo
a quell’anno che tu sei
al volante.
L’autovox che ci faceva girare
il nastro del concerto
il nostro essere eseguito
nell’esserci del 1980.
All’interno già tutto
intorno alle fiancate
a imperversare come gettati lì
dal sempre.
Come in un punto da quella parte
per orchestra dopo
il quartetto in fa minore
la luce che proviene dallo schermo della radio insieme
al suono. Dal buio dei legni
a ogni strumento dagli alberi
ma agli archi di più
all’orecchio che tendevamo
sempre più fino
dentro la macchia fatta così a cassa armonica
di pino del nord. Colla nostra
fiat 131 diesel che vibrava
dentro fuori dalle portiere
toccando certe corde
un andarsene larghissimo
come la neve con quell’aria
che ti ricomponevi
una volta uscito dal nostro abitacolo.
Non ancora gelo ma quasi gelo
ma quasi notte già in pieno
solstizio. Poi per il resto non lo so.
Non capivamo nulla dei dettagli certo
comunque un altro io si sentiva
che era la sua tonalità che anche se
in chiave diversa tutto era stato
accordato già.
Una scala di note come corvi neri via dai rami
sullo sfondo bianco un pentagramma quasi vuoto.
Quante crome in volo dal basso
di clavicembalo all’assolo.
Ma non si pensava ci fosse rimasto
così poco per chi
come te
dicembre era
un brano in crescendo, la partitura dopo
la requie, il tuo movimento
fino al finale del bosco in piedi.
Qualcosa, come un ultimo applauso.
*
Inseguire il grande sogno della nostra casa
dalla nostra vecchia casa
ogni sera.
Abitare a ridosso della stazione da una vita
da una vita. In fondo al sonno profondo
della pietra del ferro del legno
della ghiaia, dall’appartamento fino all’officina.
Come due volte ombre
rivedere
mio nonno capostazione
con mio padre ferroviere con mio nonno
che un tempo ci passava a trovare.
Si può viaggiare anche così
lui sembrava dire, lui sembrava dire.
Dal di qua
del dormire come quasi morire, dal dimenticare
dal destarsi al ricordare
dal modo come rientrare
prima di uscire ancora
dalle proprie mura.
Per poi ricominciare.
*
Dentro ogni treno che parte un altro treno
ci ha fatto restare
un sogno la vita.
Dentro un altro diretto
da quale regia
in cabina da dietro
il dormiveglia. Un tempo che si fa spazio
in testa circolo
occhio artico dal centro
di Hannover. A fare da schermo
a un retroscena. Dalla fine
dei maglioni e dei jeans
come andavano allora.
Dal fondo dell’inverno
tra noi e noi.
In ogni fotogramma
ripercorsi da ogni io
come in un lungo lentissimo metraggio.
Ogni volta riavvolti
in trama noi. Una carrozza
tutta finestre e corpi sui vetri
così sottili da ritornarci indietro
sempre da qui
dal didentro dappertutto
siamo qua
un riflesso
fissi dentro uno sguardo
che ci guardava
come gli angeli nei film.
Siamo qua che si vedeva e non si vedeva
il cielo sopra Berlino
senza un riparo
dalle nostre fattezze che non siamo, ovunque, mai.
*
Paolo Pistoletti lavora nella biblioteca comunale di Umbertide. Terminati gli studi in Giurisprudenza e in Teologia ha continuato ad approfondire i contenuti di alcune correnti spirituali d’oriente e d’occidente, ampliando, allo stesso tempo, la sua ricerca poetica. Nel corso degli ultimi anni suoi contributi, sulla poesia e la parola, sono stati pubblicati da Fara Editore e dalle Edizioni CFR. É stato condirettore della collana di scrittura, musica e immagine “La pupilla di Baudelaire” della casa editrice Le loup des steppes. In poesia ha pubblicato Legni (Ladolfi Editore, 2014 – Premio “Oreste Pelagatti” 2015), il libro d’arte Borgo San Giovanni (Fiori di Torchio, Seregn de la memoria, 2018). Al di qua di noi (Arcipelago itaca Edizioni, 2023) è la sua ultima raccolta.