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Evento Unico

2 giugno 2014

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Il dono a me gradito

Offrimi il tempo speso a cercare
qualcosa per me, ma non il dono,
il pensiero su ciò a me gradito
le parole usate per domandare.

Dammi la parte che meno ami
e che nascondi a tutti gli altri.

Lascia che sia il solo a sapere
di certi cattivi pensieri notturni
della mania di ordinare tutto
della voglia di spostare le cose.

Raccontami di una certa ferita
e delle parole che la inflissero.

Condividi con me il pudore.
Lascia che entri dove e’ chiuso,
negli spazi preclusi da tempo.

Concedimi pure la profanazione
l’indicibile tuo pensiero perverso.

Priva di vesti danza solo per me,
leggiadra ti ricoprono le movenze.

Offrimi l’ostia da te consacrata
e la croce e l’acqua del segno.

 

Il taglio della parola

Quanta notte e’ rimasta con me
a tenere sempre vigile il dolore
come il rintocco di un’ora eterna
ha picchiato sulla parete del cuore.

Per chi appicca il buio con mano
propria mai può giungere aurora
la luce si tiene nascosta lontano
e non può più scacciare la paura.

Nessuno può darsi il perdono
se assiste alla ferita profonda
all’amato lembo al greve suono
di una parola quale punta immonda.

In quel sangue si dibatte amore
alla vista della perdita inflitta
che scorre il senso nel sapore
dalle labbra al taglio della lama detta.

 

Il diverso modo

Per quel diverso modo
che hanno di cadere
le parole sottese
all’incanto dello sguardo,
alla smania dell’attesa,
si infrangono
senza suono alcuno
nella cavea del senso
prive del moto d’origine,
aride della sorgiva enfasi.
Furono azione e grafo
di pensiero attivo,
segno di tempo e di spazio,
metrica di ogni distanza, eco.
Di quel diverso modo
permane il tratto orlato,
limite unico del nulla,
fiotto della sistole,
compendio di vita
tramandato alla lettura.
Per quel diverso modo
hanno le parole sole
preservato lo strappo
suturato il taglio
arginato la perdita.
Per quel diverso modo
sono cadute al fondo
a rimestare la trama
epigoni, le parole,
schiave d’amore. Vinte.

 

i nomi perduti

Ricordo quei giorni di attesa
le nubi intabarrate nel nero
le carte della storia sospesa
le ore sola evidenza del vero.

Il tratto macilento del nome
diga perigliosa di ogni frase
sanciva il travaglio del come
ferita da taglio di ogni fase.

Affiderò al grembo del solco
il seme rimasto da quel vissuto
preda mai più grifata dal falco
l’ultimo forte patimento goduto.

L’estate s’appressa e rammento
il tumulto del rosso fiume vitale
il suo impetuoso irrisolto tormento
le voci della pelle in unico atto corale.

Ai lati del sentiero in cumuli sparuti
ancora vividi i petali dei fiori recisi
lascio quale traccia dei cuori presi
su essi incisi gli infiniti nomi perduti.

 

Una pausa lieve

Vorrei lasciarti qualcosa dentro per quando
avrai un diverso nome da chiamare.

Vorrei lasciarti una pausa lieve
l’esitazione che non ti faccia dire.

Vorrei che avessi qualcosa in mente
quando dovrai usare la parola amore.

Vorrei che avessi un odore che torna
con il suo gravame di giorni e notti.

Vorrei che ritrovassi una vecchia foto
proprio mentre starai scegliendo le calze.

Vorrei che ti tornasse alla memoria
un altro modo di raccontare l’amore.

Vorrei che non senza dolore alcuno
si frapponesse la mia voce perduta
tra la voglia di chiamarlo e il nome.

 

l’ultima profanazione

Il senso di cò che è bene è ormai ignoto,
non ricordo quale sia la regola.

Ho scordato etica e giudizio,
rimangono scarnificati gli ideali
come dita adunche su tela disfatta.

Ho timore di ogni mio prossimo atto
giacchè sento acre in ogni idea
permanere l’odore della distruzione.

La mano non conosce arma.
Eppure il pensiero non rinuncia alla lotta.

Scrivi il mio nome sui panni stesi.
In esso è l’ultima possibile profanazione.

Nessuno mi chiamerà.

                                     
                                              

                                                        

Evento Unico dice di sé:

Sceglie di aggirarsi in Rete sotto pseudonimo perché tende a lasciare separati e distanti il contesto reale, nel quale non può fare molto di più che continuare a lavorare, da quello della scrittura. Ad essa riserva la sua parte peggiore, quella che non si accontenta e che desidera essere amata proprio perché meno lo merita, per dirla con Catullo. Ha scritto due opere di narrativa e partecipato ad antologie di racconti e poesie. Cura la sezione dedicata alla poesia sulla rivista Filosofi per caso edita dall’omonimo blog. Ama l’amore e di esso scrive di continuo non riuscendo a descriverne appieno il senso completo. Del suo bisogno ha piena consapevolezza visto quanto ne riceve da chi lo ama. Convive con l’ossesso che lo divora tentando di convincerlo ogni giorno che in fondo non possono più fare a meno l’uno dell’altro.