Archive for marzo 2024

Davide Rocco Colacrai

30 marzo 2024

 

 

 

 

Mi costituisco. Confesso prima che qualcuno se ne
accorga: non leggo poesie.
È una mia mancanza, la sento gravare dentro di me come
una colpa, del resto sono qui a confessarmi, a chiedere
perdono.
Ho letto molte poesie durante gli anni della scuola,
alcune le ho imparate a memoria, come era uso. Credo
tuttavia di non aver mai ricevuto una giusta educazione
al riguardo. Sento, cioè, di mancare totalmente degli
strumenti per poter leggere correttamente una poesia,
poterla apprezzare, comprenderla al fondo, abbracciare i
sensi e i vuoti di senso che esprime. Sotto il mio dirmi
manchevole, difettoso, si nasconde certo anche
un’inconsapevole arroganza, è inutile negarlo, perché
ignorare la poesia coincide con l’idea, tutta sbagliata, che
se ne possa fare a meno.
Quante bugie ci raccontiamo ogni giorno, per paura di
superare i nostri limiti.
Quando l’autore del libro che avete ora tra le mani mi ha
chiesto di scrivere questa prefazione, ho avvertito
l’istinto di dire di no, mentre – sempre d’istinto – dicevo
subito di sì.
È così che fanno gli impostori di natura.

Ho iniziato a leggere i libri che, prima di questo, già
raccoglievano alcune poesie di Davide Rocco Colacrai,
perché ci sono impostori che studiano e io sono uno di
quelli. Ho letto infine le pagine che compongono questa
antologia e, senza saperne raccontare il motivo, o forse
proprio perché non ne so raccontare il motivo, mi sono
innamorato e ho lasciato che la lirica di Davide
volteggiasse nel mio cuore e nel mio stomaco, delicata
come una carezza di farfalla nella neve. […]


dalla prefazione di Mattia Zecca


 

 



Teresa delle grazie

Era nata con un corpo di gabbiano, Teresa,
che si allungava senza ali in un punto esclamativo
verso il suo orizzonte nudo di sogni
che tra un poster e l’altro facevano capolino da pareti
                                                              [umide di candeggina
e ricordi sporchi di paradossi,
odori corrotti da parole ossidate
nel loro andarsi ad accumulare come ombre
dove la carne, come una lastra di amianto, non aveva un
                                                                                      [nome
e ore che apparivano indefinite e liquide
come lo erano le promesse
con cui copriva il suo profilo da sirena
quasi fossero un sudario
aveva un fiore di salsola al centro del cuore
che pungeva con la sua lingua il cielo
nel costato dove le preghiere non diventavano carne
e strette a se stesse come serpi
le umiliazioni si gonfiavano come un muscolo
                                                                          [dell’orizzonte
per sanguinare d’amore,
ogni storia pronta a definire la colpa di un padre
secondo la ruggine del dolore,
ogni dolore la devozione di una madre
a quanto restava della vergogna,
la vergogna sinonimo di una profezia malata di attesa e
                                                                               [nostalgia

pg 16

 








 

Giurista e Criminologo, Davide Rocco Colacrai partecipa
da quindici anni a Premi Letterari e nel frattempo ha
ricevuto oltre mille riconoscimenti. Tra gli ultimi,
spiccano due Certificati di Eccellenza per “cultural
activities and the promotion of literature in the world”
rilasciati dalla Associazione Literary World Art; il Premio
alla Carriera nell’ambito del Premio Internazionale
“Carità è donarsi” di Massa; il Premio Universum,
organizzato dalla Universum Academy Switzerland
(vinto per la seconda volta dopo dieci anni); il Premio
Firenze Capitale d’Europa per la Sezione Legalità; il
Premio alla Carriera nell’ambito del Premio Letterario
“Talenti Vesuviani” di Napoli e il IV Premio Mundial A
La Excelencia “El Aguila De Oro 2022” nella Sezione
Letteratura come rappresentate dell’Italia.
È autore di nove libri, tre dei quali – “Istantanee donna”;
“Asintoti e altre storie in grammi”; e “Della stessa
sostanza dei padri: Poesie al maschile” – sono stati
pubblicati da Le Mezzenale Casa Editrice.
Sue poesie sono state tradotte in inglese, in spagnolo, in
francese, in russo, in albanese, in turco, in lingua cinese,
in tedesco e in bengali.

