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Gianni Ruscio

15 Maggio 2021

 

 

dalla prefazione di Sonia Caporossi

Questo libro parla di un progressivo recupero del senso delle cose di fronte all’ammanco abominevole del significato che emerge dalla superficie scabrosa dell’interiorità. Questo libro volge la propria indagine in direzione del fondale silenzioso e atarassico della natura dell’essere umano quando è posta in dubbio e messa alla prova dal male, dalla malattia mentale e dalla perdita di ragione. Si tratta di un testo elaborato come un poemetto a interruzione continua/alternata, in cui il vuoto si affaccia continuamente al solo fine di essere riempito dell’essenza stessa del vivere, giacché è rivissuto in una presa di distanza, in un passato trascorrente e attualizzato. Il vuoto è la dimensione che permette all’io poetante di darsi in pasto alla comprensione del lettore, come esserci che deve essere riempito di senso. In questo nuovo libro di Gianni Ruscio, in parte autobiografico com’è ormai abitudine dell’autore, l’io si offre nel gioco indefinito del linguaggio perpetuamente individuato sul bilico dell’a-sensatezza che recupera un filo logico nel riconoscimento dell’altro, “nel vuoto, quel vuoto tutto senso, / quel senso tutto racchiuso nella pienezza /del tuo volto, sfuggente ed arreso.

 

Lo spazio tra me
e l’altro. Lo spazio
vuoto, il vuoto centrale
e ricolmo di nulla
tra l’altro e me stesso.
Da quella fessura passa
ci attraversa, come corrente
come vento, il linguaggio.
Strutturati e dilaniati
dal discorso che ci ingloba
e ci tempesta, siamo
un’assenza, un mancato,
un sintomo velato, uno stare
senza risveglio, una rivelazione
inerme,
uno svelamento incompiuto,
pezzi, stralci, segmenti
rimescolati e impastati
con la luce nera dell’anima nostra.

 

Dalle vene alle scale si è seccato
il tuo esperimento
come le casse di un’impresa.
C’è ressa agli sportelli dei bancomat.
Noi siamo rimasti addosso
al muro delle poste di Viale Pantelleria,
per osservare
le sassate nella notte, le file di persone
spaccate, affrante, confuse dal Covid.
13Rigurgitano ancora sangue
le valigie di casa. Esce e non senti
che da queste vene innevate
non possono ancora, le labbra,
scandire il tuo nome.

 

Immediato, improvviso
un’eco diretta, un ecco secco,
un adesso.
Un rimosso, dal letto alla finestra
senza nessun detto
rimuginando qualche scarto,
si arrampica e si sventola
come salma sotto mare
a ridosso di una spiaggia

 

Da sempre, perso, il fiato,
che immerse la tua luce
nel vuoto, quel vuoto tutto senso,
quel senso tutto racchiuso nella pienezza
del tuo volto, sfuggente ed arreso. Ridi
fai pure
vai, ridi e scappa, tocca, lecca
separa, batti, rinuncia, stacca
la lingua dallo specchio,
e solca il diaframma. Gettati
a petali
sotto il faro Tiberino:
resta inerme;
io te ne prego, non andare alle sirene.
Disarmati. Disarmati.
Prova. Non farti ormeggiare
dai farmaci…

 

Dalla tua mano si discioglie
lo stomaco, nella bocca.
Appari nauseato dal bacio dell’aria
sul tuo crollo.
Sei penetrato nell’universo parallelo
da cui un altro ti abita.
Vuole riportarti al di qua
o tenerti di là, mozzato. C’è qualcosa di spietato
o di disumanamente compassionevole, castrato.
Salti in aria, poco prima di romperti.
Ora vorrei solo pacificare il respiro,
il tuo respiro.
Diventare complice di un sussurro
indistruttibile e amico.
Ma non sempre funziona.
Un sussurro

 

Porti le tue scintille verso il campo di calcio
per farne la conta e giocarci a nascondino.
Sei tra i tuoi numeri e quelli dello spazio.
Scindi la cenere che cade dai tuoi occhi
e resti a guardare il miracolo compiuto
del tramonto. Fissato e labile.
Spargi così il tuo corpo calpestato
dalle nuvole in rovina
fino all’alba – disconnessa.
Ti raggomitoli sul tuo fianco
mentre parli di cose
che tu solo senti in cielo e in terra,
nel tuo letto disgraziato.

 

Vieni con me, sotto le impalcature di queste finestre
dei primi del novecento. Qui le suore
si slacciavano di nascosto le vesti
verso un commosso rantolo di preghiera:
Ave Maria, gratia plena –
in un rosario madreperlaceo.

 

Gianni Ruscio è nato a Roma nel 1984. È musicoterapista all’Antennina 00100, comunità diurna e residenziale per adulti e minori autistici con disagio psicosociale. Ha pubblicato le raccolte di poesie Amore è l’errore (2008), Nostra Opera è mescolare intimità (Tempo al Libro 2011), Hai bussato? (Aler Ego 2015), Respira (Ensemble 2016), Interioranna (Algra 2017), Proliferazioni (Eretica 2017). Attualmente è redattore della rivista Inverso – giornale di poesia.