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Natalia Bondarenko

22 dicembre 2015

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I versi di Natalia Bondarenko si collocano con grande naturalezza e senza nessuna forzatura in una linea poetica ben precisa. La poetessa, partendo da strutture che affondano le radici nella lingua russa, riesce ad esprimere direttamente in italiano versi di grande qualità, di solido spessore e di estrema vitalità.
Non c’è timore ad ammettere che la sua poesia arriva a collegarsi, in una linea ideale di continuità, con tutto quel versante del novecento che fa capo ad una idea poetica di innovazione e di sperimentazione, sfiorando in alcuni punti, tangenzialmente, l’avanguardia italiana. L’antilirismo, la semplicità apparente del verso vengono da lì, non ci sono dubbi. La sapiente costruzione di strutture sintattiche lineari, moderne e leggere, portano come complemento la profondità del senso. E, come è stato già giustamente rilevato, la felicità della composizione nelle poesie di Natalia Bondarenko non segue il normale e semplice percorso in divenire. Tra la prima e l’ultima delle sue poesie ci può essere un affinamento strutturale, ma il senso e la profondità del suo vissuto sono presenti allo stesso modo, sono parte integrante del testo e colpiscono il lettore.
Tanto per fare chiarezza, la linea a cui lei fa riferimento, in un gioco di rimandi e di citazioni, è quella che parte da Marino Moretti, il quale, all’inizio dello secolo scorso, inaugurava la poesia del quotidiano, delle piccole cose, dell’essenziale e del personale. Continua con Eugenio Montale che ha, di fatto, avviato la possibilità di dare spazio alle parole poco usate in poesia, e dopo, con tali parole, alle confessioni sentimentali, alla elargizione di pensieri intimi e personali.
Si consolida con Edoardo Sanguineti, che ha mischiato i generi e il linguaggio, le pause e il ritmo, ed è approdato alla sua idea di poesia che ha grandi affinità con la musica contemporanea. (Per cercare di decifrare un senso, sappiamo che Sanguineti ha dedicato tutte le poesie all’unica donna della sua vita, la moglie).
Il suggello a questa linea ideale lo possiamo dare con un frammento di critica in versi:
per sbeffeggiarla, La poesia non è poesia,
se ha troppa poesia
Ci vuole la parola assurda,
presa dalla strada, fuori moda
Per diventare poesia
Oppure deve usare una parola alla moda,
la poesia,
ma per sbeffeggiarla
non certo per incensarla…
Ecco. Tutto questo, ma anche qualcosa di più, si trova in modo quanto mai naturale nei versi di N.B. Quando lei gioca in modo feroce con l’immagine sbagliata di un uomo (è divertente/farti una carezza sulla spalla/ e scoprire/di aver sbagliato persona.);
quando la grandezza dell’autoironia diventa un modo per scaricare le tensioni (sai/pensare a te/è un lavoro usurante);
oppure, quando la forza prende il posto della presunta debolezza femminile (ti metterò un cuscino/sulla riva del fiume/per alleggerirti/la scomoda attesa di vedermi/passare cadavere).
Queste minime uscite esemplificative, valgono per rinforzarci nell’idea della bontà della sua proposta poetica.
Per Bondarenko, come forse per tutti i poeti, credo valga il pensiero che un altro poeta, Enzo Spaltro, ha dedicato a coloro che scrivono versi. Egli ha detto che chi scrive poesia lo fa perché crede, in fondo, di essere ‘onnipotente’. In senso razionale onnipotente è colui che tutto può. Un’ingenuità, è vero, che diventa, però, come nei versi di Natalia Bondarenko, autenticità. La stessa che lei declina in modo deciso: esprimersi in versi senza nessuna condizione ed in piena libertà. La ‘potenza’ delle parole …che può tutto.