 

La Poesia e la Musica / non sono cose terrestri / appartengono al Mondo Superiore.”
Così scriveva il Maestro Peter Deunov. Sono anni che mi faccio perseguitare da questa idea, tanto precisa quanto instancabile, di realizzare attraverso i miei versi una forma di confessione, che dalla sua dimensione strettamente personale possa con naturalezza trasformarsi in una storia del mondo alla quale chi ha il coraggio di accostarsi possa ascoltarsi, e persino riconoscersi. Ed è arrivato il momento oggi di affidarvi i suoi frammenti, le sue “storie di plurali al singolare”, in modo che ciascuno possa ricomporli nella più bella delle orchestre che i versi sanno creare: quella del cuore.

Davide Rocco Colacrai

 

Roberto Maggiani

21 marzo 2024

http://www.ilramoelafogliaedizioni.it

                                 

                          

                                             

Poesia e scienza: una relazione necessaria? È la domanda, l’assillo si potrebbe dire, che investe e attraversa questa produzione poetica e che già nel titolo si rivela: Poscienza. Si tratta di un neologismo che cerca di unificare un apparente dualismo, due ambiti, due competenze, due passioni: per la poesia e per la scienza. La lingua della poesia è tipicamente costituita da parole, segni, e di segni è fatta anche la lingua della scienza, che usa essenzialmente il protocollo della lingua matematica. Perché la poesia non dovrebbe potersi propagare a partire da una lingua cesellata su entrambe le suggestioni, quella letteraria e quella scientifica? Tra i temi della poesia troviamo certamente l’amore, da sempre asse portante di moltissimi tra i più noti componimenti in versi, e poi il dolore, la sofferenza, la gioia, la natura; quest’ultima è spesso elemento metaforico del sentire e delle relazioni umane. Ma la scienza, moderna e contemporanea, ci ha consegnato nuovi temi di lavoro poetico. La scienza è vista come chance di novità nella poesia: qui non leggerai poesie ma poscienzìe.

Roberto Maggiani è nato a Carrara nel 1968. Laureato in Fisica all’Università di Pisa, dal 2001 vive a Roma, dove insegna. Tra le sue opere in versi: per le Edizioni Gazebo, dopo sì, 1998, e Forme e informe, 2000; L’indicibile, Fermenti Editrice, 2006; Angeli in volo, Edizioni L’Arca Felice, 2010; Scienza aleatoria, LietoColle, 2010; per LaRecherche.it, Navigazioni incerte, 2011, Nella frequenza del giallo, 2012, Spazio espanso, 2013; La bellezza non si somma, Italic pequod, 2014; Marmo in guerra, Edizioni la Grafica Pisana, 2014 (con fotografie di Paolo Maggiani); Angoli interni, Passigli, 2018. Ha pubblicato il romanzo Affinità divergenti, Italic pequod, 2018, e il saggio Poesia e scienza: una relazione necessaria?, Edizioni CFR, 2011. Tra le antologie curate: Quanti di poesia, Edizioni L’Arca
Felice, 2011.

Luigi Finucci

14 marzo 2024

                            

                        