Leggendo le poesie di Natalia Bondarenko raccolte nel volume Profanerie Private, recensione di Francesco Di Lorenzo

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io pubb

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Si può vivere senza mai vedere New York,
senza un’Halloween dilungata fino ai morti,
senza i morti che hanno occupato il paradiso
::::[in modo abusivo]
senza mai passare per l’inferno

senza un paradiso che ha la morale delle favole
dove la storiella sulla bontà
ci fa soltanto più arrendevoli, dove
la falsità ha il sapore di un gelato alla vaniglia
e il sorriso tirato di un cartone animato

si può vivere senza la gommosità delle domeniche,
senza l’inglese di martedì,
senza lo sgambettare di sabato,
in un generale fuggi-fuggi rimanere a casa e
snobbare i gerani parigini dei vicini

ma quando il ruvido istinto di stare a galla
ti spinge a rivisitare le lettere cancellate
della tua prima carta d’identità,
capirai
che si può esistere senza la geografia del viso,
senza la matematica dei denti,
senza la chimica della pelle,
senza gli ultimi giorni di giugno
quando gli uomini amati se ne vanno e, anche,
senza i primi giorni dell’anno
quando gli uomini ancora amati
::::[per un po’] tornano

si può vivere sopravvivendo,
così-così,
ma voglio/vorrei giustizia un domani.

(dal libro VIETATO AGGRAPPARSI AI SOGNI!, Guarnerio Editore, 2014)

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Potrei prenderti così, come ti ho trovato,
sporco di pallonate prese in pieno petto,
lavarti e centrifugarti per bene, stendendoti
al sole
:::::[nella speranza che splenda].
O come un semplice grigio zerbino peloso.
Toccarti con le suole conforta le idee,
spillarti coi tacchi è un anticipo per i torti futuri.
Ma meglio di tutto, vorrei prenderti dal cassetto
come una tovaglia austriaca, rossa,
a quadratini, così, leccandomi le dita
riuscirei da ogni tuo centimetro a raccogliere
le piccole briciole di pane
toccando per forza la tua anima.

(dal libro TERRA ALTRUI, Samuele Editore, 2012)

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Ti vorrei così,
confuso e insicuro,
come un bambino attaccato alla gonna della madre

masticato come la pallina del cane
sempre per terra, sempre nel posto dove non l’aspetti

sgonfio come un pallone dopo la partita,
tutta tua,
mascula e prepotente,
senza vinti né vincitori

ti vorrei fra i piedi, insomma,
per inciampare…

(dal libro TERRA ALTRUI, Samuele Editore, 2012)

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Sai, quella sfilza di tunnel dopo Venezia
sull’autostrada per Milano,
:::[o per Bologna? O,
…..al Sud per chi sa dove…]
ha le luci delle rampe messe ben in riga.
Credo, per fare una specie di conta
…..[degl’anni non vissuti insieme,
…..dei figli non concepiti,
…..del mucchio di ‘chissà cosa’…]

però, sai, di questo ‘chissà cosa’
penserò al ritorno.

(dal poemetto CONFIDENZE CONFIDENZIALI, Rayuela Edizioni, 2013)

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Una volta ero tutto,
ogni cosa del cortile,
la ruggine dei pali per sbattere i tappeti,
il gradino spaccato di cemento,
l’odore acre della mangiatoia per i gatti,
l’arroganza dell’acacia cresciuta a dismisura,
ero l’aiola calpestata,
il segnalibro trovato per terra, ero
l’erba bruciata, la mela troppo matura,
la percussione dei vetri rotti,
la delusione delle porte chiuse,
la parte mancante di un inverno puro

ora sono anche un’oca migrante.

(dal libro VIETATO AGGRAPPARSI AI SOGNI!, Guarnerio Editore, 2014)

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Natalia Bondarenko è nata nel 1961 a Kiev (ex Unione Sovietica) in una famiglia d’artisti. Nel 1990 si trasferisce in Italia. Artista, fotografa e scrittrice. Attualmente vive e lavora a Udine. Scrive da sempre nella sua lingua madre, in particolare ha scritto sceneggiature per spettacoli universitari, poesie, racconti e romanzi. Ha tradotto in italiano opere poetiche e narrative di autori russi e ucraini. Direttamente in lingua italiana scrive solo da alcuni anni, riscuotendo un notevole successo. Sue poesie sono state tradotte in Romeno, in Inglese, in Russo, in Tedesco e in Friulano (dialetto di Casarsa). È vincitrice del concorso di poesia (edizione 5 marzo, 2009) e finalista del concorso ‘Parole e Poesia’, 2012. Diploma di merito: 18° e 20° Concorso Nazionale di Poesia Inedita “Ossi di Seppia” (Taggia – IM), 2011, finalista del Premio “Scrivere Altrove”, 2012. È vincitrice del Premio SCRIVERE ALTROVE 2013, Cuneo. Dal 2015 cura la rubrica “L’ironia è una cosa seria” sulla rivista Versante Ripido e l’evento  friulano “Poesia&friends”.