Notte. Silenzio. Morte. Nome.
Sono queste le parole da mandare a memoria fra quelle che compongono la poesia di Jón Kalman Stefánsson, poeta e narratore islandese, poste in esergo a La prima notte al mondo di Luigi Finucci.
Notte. Silenzio. Morte. Nome.
E viene da chiedersi quale sia questa prima notte; se la prima del mondo, la primordiale, nell’insondabile e inconcepibile spazio e tempo dell’universo, oppure la prima al mondo in quanto viventi, umanissima venuta o sparizione: infinitamente minima. Forse in questa oscillazione, in questo dubitare, si compie il mistero che contiene questo libro. Oppure il mistero è qualcos’altro che viene pronunciato: la quarta delle parole, il Verbo
Nascere, nato.
E’ nato un bambino sulla terra,/ tutti hanno descritto/ l’evento come consueto.// Un essere piccolo scaraventato/ su un globo sparso in un/ indefinito spazio nero:/ una catastrofe vista da fuori/ diventa un miracolo.
Dalla prima (A una distanza che non comprendo) fino all’ultima delle quattro sezioni – la sezione che dà il titolo all’intera silloge – Luigi Finucci disegna un tracciato circolare, una sorta di perimetro che possiamo definire casa, luogo contenitore nel quale sostare: cerchio, orbita, igloo protettivo nell’estremità feroce degli elementi cosmici al cospetto dei quali

l’individuo si viene a trovare. Sulla linea di questo tracciato, che conduce dall’ infinitamente grande (infinitamente oscuro) spazio siderale fino alla puntura bianca di spillo della nascita, rappresentata dalla bellissima metafora nel Polo – abbaglio, chiarore di gelo e di neve, apice massimo e insuperabile di origine (e, proprio per questo, principio incontrovertibile di fine) – ciò che il poeta ci permette di incontrare è la sospensione nella visione. Il soggetto è lo stesso scrivente: sempre. Gli occhi che vedono, però, non sono due soltanto: ad essi si va sovrapponendo uno sguardo altro, proprio di chiunque si accosti alla lettura e partecipi perciò al quadro osservato e descritto.
Si compie la visione./ Sono all’interno/ dell’intestino della terra,/ non posso fare a meno/ di essere in pace con/ la mia interpretazione.
[…]                                                                      

dalla PREFAZIONE  di Silvia Secco

*

testi scelti


Atomi, si muovono
nello spazio imitando
un perpetuo sodalizio.
Il caso vorrà, nell’istante
imprecisato, che si formi
un assioma complesso.
Vita. Senza bisogno alcuno
di definizione.


I vulcani si acquietano, perdono
la loro efficacia distruttiva.
Le acque chinano il capo.
Nel luogo più oscuro, le possibilità
di vita hanno le sembianze
di una cellula. Le origini
hanno parvenze insolite,
non hanno linguaggio.
Solo il terrore
di essere scoperte.


L’universo è solitudine
come la sorte umana.
L’ espandersi è una pretesa
vacua: la linea procede
lenta. Le connessioni
si dilatano, le galassie
o meglio le relazioni
chiedono asilo. Nel mezzo
un buio insondabile.
Sembra quasi che le distanze
abbiano avuto inizio nel giorno
in cui gli occhi si siano chiusi,
disobbedendo all’instancabile
forza della luce.


Il declino delle stelle ha un nome:
no come la morte umana. Brucia
e inghiotte due o tre pianeti.
Si consuma senza danno il buio
a dispetto della luce.
Non è morte: la polvere stellare
vagabonda ed ebbra si raccoglie
alla costruzione di un amore
dalla luminosità circolare.


Chiederanno in molti
delle stalattiti del cuore,
nelle profondità dei pensieri
malsani, nelle vergogne
e negli anfratti. Una rigidità
fermerà il corpo a mezz’aria
l’abisso sembrerà interminabile
tra le sconfinate rotte dello spazio.
Ai margini tutto svanirà,
nebuloso sarà l’afferrare
una traiettoria di un buio
agghiacciante.


Luigi Finucci è nato a Fermo il 15 maggio 1984. Dopo aver vissuto fino alla maturità a Montegiorgio, ha vissuto tra Urbino e Firenze per poi tornare a Fermo, dove attualmente risiede.
Ha pubblicato due libri di poesia: Le prime volte non c’era stanchezza (Eretica edizioni – 2016) e Il Canto dell’Attesa (Ladolfi Editore – 2018).
È presente con suoi testi in vari siti, tra cui Atelier, Poesia del nostro tempo, L’Estroverso, Margutte, AlmaPoesia, Poetarum Silva, Poeti del Parco, NiedernGasse, Poesia Ultracontemporanea, larosainpiù, Inverso – Giornale di Poesia e L’altrove – Appunti di poesia. È stato vincitore della XXV edizione del concorso “Poesia di Strada”. Collabora con alcune riviste online e alcune sue poesie sono state tradotte in diverse lingue, tra cui il rumeno e lo spagnolo.
Ha poi pubblicato anche tre libri per bambini, in rima, per la Giaconi Editore: L’aspirante Astronauta nel 2015, Il paese degli Artigiani nel 2018 e Il Mondo di Sotto nel 2021 e un albo illustrato poetico dal titolo CAMMINO – sulle orme di San Francesco nel 2022.

Maria Bochicchio

2 marzo 2024

 

Sulla punta delle cose

Più vera di una carezza vera
la tomentosità dei fiordalisi
che amammo di sommità
e fastigio,
guancia a guancia
all’apice di un sospiro.

Le foglie sui raggi
hanno la conclusione dei luoghi
che ci proteggono dal vento,
il sonno vagante
della gariga di montagna.

Vieni, amore mio
affrettiamoci di verde
al bacio delle api.

 

*

 

Amore incondizionato

Non ha cominciato
col baciarmi i denti
l’incavo del collo
la regione stanca
dell’anca,
ma col dirmi
incondizionatamente
nutano i ciclamini
sul rosso tramonto
delle tue guance.

Così vivi
i capolini dorati
che ti rigano di sole
le sclere dell’occhio,
che a guardarti
nasce un colore
in mezzo a due mondi
e dormo il sonno
delle lucertole.

*

 

 

La ragazza dai bottoni d’oro

Ella era solo un colore,
aveva nel nome
il cremisi e il fiore.
*

 

Dentro ai tuoi occhi

Ho in mente
un milione di passi
poi cade una ciglia
dal cielo dei tuoi occhi
e riconosco l’eterno,
il lento mutare
d’una palpebra nuda.

*

 

Il cercatore

 

Precipitami a te
dove dormi l’estate
dei nostri baci,

così accordati
a una vena
sfiorami
l’erba alta
della fronte.

Slamato il ricordo,
in cespi impronte
d’oleandro
l’improvvida attesa.

Il cielo  si snuvola
dentro ai miei occhi
quando mi guardi
dal palmo
della tua mano.

*

Léocadia

Terra
e fiori di granoturco
supplici
alla somma tremolante
delle tue spartizioni
preservano
sopr’al tuo seno
l’ocra fangoso
delle nostre vertigini,
quel che rimane
è il cielo asparago
delle cose perdute,
il tetto molle
di un’idea.
Ci ritroveremo,
colli brumosi
tra le dita dei piedi.
*

 

Tranquille solitudini

Ma se una sola tra le tue spine
cadendo i ramni
da ogni gravità ti scagionasse la fine
non pensare che
nel nervo doppio dei giorni
io non possa dei tuoi silenzi
cogliere il passo leggero del maggio
che per ogni nuova foglia nel mezzo
rallenta delle mie nuvole
già l’ultima primavera.

Maria Bochicchio nata nel 1987 a Potenza, si è laureata in Lettere Moderne e attualmente vive in Belgio con il marito e i figli. Vincitrice di premi e riconoscimenti speciali in concorsi letterari, ha pubblicato il romanzo Cazzamala (Gruppo Albatros, 2020), i racconti Aralya (Gemma Edizioni, 2020), La linea del tempo (Poderosa Edizioni, 2021) e L’onda nel bicchiere (Historica Edizioni, 2022). Accùra, complementi d’arredo (A&A Marzia Carocci Edizioni, 2022) è la sua prima raccolta di poesie. Suoi componimenti sono apparsi su «Ufficio Poesie Smarrite», «Margutte», «LucaniArt Magazine», «Pioggia obliqua», «L’Appeso», «Aratea Cultura», «Suite Italiana», «L’altrove», «L’Equivoco», «LibriCK, la rivista degli scrittori» e «Poesia del nostro tempo».